1. Quali sono oggi le tipologie di danni risarcibili, in caso di responsabilità professionale medica, alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali? 2.L’impossibilità di richiedere il danno esistenziale nel caso di chirurgia estetica correttiva   (1) Quali sono oggi le tipologie di danni risarcibili, in caso di responsabilità professionale medica, alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali? I danni risarcibili al danneggiato, sono sostanzialmente di due tipi, ovvero: quelli patrimoniali e quelli non patrimoniali. Il danno patrimoniale, si suddivide a sua volta in danno emergente (spese mediche, farmaceutiche, legali, ecc) e lucro cessante (il mancato guadagno, particolarmente significativo nei casi in cui l’estetica è funzionale al lavoro svolto dal danneggiato, ad esempio qualora trattasi di una modella o di una spogliarellista). Il danno non patrimoniale è stato suddiviso dalla dottrina, a sua volta in tre grandi categorie: danno biologico, danno morale e danno esistenziale (danno non patrimoniale che comprende al suo interno,anche il danno estetico e il danno all’immagine). In questa sede ci limiteremo ad approfondire le tematiche inerenti al danno non patrimoniale con particolare riguardo al danno esistenziale, perchè trattasi di una figura giuridiche ancora in evoluzione, rispetto ai criteri di liquidazione, oramai consolidati, del danno patrimoniale. Sinteticamente possiamo dire che il danno biologico va rilevato in tutti quei casi in cui vi sia una violazione dell’art. 32 Cost, norma generale, posta a tutela della salute. Quanto al danno esistenziale, questo è stato correttamente determinato dalle sentenze della Corte Costituzionale (sent. n. 233/2003 della Corte Costituzionale) e della Suprema Corte (Cassazione civ. sent. nn. 500/1999, 143/2000, 4783/2001, 8827/2003, 8828/2003, 12124/2003, n. 7980/2004) che hanno sancito l’esistenza di tale distinta forma di danno, anche al di fuori delle fattispecie di reato, richiamate dall’art. 2059 c.c., in tutti i casi in cui ci si trova di fronte alla violazione di un interesse costituzionalmente garantito. L’orientamento delle Corti superiori è stato anticipato, e poi ripreso, da numerose decisioni della giurisprudenza di merito che si era spinta già ben oltre le motivazioni poi espresse dalle sentenze di legittimità, fino a porre ad esempio a carico di un parrucchiere, il risarcimento del danno esistenziale subito da un cliente dello stesso, a cui era stata tagliata la chioma, di diversi centimetri, anziché effettuare, come richiesto dall’utente, solo un ritocco alle punte dei capelli (Giudice di pace di Catania sent. del 24.04.1999, in Guida al diritto del Sole 24 ore, pag. 53), mentre in un altro caso (Pretura di Salerno, sent. del 17.02.1997, in Giust. Civ. Mass. 1998, I, 2037), si è riconosciuto tale tipo di risarcimento a carico di un operatore televisivo che aveva ripreso in modo maldestro un filmino relativo ad una cerimonia nuziale. Maggiormente significative sono le massime delle corti di merito, emesse dopo la ricezione dei principi dettati dalla Suprema Corte, quali ad esempio quelle che di seguito riportiamo: (Tribunale Roma, 24 ottobre 2003, in Giur. merito 2004, 467):Il danno esistenziale consiste nel concreto pregiudizio di un'attività idonea a connotare la qualità dell'esistenza dell'attore rispetto a quella di ogni altro essere umano (fattispecie relativa al mancato esercizio di una attività lavorativa, quale la vendita di autovetture d'epoca, considerata gratificante in quanto espressione di un particolare interesse del danneggiato per il settore). (Tribunale Como, 18 dicembre 2002, in Giustizia a Milano 2003, 5) : Il danno esistenziale, per quella giurisprudenza che ne sostiene l'autonoma risarcibilità (Trib. Milano 24-10-01; 4-6-02; 9-10-01; Cass. civ. 7713/00; 4783/00; 6507/01; 9009/01; 4881/01), si differenzia dal danno biologico in quanto prescinde dall'esistenza di una "malattia" clinicamente accertabile, da quello morale, in quanto non consiste nella sofferenza indotta dal danno, da quello patrimoniale, non comportando compromissione del patrimonio. In questa prospettiva, il danno esistenziale viene configurato come un pregiudizio reddituale, non patrimoniale, tendenzialmente onnicomprensivo di lesioni di attività esistenziali realizzatrici del danneggiato che costituiscono un interesse dell'individuo tutelato dall'ordinamento (art. 2 cost., art. 2043 cod. civile). (Tribunale Agrigento, 4 giugno 2001 ,D'Andrea e altro, in Danno e resp. 2002, 58): “Il danno esistenziale è la lesione di qualsiasi interesse giuridicamente rilevante per la persona, risarcibile nelle sue conseguenze non patrimoniali ovvero ogni interesse afferente alla persona, leso da un atto ingiusto, che appare meritevole di risarcimento. Consiste nella alterazione della quotidianità della vittima dell'illecito, ed è un danno diretto ed immediato, causalmente riferibile, sul piano giuridico, allo stesso illecito di cui è stata vittima una diversa persona. Tale particolare categoria di danno è risarcibile - se di natura extracontrattuale - ex art. 2043 c.c. e si pone come terza rispetto a quella del danno patrimoniale e del danno morale (pur condividendo con quest'ultima la caratteristica della non patrimonialità).” Sebbene le due figure giuridiche del danno morale e del danno esistenziale vengano talvolta identificate da parte della dottrina e della giurisprudenza, tuttavia va precisato che la più recente dottrina (“Trattato breve dei nuovi danni” a cura di Paolo Cendon, Vol. I°, pag. 10 e ss.) aveva già distinto esattamente le due fattispecie, in quanto la prima dovrebbe riguardare la sfera interna del turbamento emotivo subito dal danneggiato, mentre il danno alla vita di relazione riguarderebbe invece il rapporto del soggetto verso l’esterno (in quanto limitazione, di fatto, della libertà d’agire). Va inoltre precisato che il danno esistenziale - come ha specificato il Tribunale di Firenze con sentenza n. 451 del 24.02.2000, non si identifica, ma si assomma al “pretium doloris” ed è riscontrabile anche nel caso della semplice violazione dell’art. 2043 c.c. o quantomeno della normativa civilistica posta a tutela della buona fede, a prescindere dalla violazione di qualsivoglia fattispecie penale. La Cassazione S.U. ha peraltro chiarito, con sentenza n. 9645/2001 (in Giust. Civ. Mass. 2001, 1404) che “La responsabilità precontrattuale, configurabile per violazione del precetto posto dall’art. 1337 c.c. – a norma del quale le parti, nello svolgimento delle trattative contrattuali, debbono comportarsi secondo buona fede – costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, che si collega alla violazione della regola di condotta stabilita a tutela del corretto svolgimento dell’iter di formazione del contratto, sicchè la sua sussistenza, la risarcibilità del danno e la valutazione di quest’ultimo debbono essere vagliati alla stregua degli art. 2043 e 2056 c.c., tenendo peraltro conto delle caratteristiche tipiche dell’illecito in questione”. Sentenza applicabile a tutte quelle problematiche inerenti ad esempio il consenso informato che rientrano nella fase pre-contrattuale. Concetti successivamente ripresi dalla Suprema Corte (Cass. civ. S.U., sent. n. 6572/06) che ha riconosciuto la categoria del "danno esistenziale" quale autonoma voce di danno individuabile in “ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno”. Ciò detto se  tali distinzioni si rendevano necessarie in passato, per poter corrispondere il danno morale/esistenziale, ove effettivamente presente, anche in assenza della violazione di una normativa penale, oggi, alla luce dell’interpretazione della norma, dettata dalla Corte Costituzionale, che riconosce il danno esistenziale, anche quando vi sia una violazione di norma costituzionale, tale differenziazione ha ormai solo valore formale. Attualmente, infatti, quando ci si trovi di fronte a una violazione dell’art. 32 Cost., il Giudice, può liberamente apprezzare le tre voci del danno non patrimoniale cumulativamente, inquadrandole in un unica figura giuridica (quella del danno biologico, o in senso lato non patrimoniale), per evitare la duplicazione del risarcimento di uno stesso danno, in quanto l’interesse protetto (quello della tutela della salute) è spesso sempre il medesimo. In questo senso sembra muoversi la Cassazione più recente: (Cass. civ. sent. n. 9514/07), che ha espressamente stabilito che : “Il danno esistenziale non può essere valutato autonomamente in quanto rientra nel danno biologico. Quindi, una psicopatologia, derivante da un incidente, che compromette totalmente la vita sentimentale, può essere risarcita solo a metà”. Sebbene ultimamente in altra sentenza (Cass. civ., sez. III°, sent. n. 5795/08) cambiando ancora una volta orientamento la Suprema Corte ha così stabilito: “Per il pedone investito non basta il danno morale pari alla metà di quello biologico. Gli automatismi sono esclusi per pregiudizi rilevanti, e permanenti. Il ristoro, lesione estetica compresa, deve avvenire ai valori attuali al tempo della liquidazione. Va risarcita al coniuge l’assistenza all’invalido”. (2) L’impossibilità di richiedere il danno esistenziale nel caso di chirurgia estetica correttiva, in assenza di un danno biologico   Nell’ambito della chirurgia estetica la dottrina e la giurisprudenza prevalenti distinguono tre specifiche branche della chirurgia estetica, a secondo della finalità che le stesse si propongono ovvero: riparativa (quando vi è la necessità di ricostruire la somatica precedente alterata da un evento esterno, ad esempio a seguito di un sinistro), ricostruttiva (volta a correggere imperfezioni naturali, gravemente pregiudizievoli per la vita di relazione) e correttiva (che comprende tutti gli interventi ritenuti non necessari per la tutela della salute, apparentemente rivolti a correggere modeste imperfezioni e, pertanto volti semmai a conseguire una maggiore sicurezza nella vita di relazione). Di queste tre fattispecie, secondo una parte della dottrina, solo le prime due, avrebbero finalità terapeutiche e/o solidaristiche, mentre la terza ne sarebbe esclusa, in quanto queste operazioni, non sono ritenute necessarie per la tutela della salute, perchè finalizzate, come si è accennato, a correggere piccole imperfezioni fisiche, o a migliorare la forma fisica, e quindi andrebbero escluse dalla tutela prevista dall’art. 32 Cost. Alla luce di tale orientamento interpretativo ne consegue, a nostro parere che, se il fine estetico non rientra tra gli interessi costituzionalmente garantiti, non potrà trovare applicazione la richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale e di conseguenza, neppure quello esistenziale, in quanto, salvo il caso in cui il chirurgo operi al di fuori di quanto concordato con il paziente, o con imperizia, è da escludersi: sia la presenza di un reato (ex art. 50 c.p.), sia la tutela di un interesse costituzionalmente garantito, perchè si ribadisce, l’intervento in questione non è compreso tra quelli considerati necessari per la tutela della salute. In sintesi, da quanto sopra esposto se ne deduce che, se l’intervento estetico correttivo viene praticato sulla base di un accordo verbale e/o scritto e avviene con il consenso volontario della paziente, nella fattispecie si applicherà esclusivamente il regolamento contrattuale voluto dalle parti, integrato semmai, per quanto non espressamente pattuito, dalla normativa inerente la responsabilità contrattuale e il contratto d’opera. Fattispecie quindi potenzialmente inquadrabile tra le obbligazioni di risultato, ma di conseguenza, non più soggetta alla disciplina inerente la responsabilità civile. Quindi ne consegue che, ove il Giudice qualifichi questo tipo di operazioni come obbligazioni di risultato (vedi articolo già pubblicato su questo sito dal titolo: “L’attività del chirurgo estetico: obbligazione di mezzi o di risultato?”), dovrà rigettare automaticamente le ragioni assunte dall’attore ove tardive, viceversa qualora consideri l’obbligazione, come di mezzi, sarà comunque il danneggiato a dover dimostrare l’eventuale responsabilità del libero professionista ex artt. 1176 e 1228 c.c.. La tesi in questione è avallata anche da una recente sentenza della Cassazione (Cass. civ., sent. n. 3284/08), che a riguardo ha così stabilito: “La serenità e la sicurezza non costituiscono, in se stesse considerate, diritti fondamentali di rango costituzionale inerenti alla persona, con la conseguenza che la loro lesione non consente il ricorso alla tutela risarcitoria del danno non patrimoniale.”. Infine a chiarire definitivamente la questione è intervenuta anche una sentenza della Cassazione a sezioni unite che sembra mettere una pietra tombale sulla questione (ma vedremo in un'altra articolo che in realtà la questione è ancora aperta): “Il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata danno esistenziale perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell’atipicità, sia pure attraverso l’individuazione della apparente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario né è necessitata dall’interpretazione costituzionale dell’art. 2059 c.c., che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione. Il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno. È compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione.” (Cassazione civile , sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972, L.A. c. F.S. e altro in Guida al diritto 2008, 47 18). In altre parole sembra sparire la figura del danno esistenziale per essere inglobata nella fattispecie generica del danno non patrimoniale e si badi non solo nell’ambito della chirurgia estetica, ma in tutti i settori, ma vedremo in un altro articolo, che l’interpretazione datane dalla giurisprudenza successiva, sembra lasciare ancora aperti degli spiragli per questo tipo di danno.