Contratto di lavoro intermittente o a chiamata ( c.d. job on call)
E’ una nuova tipologia contrattuale prima sconosciuta nel nostro ordinamento ed introdotta con l. 276\2003 (artt. 33 – 40).

Con tale contratto il lavoratore mette a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative e quest’ultimo potrà utilizzarle in base alle proprie esigenze aziendali.

Il contratto, che può essere a termine o a tempo indeterminato, deve avere forma scritta, ma solo ai fini probatori e deve contenere:

indicazione della durata e le ipotesi della disponibilità, nonché il relativo preavviso di chiamata (almeno di 1 giorno);
l’indicazione del trattamento economico e normativo per le prestazioni da eseguirsi e la indennità di disponibilità;
la indicazione di forme e modalità con cui il datore può richiedere la prestazione, nonché le modalità della prestazione medesima;
tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità.
Caratteristica principale del lavoro intermittente è l'alternarsi di fasi in cui non vi è effettiva prestazione lavorativa, ma semplice attesa della chiamata da parte del lavoratore, cioè la c.d. disponibilità e fasi in cui vi è effettiva prestazione di lavoro.

Il contratto di lavoro può prevedere l'obbligo per il lavoratore di rispondere alla chiamata, facendo così sorgere in capo al datore di lavoro l'obbligo di riconoscere l'indennità di disponibilità.

Sulla base dell'obbligo di rispondere alla chiamata, si possono individuare due diverse tipologie di lavoro intermittente:

lavoro intermittente con garanzia di disponibilità;
lavoro intermittente senza garanzia di disponibilità e senza alcuna indennità per il periodo di reperibilità.
Gli aspetti della disciplina del contratto di lavoro intermittente con particolare riguardo a finalità, forma, limiti, trattamento economico normativo e previdenziale nonché trattamento contributivo e fiscale, formano oggetto di specifiche istruzioni ministeriali (Circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 4/2005).

Poiché la messa a disposizione delle energie lavorative è equiparata al lavoro svolto, il legislatore ha previsto un apposita indennità, che viene stabilita nella sua misura dai contratti collettivi o, in difetto, con decreto del Ministero del Lavoro.

In caso di malattia o indisponibilità temporanea, il lavoratore deve comunicarla tempestivamente al datore di lavoro e durante tale periodo non matura indennità.

Nel caso di omissione della suddetta comunicazione il lavoratore perde il diritto alla corresponsione dell’indennità per un periodo di 15 giorni, salva diversa disposizione contrattuale.

Parimenti nel caso di rifiuto ingiustificato a rispondere alla chiamata da parte del lavatore, il datore di lavoro può ottenere la risoluzione del contratto, la restituzione della indennità nonché un risarcimento del danno nella misura fissata dai contratti collettivi.

Nel caso di prestazioni intermittenti svolte durate i fine settimana, ferie estive, natalizie o pasquali, l’indennità è corrisposta solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro.

Il trattamento economico e normativo del lavoratore intermittente non può essere inferiore a quello dei normali lavoratori, ma deve essere proporzionato alla sola prestazione eseguita.

Il lavoratore intermittente è computato nell’organico dell’impresa ai fini del applicazione delle normative in proporzione all’orario effettivamente svolto dal lavoratore nell’arco di ogni semestre.

Sono i contratti collettivi a determinare in quali ipotesi potrà farsi ricorso al lavoro a chiamata o in mancanza un decreto del Ministro del lavoro.