Recita testualmente l’art. 64 del d.lgs. 165/2001:   “1. Quando per la definizione di una controversia individuale di cui all'articolo 63, è necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, sottoscritto dall'ARAN ai sensi dell'articolo 40 e seguenti, il giudice, con ordinanza non impugnabile, nella quale indica la questione da risolvere, fissa una nuova udienza di discussione non prima di centoventi giorni e dispone la comunicazione, a cura della cancelleria, dell'ordinanza, del ricorso introduttivo e della memoria difensiva all'ARAN.   2. Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, l'ARAN convoca le organizzazioni sindacali firmatarie per verificare la possibilità di un accordo sull'interpretazione autentica del contratto o accordo collettivo, ovvero sulla modifica della clausola controversa. All'accordo sull'interpretazione autentica o sulla modifica della clausola si applicano le disposizioni dell'articolo 49. Il testo dell'accordo è trasmesso, a cura dell'ARAN, alla cancelleria del giudice procedente, la quale provvede a darne avviso alle parti almeno dieci giorni prima dell'udienza. Decorsi novanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, in mancanza di accordo, la procedura si intende conclusa.   3. Se non interviene l'accordo sull'interpretazione autentica o sulla modifica della clausola controversa, il giudice decide con sentenza sulla sola questione di cui al comma 1, impartendo distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione o, comunque, per la prosecuzione della causa. La sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per Cassazione, proposto nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza. Il deposito nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa di una copia del ricorso per cassazione, dopo la notificazione alle altre parti, determina la sospensione del processo.   4. La Corte di cassazione, quando accoglie il ricorso a norma dell'articolo 383 del codice di procedura civile, rinvia la causa allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza cassata. La riassunzione della causa può essere fatta da ciascuna delle parti entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza di cassazione. In caso di estinzione del processo, per qualsiasi causa, la sentenza della Corte di cassazione conserva i suoi effetti.   5. L'ARAN e le organizzazioni sindacali firmatarie possono intervenire nel processo anche oltre il termine previsto dall'articolo 419 del codice di procedura civile e sono legittimate, a seguito dell'intervento alla proposizione dei mezzi di impugnazione delle sentenze che decidono una questione di cui al comma 1. Possono, anche se non intervenute, presentare memorie nel giudizio di merito ed in quello per cassazione. Della presentazione di memorie è dato avviso alle parti, a cura della cancelleria.   6. In pendenza del giudizio davanti alla Corte di cassazione, possono essere sospesi i processi la cui definizione dipende dalla risoluzione della medesima questione sulla quale la Corte è chiamata a pronunciarsi. Intervenuta la decisione della Corte di cassazione, il giudice fissa, anche d'ufficio, l'udienza per la prosecuzione del processo.   7. Quando per la definizione di altri processi è necessario risolvere una questione di cui al comma 1 sulla quale e già intervenuta una pronuncia della Corte di cassazione e il giudice non ritiene di uniformarsi alla pronuncia della Corte, si applica il disposto del comma 3.   8. La Corte di cassazione, nelle controversie di cui è investita ai sensi del comma 3, può condannare la parte soccombente, a norma dell'articolo 96 del codice di procedura civile, anche in assenza di istanza di parte.”       Tale azione è, dunque, divenuta nella versione finale, anche una misura deflattiva dal momento che con essa si tende a rendere uniforme l’interpretazione e l’applicazione dei contratti collettivi e quindi a contenere il contenzioso c.d. di serie, sull’interpretazione e l’applicazione dei medesimi.   Con riferimento alle controversie relative ai rapporti di pubblico impiego privatizzato, quando è necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale ai sensi dell'art. 64 del d.lg. n. 165 del 2001, affinché l'accordo sull'interpretazione autentica (o sulla modifica) della clausola controversa abbia efficacia - sostituendosi sin dall'inizio della vigenza del contratto ex art. 49 dello stesso d.lg. - è necessario il consenso di tutte le parti firmatarie del contratto collettivo da interpretare (o da modificare), stante il carattere sostanzialmente novativo di tale attività negoziale rispetto al contratto vigente; mentre, un'interpretazione della norma volta a dare rilievo alla rappresentatività sindacale (ex art. 43 dello stesso testo normativo) sarebbe incompatibile con la natura conciliativa del procedimento e con l'effetto "ex tunc" dell'accordo previsto dal suddetto art. 49. (Nella specie la Corte di cassazione ha confermato la sentenza non definitiva, emessa ai sensi dell'art. 64, comma 3, cit., secondo la quale, mancando il consenso di tutte le parti firmatarie del contratto collettivo da interpretare, non poteva ritenersi eliminata consensualmente l'incertezza della clausola contrattuale in contestazione) (Cassazione civile, sez. lav., 18 aprile 2005, n. 7932).     Quando la Corte di cassazione accoglie il ricorso per violazione e falsa applicazione dei contratti e degli accordi collettivi del pubblico impiego privatizzato, se non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, decide la causa nel merito applicando in via analogica l'art. 384, comma 1, c.p.c., atteso che sarebbero contraddetti i principi di ragionevolezza ed economicità se la Corte cassasse con rinvio nei casi in cui la decisione del merito della causa dipende interamente dall'interpretazione di una clausola contrattuale (Cassazione civile , sez. lav., 04 marzo 2005, n. 4714).     L'interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune, riservata al giudice del merito, è censurabile in sede di legittimità per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale e per vizi di motivazione. Tale principio non subisce deroga riguardo ai contratti collettivi integrativi per i dipendenti degli enti pubblici non economici, atteso che l'art. 64, comma 3, d.lg. 30 marzo 2001 n. 165, nel prevedere che il ricorso per cassazione possa essere proposto anche per violazione o falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, non può trovare applicazione in relazione ai contratti collettivi integrativi di cui al precedente art. 40 dello stesso d.lg. (Nella specie, con riferimento all'interpretazione della clausola del contratto integrativo provvisorio 8 luglio 1998 per i dipendenti dell'Inps, che prevede la corresponsione dell'indennità denominata "salario di professionalità" in favore del personale in servizio alla data dell'1 gennaio 1998, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, trascurando il testuale riferimento temporale contenuto nella clausola in questione, aveva riconosciuto il diritto alla precedente indennità anche in relazione ai dipendenti assunti dopo tale data) (Cassazione civile, sez. lav., 17 agosto 2004, n. 16059).