Ai Lavoratori del PST di …..

Parere
In fatto: -il quesito, formulato allo scrivente concerne la qualificazione giuridica del Parco Scientifico ... relativamente alla tipologia di Ente con carattere pubblicistico (Ente pubblico non economico e/o a partecipazione mista come Ente societario con prevalente aspetto privatistico). In particolare:
- lareinternalizzazione del servizio pubblico, ossia se sussiste una soluzione alla luce dell’attuale quadro normativo che, pur nel generale obiettivo del contenimento della spesa pubblica, evidenzia criticità rilevanti in tema di finanza pubblica.
- Se in caso di reinternalizzazione del servizio pubblico svolto e di eventuale trasferimento nei ruoli dell’ente locale del personale precedentemente assunto dalla società, possa ritenersi che alle particolari procedure di selezione effettuate per l’assunzione dei lavoratori scelti in base a procedure privatistiche rispettose degli indirizzi MURST, per lavoratori appartenenti a categorie con spiccate capacità specialistiche in ordine alla ricerca e sviluppo scientifico in aree svantaggiate del paese, possa trovare applicazione l’art. 2112 del cod. civ. in materia di mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di ramo di azienda qualora un ente pubblico riprenda una attività precedentemente esercitata e/o che avrebbe dovuto svolgere e non potendo avrebbe dovuto, come nel caso di specie, affidare ad una persona giuridica di diritto privato sulla base di criteri di gestione, esercizio e funzionamento in parte diversi.
-Se sussiste alternativa diversa, ovvero, per l’inserimento della società in un piano strategico regionale per la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione, per la gestione programmi di intervento straordinario attuati dall'Ente Regione.
Ricostruzione fattuale e normativa
Documentazione esaminata
- Normativa di riferimento; Decreto Ministeriale del 3 febbraio del 1992; L 196/09; 17/02/1982 n. 46, “Industria, Commercio, Artigianato (Credito) Ricerca Scientifica e Tecnologica” e del 01/03/1986 n. 64, “Disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno”; D.P.R. 18 marzo 1997, n. 104(Regolamento recante modalità di attuazione per il trasferimento alle piccole e medie imprese delle conoscenze e delle innovazioni tecnologiche); legge 25/10/1968, n. 1089, sul commercio, industria e artigianato per lo sviluppo del Mezzogiorno, per le funzioni della ricerca e lo sviluppo scientifico; D.Lgs. 13 dicembre 2010, n. 212; D.Lgs. n. 204/1998; D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297, intitolato “Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori”; d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163; D.P.R. 168/2010; commi 557, 557 bis e 557 ter dell’art. 1 della legge 296/2006;
D.L n. 98/2011, convertito dalla legge n. 111/2011; art. 2112 Cod. Civ.; dell’art.47, comma 5, dellal. n. 428 del 1990, ex art.19 quaterd.l. 135 del 2009; d.lgs. n. 165/2001.
Considerazioni fattuali.
Dato l’elevato numero di leggi e articoli disciplinanti i quesiti sottoposti alla nostra attenzione, onde facilitare la lettura ed il raccordo del lettore, di seguito si riporteranno, in forma ridotta, la maggior parte degli articoli richiamati.
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I criteri elaborati dalla giurisprudenza al fine di definire, nel concreto, un ente come di natura privata o pubblica non ricevendo indicazioni univoche a livello normativo, anche gli elenchi cui in taluni casi si fa’ rinvio hanno una valenza meramente esemplificativa e non tassativa, da qui occorre precisare, ai fini della presente disamina, che in quello redatto nel 2010 dall’Istat (art 1, co. 2, L 196/09) e di cui al comunicato 24.07.2010, non risultano inserite, ad esempio, società partecipate dagli enti locali.
È dunque a livello interpretativo che occorre enuclearne le caratteristiche soprattutto per la tipologia dei soggetti per cui è parere, ovvero, “il Parco scientifico e Tecnologico di ..., società consortile SPA”.
Per una migliore comprensione bisogna partire dalle disposizioni ante 1992, che iniziavano a disciplinare la materia della ricerca scientifica e tecnologica come materia da organizzare in modo decentrato da parte del titolare della funzione MURST.
Secondo il Decreto Ministeriale del 3 febbraio del 1992,“interventi straordinari nel Mezzogiorno, direttive per l’applicazione di intesa di programma per la promozione e lo sviluppo di parchi scientifici e tecnologici nelle aree meridionali” si stabiliva che:
“ … Il Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, il Ministro del bilancio e della programmazione economica e il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica:… Vista la relazione della commissione tecnico-scientifica. Vista la legge n. 64/1986 e la legge n. 46/1982 e ritenuta la necessità di attuare l'intesa,…;Presentazione delle proposte di parco scientifico e tecnologico.
1. Sono legittimate a proporre iniziative di parchi scientifici e tecnologici, ai sensi dell'intesa di programma citata in premessa, associazioni di soggetti secondo una delle forme previste dalla normativa vigente, comprendenti imprese e loro consorzi, enti pubblici territoriali e non, università, unitamente ad altri organismi di ricerca….
A ciascuna istanza … Le suddette istanze devono essere presentate, in prima applicazione, entro novanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto in Gazzetta Ufficiale, direttamente a ciascuna delle seguenti amministrazioni, …:
a) Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno …;
b) Ministero del bilancio e della programmazione economica …;
c) Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica ….
2. … ai fini dell'istruttoria e dell'entità del finanziamento pubblico ad esse attribuibile sono quelle che si configurano:
a) come iniziative attivabili in ambito regionale o interregionale che aggreghino unitariamente e organizzino sul territorio una varietà di interessi scientifici e tecnologici qualificati a caratterizzare le finalità dei parchi;
b) come valorizzazione di investimenti pubblici già realizzati o in itinere, compatibili con le finalità dei parchi;
c) come iniziative in grado di raggiungere nei termini più brevi le condizioni necessarie di autonomia economico-finanziaria;
d) come strumenti di supporto di processi di industrializzazione compatibili con la crescita reale di un sistema economico-produttivo ad alta innovazione tecnologica, in linea con i più avanzati standard europei;
e) come iniziative suscettibili di attivare finanziamenti in altre gestioni pubbliche e private.
5. Le proposte, corredate dal programma di massima e dal progetto di copertura finanziaria, sono valutate sulla base dei seguenti criteri:
a) …;
b) attitudine ad attivare e contribuire alla realizzazione di obiettivi di riequilibrio e di sviluppo socio-economico, tecnico-scientifico e produttivo, anche mediante l'attivazione di piani di investimenti aggiuntivi da parte delle singole imprese e/o loro consorzi;
c) capacità di promuovere programmi di formazione del personale da coinvolgere nelle attività di ricerca e di gestione del parco;
d) ...;
Ai fini di cui sopra, il Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno può disporre l'attuazione di studi, azioni di promozione, di accompagnamento e di monitoraggio, nonchè ogni altra attività idonea a favorire, sotto gli aspetti sia strategici che gestionali, la più rispondente attuazione dell'intesa di programma per il miglior raggiungimento degli obiettivi generali.
6. ...;
7. ...;
8. Per la realizzazione delle iniziative si procederà mediante l'utilizzazione degli strumenti di competenza delle amministrazioni partecipanti all'intesa e, in particolare, ove ritenuto opportuno, ricorrendo alla procedura dell'«Accordo di programma» e costituendo, ove occorra, congiunti gruppi di lavoro.
9. La vigilanza ed il controllo degli investimenti spetta, per la parte da ciascuna finanziata, ad ognuna delle amministrazioni competenti.
10….. Omissis.”.
Tale decreto attuava le leggi oggi abrogate del 17/02/1982 n. 46, “Industria, Commercio, Artigianato (Credito) Ricerca Scientifica e Tecnologica” e del 01/03/1986 n. 64, “Disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno”, oggi entrambe abrogate. La prima disposizione concerneva: “Interventi per i settori dell'economia di rilevanza nazionale”, che all’art. 2, stabiliva:
“ … 2. [Possono beneficiare degli interventi del Fondo di cui all'articolo precedente (ovvero, Fondo speciale per la ricercaapplicata presso l'Istituto mobiliare italiano che lo amministrava con le modalità proprie dell'istituto ed in base ad apposita convenzione da stipularsi tra il Ministro per il tesoro e l'IMI … fondo a carattere rotativo, art. 4 legge 25 ottobre 1968, n. 1089, “legge oggi abrogata dal D.Lgs. 13 dicembre 2010, n. 212, Semplificazione della legislazione”),i seguenti soggetti: a) … omissis; e) centri di ricerca industriale con personalità giuridica autonoma, … f) consorzi tra imprese industriali ed enti pubblici; g) istituti ed enti pubblici di ricerca a carattere regionale;Il Fondo di cui all'articolo precedente finanziva i seguenti tipi di attività:1) …omissis;2) programmi nazionali di ricerca finalizzati allo sviluppo di tecnologie fortemente innovative e strategiche suscettibili di traduzione industriale nel medio periodo;3) le iniziative per il trasferimento alle piccole e medie imprese delle conoscenze e delle innovazioni tecnologiche nazionali;4) i contratti di ricerca che pubbliche amministrazioni, anche regionali, propongono per la realizzazione da parte dei soggetti di cui al precedente primo comma”.
Cosa più interessante era che: “La partecipazione degli enti scientifici di ricerca e sperimentazione ai consorzi di cui alla letteraf) del precedente primo comma è deliberata dall'ente pubblico di ricerca ed approvata dal Ministro vigilante sentito il parere del Ministro del tesoro e del Ministro per il coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica”.
Di tal che è chiaro che si tratta di funzioni delegate di titolarità del Ministero che possono esercitare sempre per sub delega di funzioni (trasferimento) agli enti pubblici i quali perseguiranno gli obbiettivi della ricerca attraverso società partecipate e/o senza escludere che gli stessi obbiettivi li può perseguire direttamente l’organo statale di riferimento oggi MIUR o MISE attraverso programmi affidati alle società partecipate come appena riportato nella norma alla lettera f), trattandosi di decentramento organizzativo.
A conforto ed a conferma la stessa disciplina previgente, L. 17/02/1982, n. 46, prima richiamata, all’art. 3, stabiliva che:
“ … [Le iniziative per il trasferimento alle piccole e medie imprese delle conoscenze e delle innovazioni tecnologiche nazionali, finanziabili nelle forme previste dallalegge 25 ottobre 1968, n. 1089, e successive integrazioni e modificazioni, riguardano sia la costituzione e l'ampliamento di strutture di trasferimento sia l'attuazione di specifici programmi di trasferimento.
Presso il Ministro per il coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica è costituito il comitato per il trasferimento tecnologico formato da esperti nominati dal Ministro su designazione degli enti pubblici di ricerca e delle associazioni degli imprenditori e degli artigiani. Il comitato ha lo scopo di definire le linee di un sistema di iniziative e di procedure per il trasferimento tecnologico].
Per le modalità di attuazione del trasferimento di cui al presente articolo, vige attualmente ilD.P.R. 18 marzo 1997, n. 104(Regolamento recante modalità di attuazione per il trasferimento alle piccole e medie imprese delle conoscenze e delle innovazioni tecnologiche),il quale a sua volta stabilisce all’art. 4, co. 2, che:
Per gli interventi di cui all'articolo 1, comma 1, letterac), il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, con decreto adottato di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentito il Comitato tecnico-scientifico di cui all'articolo7dellalegge n. 46 del 1982, individua le linee strategiche per la costituzione e l'ampliamento di strutture di trasferimento tecnologico, sulla base anche dei risultati di una ricognizione delle esistenti strutture di trasferimento, condotta nell'ottica della loro specializzazione tecnologica, della loro distribuzione sul territorio, delle loro strutture organizzative, della loro capacità d'impatto sul sistema produttivo e della loro integrazione con i sistemi di diffusione della tecnologia operanti a livello internazionale. Per la realizzazione di tale ricognizione il Ministero dell'università e della ricerca scientifica può stipulare apposite convenzioni con organismi specializzati.
Appare subito chiara la natura pubblicistica dell’Ente PST come Ente destinatario di funzioni statali, nella ricerca scientifica e tecnologica, direttamente trasferibili o trasferite agli enti pubblici locali che a loro volta demandano alle strutture scientifiche e tecnologiche come appunto strutture di trasferimento di cui alle disposizioni normative sopra richiamate.
A tal proposito, venne creato il Parco Scientifico e Tecnologico di ... che nasce il 21 luglio 1992, grazie ad una legislazione nazionale promotrice di un programma di Governo che dava la possibilità di fare sviluppo innovativo nel Mezzogiorno d’Italia, che creava per la prima volta delle convergenze tra aziende ed istituzioni, ispirandosi ai modelli statunitensi, ma attraverso, pur sempre una normativa speciale come quella per gli Interventi Straordinari nel Mezzogiorno. Nasceva così, una public company, cioè una società molto ampia, con circa 120 soci tra cui le principali istituzioni del beneventano, avellinese e salernitano nonché molte imprese del settore industriale, dell’agro alimentare ed altre ancora con specificità nel settore informatico. I soci fondatori risultavano essere vari enti pubblici tra cui: il Comune di ...; la Provincia di ...; l’Amministrazione Provinciale di Benevento; la Comunità Montana della Valle dell’Irno; il Comune di Ariano Irpino; la CGIL Camera del Lavoro di ...; l’Università degli studi di ...; il Centro di Ricerca in Matematica Pura ed Applicata; la Fondazione Antonio Genovesi; l’Associazione degli Industriali della Provincia di ...; l’Unione degli Industriali di Benevento. Attualmente la forma societaria risulta essere quella consortile per azioni con partecipazione maggioritaria di capitale pubblico.
Per statuto l’amministrazione della società consortili, affidata ad un Consiglio d’Amministrazione composto da 5 membri, è deputato a curare le proposte e schede di cui all’abrogato Decreto 3 febbraio del 1992 “Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno” (direttive per l’applicazione di intesa di programma per la promozione e lo sviluppo di parchi scientifici e tecnologici nelle aree meridionali).
La Regione, successivamente alla costituzione, è entrata a far parte degli altri enti partecipati affidando al Parco diversi trasferimenti.
La struttura occupa ben diciannove dottori ricercatori.
La figura dell’Ente Parco Scientifico e Tecnologico alla data della sua formazione rappresentava un nuovo quid pluris tant’è che lo stesso Consiglio di Stato nell’adunanza del 4 maggio 1994, parere n. 757, riaffermava la necessità di una preventiva ed adeguata informativa sulla nuova figura che sembrava trovare la sua base normativa e tecnica nell’intesa di programma del 7 dicembre 1990, tra i Ministri dell’Università, del Bilancio e nel Mezzogiorno, sia nei DD.MM. 3 dicembre 1992 e 25 marzo 1994.
Da tale ricostruzione emerge anche il ruolo dell’inquadramento del personale delle predette aziende, secondo la previgente normativa, Legge 01/03/1986, n. 64, (Mezzogiorno), art. 16, ai sensi del quale le amministrazioni utilizzatrici, al termine dell’ufficio speciale, ben potevano attuare corsi di qualificazione e di aggiornamento sulla base di criteri e modalità fissati con decreto del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno. Al termine dei predetti corsi il personale stesso veniva sottoposto a prove selettive ai fini di un suo eventuale inserimento nei ruoli degli organismi dell'intervento straordinario, nei quali venivano altresì inseriti i vincitori dei concorsi già espletati alla data di entrata in vigore della stessa legge.
Al complesso di queste disposizioni non sembra contestabile la natura di ente pubblico non economico alla PST come organo della P.A. non inserito nella struttura ministeriale ma di cui la struttura si serve ed utilizzato in quei settori di attività amministrativa per i quali ad una riforma in senso privatistico degli strumenti pubblici, si è preferita la realizzazione di entità sempre pubblica, ma tale da consentire una gestione manageriale dei pubblici interessi in modo più agile e penetrante, scindendo il momento politico-decisionale da quello tecnico-applicativo. Ed in questa prospettiva deve essere valutata la ricostruzione normativa citata, secondo la quale "gli atti compiuti dalla PST per l'attuazione dei suoi compiti istituzionali secondo schemi di contratto approvati dal MIUR e MIR disciplinati sì dalle norme di diritto privato ma per fini istituzionali di sviluppo sempre relativo ad attività commerciale. Dall'altro lato, l'indiscutibile derivazione della PST dal C.I.V.R., oggi abrogato e dall’attuale CIPE non può che avere una natura di ente pubblico non economico alla stregua di altri Enti così riconosciuti e come recentemente ribadito ("ex plurimis", Cass., S.U. 30 dicembre 1999 n. 947). In definitiva, quel che rileva è il criterio della prevalenza che, nella specie, evidenzia la netta preponderanza degli scopi di ricerca scientifica e tecnologica, di indubbio interesse pubblico, rispetto all'attività di carattere imprenditoriale da implementare.
In diritto.
- Ricostruzione teorico normativa applicabile.
- Figura giuridica del Parco Scientifico e Tecnologico.
Dalla ricostruzione normativa richiamata in premessa già è facile dedurre che siamo in presenza di una impresa pubblica in tal senso non meglio definita nelle previgenti disposizioni legislative, ma che in seguito assumerà la connotazione specifica di “organismo di diritto pubblico” istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, avente carattere non industriale o commerciale.
In effetti, la legge 25/10/1968, n. 1089, sul commercio, industria e artigianato per lo sviluppo del Mezzogiorno, per le funzioni della ricerca e lo sviluppo scientifico, all’art. 4, attribuiva le risorse finanziarie agli enti pubblici economici e alle società di ricerca scientifica, solo attraverso le scelte dei settori d’intervento che il CIPE determinava su proposta del Ministro per il coordinamento della ricerca scientifica e tecnologica, finanziamenti deliberati infine dall’Istituto Mobiliare Italiano.
Il provvedimento oggi è stato abrogato dal combinato disposto del comma 1 dell’art. 1 e dell’allegato alD.Lgs. 13 dicembre 2010, n. 212,a decorrere dal 16 dicembre 2010. Ma ciò per rendere l’idea dell’interesse pubblico sotteso alle società come la PST, tant’è che anche la previgente L 17/02/1982, n. 46, stabiliva in modo in equivoco che potevano beneficiare degli interventi del fondo i consorzi tra imprese industriali ed enti pubblici, art. 2, co. 1, lett. f).
 
2.[Possono beneficiare degli interventi del Fondo di cui all'articolo precedente i seguenti soggetti:
a) … omissis;
f) consorzi tra imprese industriali ed enti pubblici;
g) omissis…
Il Fondo di cui all'articolo precedente finanzia i seguenti tipi di attività:
1) progetti di ricerca applicata definiti autonomamente e realizzati dai soggetti di cui al precedente primo comma;
2) programmi nazionali di ricerca finalizzati allo sviluppo di tecnologie fortemente innovative e strategiche suscettibili di traduzione industriale nel medio periodo;
3) le iniziative per il trasferimento alle piccole e medie imprese delle conoscenze e delle innovazioni tecnologiche nazionali;
4) i contratti di ricerca che pubbliche amministrazioni, anche regionali, propongono per la realizzazione da parte dei soggetti di cui al precedente primo comma.
La partecipazione degli enti scientifici di ricerca e sperimentazione ai consorzi di cui alla letteraf) del precedente primo comma è deliberata dall'ente pubblico di ricerca ed approvata dal Ministro vigilante sentito il parere del Ministro del tesoro e del Ministro per il coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica].
L’articolo oggi è stato abrogato dall'art.9,D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297, con la decorrenza ivi indicata. Si veda anche, l'art.21,L. 16 gennaio 2003, n. 3.
Ulteriori centri di coordinamento per la ricerca venivano in essere con le successive leggi, ovvero, il D.Lgs. n. 204/1998, introduceva una ulteriore disciplina di programmazione per la ricerca scientifica e tecnologica:
1.Programmazione.
1. Il Governo, nel documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF), determina gli indirizzi e le priorità strategiche per gli interventi a favore della ricerca scientifica e tecnologica, definendo il quadro delle risorse finanziarie da attivare e assicurando il coordinamento con le altre politiche nazionali.
2. omissis … ai sensi dell'articolo 2 del presente decreto, il Programma nazionale per la ricerca (PNR), di durata triennale.
Omissis …
4. Le pubbliche amministrazioni, nell'adottare piani e programmi che dispongono, anche parzialmente, in materia di ricerca, con esclusione della ricerca libera nelle università e negli enti, operano in coerenza con le finalità del PNR, assicurando l'attuazione e il monitoraggio delle azioni da esso previste per la parte di loro competenza. I predetti piani e programmi sono comunicati al Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (MURST) entro trenta giorni dalla data di adozione o di approvazione.
5. … comissis.
Il D.Lgs. 05/06/1998 n. 204, distribuiva le competenze del CIPE ed istituiva all’art. 5, il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca d'intesa con le P.A, progettava ed effettuava attività di valutazione esterna di enti di ricerca da esse vigilati o finanziati, nonché di progetti e programmi di ricerca da esse coordinati o finanziati.
Per la soppressione del Comitato di indirizzo previsto dal’articolo richiamato si veda il comma 141 dell'art.2,D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come modificato dalla relativa legge di conversione, nonché ilD.P.R. 14 maggio 2007, n. 97.
Nel 1999, dal variegato stato di norme si ebbe un primo riordino della materia a sostegno della ricerca, si intervenne con il D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297, intitolato“Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori”, ove nel campo d’applicazione di cui al Titolo I, art. 2, co. 1, lett. f bis (aggiunta dall'art. 105, comma 1, lett.b),L. 23 dicembre 2000, n. 388), si menzionava per la prima volta, quali soggetti ammissibili, alla disciplina di sostegno alla ricerca industriale, i parchi scientifici e tecnologici.
“art. 1, Campo di applicazione.
1. Al fine di rafforzare la competitività tecnologica dei settori produttivi e di accrescere la quota di produzione e di occupazione di alta qualificazione, nel quadro del programma nazionale per la ricerca (PNR) di cui all'articolo1, comma 2, deldecreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, ove adottato, dei programmi dell'Unione europea e degli obiettivi di cui all'articolo2dellalegge 7 agosto 1997, n. 266, il presente titolo, nel rispetto della normativa comunitaria vigente in materia di aiuti di Stato per la ricerca e lo sviluppo e per quanto di competenza del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (MURST), disciplina gli interventi di sostegno alla ricerca industriale, alla connessa formazione e alla diffusione delle tecnologie derivanti dalle medesime attività.
2. omissis … .
3. Ai sensi del presente titolo si intendono:
a) per imprese, i soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, letterea) eb);
b) per centri di ricerca, i soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, letterac);
c) per soggetti industriali, quelli di cui all'articolo 2, comma 1, letterea),b) ec);
d) per soggetti assimilati, quelli di cui all'articolo 2, comma 1, letterad);
e) per soggetti assimilati in fase d'avvio, quelli di cui all'articolo 2, comma 1, letterae);
f) per soggetti associati, quelli di cui all'articolo 2, comma 2;
g) per aree depresse del paese, quelle di cui agli obiettivi 1, 2 e 5-b), di cui alregolamento (CEE) 2052/88del consiglio del 24 giugno 1988, relativo ai fondi strutturali dell'Unione europea e successive modificazioni, nonché le zone ammesse a deroga ai sensi dell'articolo 92.3, letterea) ec), del Trattato di Roma;
h) per CIVR, il comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca, di cui all'articolo5deldecreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204.
Art. 2,
2.Soggetti ammissibili.
1. Sono soggetti ammissibili agli interventi di cui al presente titolo:
a) omissis … ;
f) università, enti di ricerca anche a carattere regionale, ENEA ed ASI per i casi di cui alle lettered) ede) e al comma 2, nonché per le attività di cui all'articolo 3, comma 1, letterac), numero 2 e per attività, proposte in collaborazione con i soggetti di cui alle letterea),b),c),d),e), di ricerca e di alta formazione tecnologica finalizzate agli obbiettivi di cui all'articolo 1, comma 1(3);
f-bis) i parchi scientifici e tecnologici istituiti con legge regionale.
2. omissis … .
Da ciò, ancora una volta, si evince che gli organi come il PST svolgono funzioni o servizi di rilevante interesse pubblico e per il cui funzionamento è necessaria la personalità di diritto pubblico che si può ritenere instaurata anche a seguito della partecipazione maggioritaria di enti pubblici nella sua organizzazione attraverso lo scopo costitutivo, nonché la cui gestione sia soggetta a controllo degli enti partecipanti (si v. a titolo di es. prot. 1228 del 10/06/11, richiesta annuale della Regione Campania circa il personale impiegato presso il PST, le modalità di assunzione, copia del bilancio, del Collegio sindacale, verbale di assemblea ecc., si v. anche, il resoconto audizione regionale n. 32 del 10 dicembre 2010).
Quanto affermato attualmente trova conforto nella novella legislativa dell’art. 3, c. 26, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163:
26. L’«organismo di diritto pubblico» è qualsiasi organismo, anche in forma societaria:
- istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
- dotato di personalità giuridica;
- la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
Tale definizione ricalca pedissequamente la definizione di organismo di diritto pubblico data dall'art. 1, lett. b), della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi.
L'art. 1, lett. b) della citata direttiva stabilisce che per "organismo di diritto pubblico si intende qualsiasi organismo:
- istituito per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, e avente personalità giuridica, - e la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti locali o da organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione è soggetta al controllo di quest'ultimi, oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza è costituito da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico.
I giudici di diversi Stati membri, tra i quali anche l'Italia, hanno sottoposto alla Corte di giustizia delle Comunità Europee, ai sensi dell'art 234 CE, una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione dell'art. 1, lett. b) della direttiva summenzionata a seguito di tali richieste la Corte ha statuito (v. sentenza 10 novembre 1998, causa C-360/96, Gemeente Arnhem e Gemeente Rheden contro BFI Holding BV) che l'art. 1, lett. b), secondo comma, della direttiva 92/50, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, a termini del quale "per organismo di diritto pubblico si intende qualsiasi organismo istituito per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale", deve essere interpretato nel senso che il legislatore ha operato una distinzione tra bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, da un lato, e bisogni di interesse generale aventi carattere industriale o commerciale dall'altro; che la nozione di bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale non esclude bisogni che siano o possano essere parimenti soddisfatti da imprese private; che la circostanza che esista una concorrenza non è sufficiente ad escludere la possibilità che un ente finanziato o controllato dallo Stato, da enti territoriali o da altri organismi di diritto pubblico si lasci guidare da considerazioni non economiche che tuttavia l'esistenza della concorrenza non è del tutto irrilevante ai fini della soluzione della questione se un bisogno di interesse generale rivesta carattere non industriale o commerciale; che l'esistenza di una concorrenza articolata, in particolare la circostanza che l'organismo interessato agisca in situazione di concorrenza sul mercato, può costituire un indizio a sostegno del fatto che non si tratti di un bisogno di interesse generale avente carattere non industriale o commerciale.
Alla luce di quanto precede devesi ritenere che il surriportatoD.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163,art.3, comma 26, che dà la definizione di organismo di diritto pubblico (essendo questa nozione autonoma del diritto comunitario), deve essere interpretato alla stregua della interpretazione data dalla giurisprudenza comunitaria alla definizione di organismo di diritto pubblico contenuta nelle direttive summenzionate di coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, forniture e lavori.
La norma predetta prevede tre condizioni perché ricorra la figura dell'organismo di diritto pubblico, condizioni che devono sussistere cumulativamente secondo la interpretazione data dal Giudice Comunitario, e precisamente: 1) che l'organismo (anche in forma societaria) venga istituito per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;2) che sia dotato di personalità giuridica; 3) che la sua attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo di amministrazione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
Il PST di ..., come risulta dal suo statuto, è una società consortile per azioni; quindi è soggetto dotato di personalità giuridica.
Risulta, altresì, dallo statuto, che detta società fu ed è costituita con partecipazione maggioritaria del capitale pubblico, che la nomina della maggioranza dei consiglieri fu ed è riservata per la maggioranza a soggetti rappresentativi di enti pubblici, che le azioni del 50,01% del capitale sociale sono possedute unicamente dagli Enti Pubblici territoriali e dalla Camera di Commercio di ..., nonché da ogni altro ente ed organismo pubblico costituente e non.
Risultano, pertanto, soddisfatte le condizioni di cui ai numeri 2 e 3 perché il PST di ... possa essere considerato un organismo di diritto pubblico soprattutto per le finalità di interesse generale come sopra specificato.
Ma secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità Europee, tutti i requisiti indicati ai punti 1), 2) e 3) devono sussistere cumulativamente, perché possa configurarsi un organismo di diritto pubblico.
La verifica se detto Ente sia stato istituito per soddisfare esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, risiede nelle discipline riportate sia in premessa che in questa sezione.
La giurisprudenza del Giudice Comunitario ha chiarito che le esigenze di interesse generale vanno distinte in due categorie: esigenze aventi carattere industriale o commerciale ed esigenze che non hanno tale carattere ed ha indicato tutta una serie di indizi, che consentono di stabilire se le esigenze che devono essere soddisfatte rientrano nell'una o nell'altra categoria.
Posizione sostanzialmente analoga è quella sottesa agli orientamenti al riguardo della giurisprudenza del Consiglio di Stato.
Per la verità, con molto anticipo rispetto alle SSUU della Cassazione, ha preso atto e pienamente condiviso l’orientamento comunitario in tema di organismo di diritto pubblico.
Rileva a tal proposito, quale leading case, la sentenza 1478/1998 che, in merito alla spa interporto Toscano, riconoscendone la natura di organismo di diritto pubblico ha evidenziato che “… l’ordinamento comunitario ha inteso "snidare la pubblicità reale" che si nasconde sotto diverse forme prescindendo dal criterio della pubblicità formale ed optando per la pubblicità sostanziale del soggetto aggiudicatore. In altre parole la sottoposizione alle regole procedurali, mercé la qualificazione di un soggetto come pubblico ai fini degli appalti, finisce per prescindere dall’attribuzione della personalità giuridica pubblicistica da parte dello Stato nazionale e va a reggersi sul dato sostanziale relativo all’esercizio da parte dei poteri pubblici di un’influenza dominante sulla proprietà, sulla partecipazione finanziaria e sull’ordinamento dell’impresa…..”.
La classificabilità come organismo di diritto pubblico, ove non ricorrano ulteriori elementi tesi a comprovare una effettiva attrazione nell’orbita pubblicistica, anche per il C.d.S. comporta solo l’applicazione della normativa in tema di evidenza pubblica (attuale D.Lgs. 163/06, richiamato) in tema di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture.
Perché possa sostenersi la natura pubblica dell’ente societario occorre,infatti, che rilevi:
1) il perseguimento di una finalità pubblica;
2) l’impiego, quindi, di risorse di diritto pubblico;
3) la presenza di un regime giuridico in deroga rispetto a quello proprio della società di diritto commerciale.
Dalla lettura dell’Atto Costitutivo del PST di ... si legge che a costituirlo furono gli enti pubblici con l’Università degli Studi di ..., e la Camera del Lavoro Territoriale di ... ecc., all'art. 2 dello statuto (finalità) risulta che il PST di ... è a servizio anche delle altre provincie ed ha per oggetto di ottenere dalle Autorità di Governo l’ammissione ai benefici previsti dalle intese di programma in materia ( interesse nazionale e locale come sopra riportato nelle disposizioni richiamate), tra gli altri obiettivi si v. l’art. 2. Risulta, altresì, che per realizzare la finalità di costruzione è previsto che la società possa compiere una serie di attività e precisamente: a) promuovere iniziative tra imprese, enti, associazioni ed autorità pubbliche e private, per attivare studi e progetti di trasferimento tecnologico, ai fini formativi, di ricerca e innovazione tramite progetti generali ed esecutivi; b) di conseguenza il parco può accogliere nel suo ambito istituti e laboratori universitari, laboratori pubblici ecc.; c) compiere qualsiasi altra operazione necessaria o utile al raggiungimento dello scopo social consortile per lo sviluppo delle aree depresse per il Mezzogiorno.
Dal contenuto dello statuto emerge chiaramente che la società consortile in questione non è soggetto la cui attività si fonda su criteri di rendimento, di efficacia e di redditività, che non opera in un ambiente concorrenziale che deve sopportare direttamente i rischi economici connessi alle attività previste dall'oggetto sociale (il perseguimento dell'oggetto sociale è improntato, quindi, a criteri di economicità).
-Reinternalizzazione del servizio pubblico. Eventuale soluzione nel generale obiettivo del contenimento della spesa pubblica e criticità rilevanti in tema di finanza pubblica.
Stabilito il carattere partecipato pubblico del PST di ... occorre capire quale disciplina dovrà applicarsi ai lavoratori ricercatori in esso impiegati nel caso di liquidazione della società.
Premesso che appartiene alla sfera discrezionale della singola amministrazione la scelta concreta delle modalità gestionali più idonee a soddisfare le varie esigenze connesse alle finalità istituzionali, si rileva, a livello normativo, un indirizzo progressivamente più restrittivo in relazione all’affidamento di incarichi esterni alle amministrazioni e, in particolare in ordine al processo di esternalizzazione dei servizi propri degli enti territoriali.
Partendo da questa premessa va esaminata la normativa recente in tema di finanza pubblica da cui non è possibile prescindere se si vuole procedere ad una reinternalizzazione di personale di ente partecipato.
Occorre, quindi, intraprendere un breve excursusnormativo della materia partendo dalla gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica, disposizioni che riconducono la disciplina anche agli enti partecipati con capitale non interamente pubblico, ovvero, possiamo riportare da subito le disposizioni di cui all’art. 23 bis, legge n. 133/2008 (e dal D.P.R. 168/2010), sostanzialmente rielaborate nell’art. 4, legge n. 148/2001, che ha ridisegnato il quadro normativo concernente le procedure di conferimento della gestione a privati. Le nuove regole, nel confermare il precedente sistema hanno esteso alle società a partecipazione pubblica, anche minoritaria, l’obbligo di adottare con propri provvedimenti criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi di cui al d.lgs. n. 165/2000. Tale nuovo quadro ordinamentale - sostanzialmente improntato ad un disfavore verso l’affidamento all’esterno di servizi e attività, però considerate non strategiche (o comunque non compatibili con le finalità istituzionali dell’ente locale) ha avuto ragione soprattutto per l’attuale contingenza, ad un più ampio sforzo di contenimento delle spese correnti del settore, diretto ad evitare il rischio di un ulteriore peggioramento dei saldi di finanza pubblica.
Si tratta di un obiettivo cui sostanzialmente rispondono anche i principi generali che ispirano il legislatore in materia di spese per il personale degli enti locali che soggiacciono ai vincoli del patto di stabilità interno. Le disposizioni attualmente vigenti prevedono infatti, da un lato, l’obbligo di ridurre annualmente la spesa per il personale (commi 557, 557 bis e 557 ter dell’art. 1 della legge 296/2006 come successivamente più volte modificato) e, dall’altro, la necessità di rispettare un rapporto strutturale tra spese del personale e spese correnti, cui si riconduce la possibilità di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 20 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente. Ai fini del computo di detta percentuale si calcolano anche le spese sostenute dalle società a partecipazione pubblica locale che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale non avente carattere industriale né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica (art. 20, comma 9 del DL n. 98/2011, convertito dalla legge n. 111/2011).
Le disposizioni si riferiscono principalmente a società svolgenti compiti o servizi di scarsa rilevanza per gli enti certamente non paragonabili alle finalità di ricerca come quelle attività svolte dal PTS.
Una reinternalizzazione delle attività e dei servizi alla luce delle modifiche introdotte dal citato art. 20, comma 9 del DL n. 98/2011 (convertito dalla legge n. 111/2011) e, più in generale, dell’avviato processo di consolidamento dei conti degli enti locali con quelli dei propri enti ed organismi strumentali, aziende, società controllate e partecipate, dovrebbe essere improntata su alcuni criteri che dovrebbero seguire gli enti locali nel confrontare il volume della spesa per il personale riferita ad annualità diverse e sostenuta in differenti forme organizzative (gestione diretta o gestione esternalizzata) riconducendo ad omogeneità le due grandezze da comparare, attraverso una riclassificazione delle voci, tale da verificare se si è in presenza di una politica di contenimento ovvero di espansione.
Detta operazione sarebbe di contenimento se si valuta la prospettiva degli introiti di derivazione comunitaria, statale e regionale (da cui non si può non prescindere trattandosi di materia relativa alla ricerca scientifica e tecnologica) rispetto al costo degli stipendi per i ricercatori che andrebbero ricollocati al massimo di due per ogni ente locale o altra società territoriale.
Ciò consentirebbe di valutare il rispetto dei vincoli finanziari e assunzionali sulla base del consolidamento delle voci di spesa del personale e, conseguentemente, di una dotazione organica complessiva – nel caso in cui l’esternalizzazione si stia sopprimendo o riducendo, comparando il tutto con la sterilizzata dotazione organica del personale degli enti locali coinvolti e ciò in misura omogenea alla riduzione delle funzioni esternalizzate.
Dovrebbero restare in ogni caso interamente vigenti – sia pur riferiti alle voci consolidate – gli attuali vincoli imposti alle autonomie territoriali quali: il rispetto del patto di stabilità interno, la progressiva riduzione della spesa corrente (art. 1, comma 557, della legge 296/2006 e successive modifiche), il rapporto tra le spese di personale e le spese correnti inferiore al 50 per cento (art. 76, della legge 133 del 2008, e successive modifiche), il limite alle assunzione nell’ambito del 20 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente.
Per le società a non a totale partecipazione pubblica le modalità di calcolo della spesa di personale degli enti e delle società partecipate deve essere rapportato all’art. 18, comma 1 della legge 133/2008, come integrato dall’art. 4, comma 17 del DL n. 138/2011, convertito dalla legge n. 148/2011;
Il testo vigente, a seguito delle modifiche ed integrazioni introdotte dall’art. 19 della legge n. 102/2009, è il seguente:
Art. 18. Reclutamento del personale delle società pubbliche.
1. A decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
2. Le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità.
2-bis. Le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale si applicano, in relazione al regime previsto per l'amministrazione controllante, anche alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Le predette società adeguano inoltre le proprie politiche di personale alle disposizioni vigenti per le amministrazioni controllanti in materia di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro il 30 settembre 2009, sono definite le modalità e la modulistica per l'assoggettamento al patto di stabilità interno delle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica.
La norma sottopone ai limiti del patto di stabilità interno in relazione al regime previsto per l'amministrazione controllante, anche alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo, che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica.
La norma avrebbe dovuto condizionare le società partecipate con le caratteristiche previste alla sua applicazione (dal momento della sua vigenza, quindi dal novembre 2009) al rispetto delle norme disciplinanti il patto di stabilità ed i relativi limiti alle assunzioni applicate ai Comuni soci.
Tuttavia, l’art. 18, comma 2-bis della legge n. 133/2008, per essere attuato richiede l’emanazione di un decreto interministeriale che, ad oggi, non risulta essere stato ancora adottato.
L’art. 18 della legge n. 133/2008, come modificato e integrato dall’art. 19 della legge n. 102/2009, ha valenza generale e, soprattutto, e va riportato in combinazione con quanto disposto dall’art. 23-bis della stessa legge n. 133/2008, il quale stabiliva al comma 10, nel testo da ultimo modificato dall'art. 15, comma 1, lett. e) e f), del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, che “il Governo, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni ed entro il 31 dicembre 2009, sentita la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, nonché le competenti Commissioni parlamentari, adotta uno o più regolamenti, ai sensi dell’ articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di: a) prevedere l’assoggettamento dei soggetti affidatari cosiddetti in house di servizi pubblici locali al patto di stabilità interno, tenendo conto delle scadenze fissate al comma 8, e l’osservanza da parte delle società in house e delle società a partecipazione mista pubblica e privata di procedure ad evidenza pubblica per l’acquisto di beni e servizi e l’assunzione di personale”.
Il d.P.R. n. 168/2010, attuativo dell’art. 23-bis della legge n. 133/2008, ha previsto all’Art. 5, un Patto di stabilità interno e contestualmente all’art. 7, ha disciplinato le modalità di assunzione di personale da parte delle società «in house» e delle società miste.
Tuttavia, la sentenza della Corte Costituzionale n. 325 del 3-17 novembre 2010, ha dichiarato una sola parte dell'art. 23-bis della legge n. 133/2008 costituzionalmente illegittima: proprio quella relativa al comma 10, inerente, tra le materie oggetto del regolamento, la disciplina della sottoposizione delle società partecipate al patto di stabilità.
La Corte Costituzionale ha infatti affermato che è fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento alla prima parte della lettera a) del comma 10 dell’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, in cui si prevede che la potestà regolamentare dello Stato prescriva l’assoggettamento dei soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali al patto di stabilità interno.
L’ambito di applicazione del patto di stabilità interno attiene infatti alla materia del coordinamento della finanza pubblica (sentenze n. 284 e n. 237 del 2009; n. 267 del 2006), di competenza legislativa concorrente, e non a materie di competenza legislativa esclusiva statale, per le quali soltanto l’art. 117, sesto comma, Cost. attribuisce allo Stato la potestà regolamentare.
In riferimento alla seconda parte della lettera a), che stabilisce che la potestà regolamentare dello Stato prescriva alle società in house e alle società a partecipazione mista pubblica e privata di osservare «procedure ad evidenza pubblica per l’acquisto di beni e servizi e l’assunzione di personale», la Corte ha ritenuto la questione non fondata.
Da ciò ne discende quindi che le Società affidatarie (dirette) di servizi pubblici locali, sia in house sia miste, sono tenute a dotarsi di regole “pubblicistiche” per le gare (e questo resta disciplinato dall’art. 6 del d.P.R. n. 168/2010) e per le assunzioni di personale (come previsto dall’art. 7 del d.P.R. n. 168/2010, con rinvio ai principi dell’art. 35, comma 3 del d.lgs. n. 165/2001),ma non sono tenute a rispettare i limiti del patto di stabilità interno, in quanto per le stesse il quadro normativo specifico è venuto meno.
Ciò sta a significare che per i lavoratori del PST di ..., in assenza di norme specifiche sull’assoggettamento al patto di stabilità delle società affidatarie sembrerebbe essere fatte salve le procedure di assunzione, a qualsiasi titolo, realizzate entro il 31 dicembre 2010 (tutti i ricercatori infatti risultano assunti da oltre 10 anni), salva la necessità di una valutazione (allo stato del tutto teorica) delle implicazioni prima richiamate per quanto riguarda le limitazioni all’assunzione di personale desumibili dal sistema normativo applicabile agli enti locali partecipanti. Si configura pertanto, a nostro avviso, una rinegoziazione del rapporto di lavoro per i ricercatori del PST.
Allo stato l’interpretazione rigorosa al patto di stabilità interno operato dall’attuale giurisprudenza delle Corti dei Conti (tra l’altro anch’essa combattuta tra una linea interpretativa permissiva e l’atra di rigore), non è altro che lo spettro speculare di disposizioni vincolistiche assai variegate in materia di spese del personale.
Da un lato quindi è ammesso il transito del personale che, transitando dai ruoli dell’ente locale, si presume sia stato assunto nel rispetto delle procedure selettive pubbliche previste dalla legge per l’instaurazione del rapporto di pubblico impiego art. 4, D.Lgs. 09/07/1998 n. 283, come integrato dall’art. 9, D.Lgs. 31/05/2010, n. 78, dall’altro, per il personale assunto con regole della società partecipata sulla base di procedure aperte di selezione pubblica, dovrà tener conto dell’interpretazione dell’art. 18, comma 1 della legge 133/2008, come novellato dall’art. 4, comma 17 del DL n. 138/2011 convertito dalla legge n. 148/2011, alla luce della dichiarazione d’incostituzionalità n. 325, del 3-17 novembre 2010, come sopra evidenziato.
Da qui occorre partire per ritenere che gli enti partecipati di una società come il PST per il transito dei lavoratori, in caso di estinzione della società, dovrà usare le disposizioni non solo dell’art. 18 richiamato ma anche della L. 24/12/2007, n. 244, art. 3, co. 90, il quale stabilisce che:
Fermo restando che l’accesso ai ruoli della pubblica amministrazione è comunque subordinato all’espletamento di procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge e fatte salve le procedure di stabilizzazione di cui all’articolo 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per gli anni 2008 e 2009:
a) le amministrazioni dello Stato, omissis … ;
b) le amministrazioni regionali e locali possono ammettere alla procedura di stabilizzazione di cui all’articolo 1, comma 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, anche il personale che consegua i requisiti di anzianità di servizio ivi previsti in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007.
Che va coordinato alla L. 27/12/2006, n. 296, co. 558, che statuisce:
A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli enti di cui al comma 557 fermo restando il rispetto delle regole del patto di stabilità interno, possono procedere, nei limiti dei posti disponibili in organico, alla stabilizzazione del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché del personale di cui al comma 1156, lettera f), purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive.
Raccordato altresì con l’art. 76, comma 7 della legge n. 133/2008 (da ultimo modificata dalla legge n. 111/2011) che concede agli enti soggetti al patto di stabilità la possibilità di procedere alla assunzione di personale nel solo limite del 20 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente.
-Reinternalizzazione del servizio pubblico e eventuale trasferimento del dipendente nei ruoli dell’ente locale ex art. 2112 del cod. civ.
In giurisprudenza la ricostruzione non è l’unica prospettata, anzi soccorre un indirizzo comunitario che va affermandosi ma che è contrastato dai giudizi di conto.
A tal punto soccorre l’ulteriore possibilità di applicare ai lavoratori coinvolti nelle c.d. vicende circolatorie dal privato alpubblicoe viceversa, le garanzie proprie dell’istituto del trasferimento d’azienda exart. 2112 Cod. Civ., piuttosto che della normativa "specifica" di cui all’art.31,d.lgs. n. 165 del 2001, nonché i c.d. "meccanismi di gestione collettiva", attraverso le procedure di informazione e consultazione sindacale ex art.47,l. n. 428 del 1990. L’art.31,d.lgs. n. 165 del 2001,richiama la regolazione privata del trasferimento d’azienda anche per i "trasferimenti o conferimenti di attività svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati".
Alla luce della disciplina comunitaria cui risponde l’art. 2112 cod. civ., che per trasferimento d’azienda si intende qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conservi, nel trasferimento, la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato come prima detto ex art. 47, commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428”.
47.Trasferimenti di azienda.
1. Quando si intenda effettuare, ai sensi dell'articolo 2112 del codice civile, un trasferimento d'azienda in cui sono complessivamente occupati più di quindici lavoratori, anche nel caso in cui il trasferimento riguardi una parte d'azienda, ai sensi del medesimo articolo 2112, il cedente ed il cessionario devono darne comunicazione per iscritto almeno venticinque giorni(20)prima che sia perfezionato l'atto da cui deriva il trasferimento o che sia raggiunta un'intesa vincolante tra le parti, se precedente, alle rispettive rappresentanze sindacali unitarie, ovvero alle rappresentanze sindacali aziendali costituite, a norma dell'articolo19dellalegge 20 maggio 1970, n. 300, nelle unità produttive interessate, nonché ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, resta fermo l'obbligo di comunicazione nei confronti dei sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi e può essere assolto dal cedente e dal cessionario per il tramite dell'associazione sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato. L'informazione deve riguardare:a) la data o la data proposta del trasferimento;b) i motivi del programmato trasferimento d'azienda;c) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori;d) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.
2. Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali o dei sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, il cedente e il cessionario sono tenuti ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti. La consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo.
3. Il mancato rispetto, da parte del cedente o del cessionario, degli obblighi previsti dai commi 1 e 2 costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'articolo28dellalegge 20 maggio 1970, n. 300.
4. Gli obblighi d'informazione e di esame congiunto previsti dal presente articolo devono essere assolti anche nel caso in cui la decisione relativa al trasferimento sia stata assunta da altra impresa controllante. La mancata trasmissione da parte di quest'ultima delle informazioni necessarie non giustifica l'inadempimento dei predetti obblighi.
In tema di giustizia comunitaria
Si v. T. Treu., Gli effetti delle trasformazioni sui rapporti di lavoro, in Problemi giuridici delle privatizzazioni (Atti del convegno Problemi attuali di diritto e procedura civile), Milano, 1994, pag. 46; M. Garattoni, Il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di un’impresa privata allo Stato: applicazione di norme di dirittopubblicoe riduzione della retribuzione, in Riv. It. Dir. Lav., 2005, II, pag. 760; G. De Simone, La "privatizzazione" dei servizi pubblici locali, tra norme speciali e disciplina del trasferimento d’azienda, in Lav. Dir., 2001, pag. 257; Ead., Modificazioni soggettive dei gestori di servizi pubblici locali e disciplina del trasferimento d’azienda. Prime riflessioni sul rapporto tra norme speciali e norme generali dopo ild.lgs. n. 18/2001, in Lav. Dir., 2002, pag. 181; S. Mainardi, D. Casale, Trasferimento di attività a soggetti pubblici o privati e passaggio di personale, in F. Carinci, L. Zoppoli (a cura di), Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, Torino, 2004, pag. 726; E. Menegatti, Pubbliche amministrazioni e trasferimento d’azienda nella giurisprudenza comunitaria (nota a Corte Giust. CE 4 giugno 2002, C-164/2000), in Lav. Giur., 2002, pag. 959; R. Romei, Trasformazione da entepubblicoa società per azioni e applicazione dell’art. 2112 c.c.(nota a Cass. 15 novembre 2003, n. 17318), in Riv. It. Dir. Lav., 2004, II, pag. 647.
In effetti la giurisprudenza comunitaria, a differenza di quella interna, propende per l’applicazione della disciplina del trasferimento d’azienda anche in assenza di un legame contrattuale diretto fra le parti.Si v. Corte Giust. CE 20 novembre 2003, C-340/2001, Abler, in Lav. Giur., 2004, pag. 27, con nota di D. Casale, Trasferimento d’azienda e appalti tra Corte comunitaria e legislazione nazionale, e in Riv. It. Dir. Lav., 2004, II, pag. 463, con nota di M. Borzaga, Trasferimento d’azienda e successione di contratti di appalto, prima e dopo ild.lgs. n. 276/2003, tra diritto comunitario scritto e giurisprudenza della Corte di Giustizia, e ivi ampi richiami; Corte Giust. CE 25 gennaio 2001, C-172/1999, in Dir. Lav., 2001, II, pag.160; Corte Giust. CE 26 settembre 2000, C-175/1999; Corte Giust. CE 10 dicembre 1998, C-173/1996, in Dir. Merc. Lav., 1999, pag. 515. Per una rassegna v. E. Gragnoli, Contratti di appalto di servizi e trasferimento d’azienda, in Dial. Dottr. Giur., 2004, pag. 206 il quale nota che "non a caso, le sentenze della Corte di Giustizia che riportano al trasferimento d’azienda il subingresso del nuovo appaltatore non solo sottovalutano il riferimento alla "cessione contrattuale", ma sopravvalutano anche l’elemento dell’esercizio dell’impresa rispetto a quello del trasferimento dell’azienda"; M. Novella, M.L. Vallauri, Il nuovoart. 2112 c.c.e i vincoli del diritto europeo, in Giorn. Dir. Lav. Rel. Ind., 2005, pag. 186 e segg.
Tale orientamento, viene accolto recentemente anche dalla Suprema Corte di Cassazione in alcune decisioni, che, con riguardo appunto alla fase dell’internalizzazione, ossia dell’acquisizione nella pubblica amministrazione di un servizio prima ceduto all’esterno, conferma l’orientamento secondo cui la disciplina del trasferimento d’azienda, anche nella versione successiva ald.lgs. n. 276 del 2003,sarebbe applicabile non solo ai trasferimenti aventi natura volontaria, ma finanche a quelli riconducibili a un provvedimento della pubblica amministrazione.
Di recente Cass. 10 marzo 2009, n. 5708, in Orient. Giur. Lav., 2009, pag. 89; Cass. 9 gennaio 2008, n. 199, in Riv. Crit. Dir. Lav., 2008, pag. 191; App. Milano 9 febbraio 2004, in Lav. Giur., 2004, pag. 908; Cass. 20 settembre 2003, n. 13949, in Mass. Giur. Lav., 2003, pag. 914, con nota di F. Binocoli, Applicabilità dell’art. 2112 c.c.all’ipotesi di trasferimento d’azienda per atto autoritativo della p.a., e in Riv. It. Dir. Lav., 2004, II, pag. 404 con nota di I. Senatori, Successione in appalto di servizi e trasferimento d’azienda tra ratio comunitaria e riforma del mercato del lavoro italiano. Nel caso trattato, si è applicato l’art. 2112 Cod. Civ.ai dipendenti della Polesine bus s.p.a., sciolta e messa in liquidazione, alla quale era stata revocata la concessione per l’esercizio del trasportopubblico, ma la cui attività veniva proseguita dalla Cooperativa trasporti Rovigo s.r.l., che prendeva in comodato e, successivamente, in affitto i mezzi già utilizzati dalla prima società. Analogamente, in un caso relativo allo scioglimento d’azienda di trasportopubblicoe sua sostituzione con due distinte aziende, v. Pret. Pisa 7 novembre 1988, in Riv. It. Dir. Lav., 1989, II, pag. 500, con nota di V.A. Poso. Contra, Cass. 26 febbraio 2003, n. 2936, Guida Dir., 2003, n. 13, pag. 41; Cass. 24 febbraio 2003, n. 2796, in Arch. Civ., 2003, pag. 1358; Cass. 21 gennaio 2002, n. 572, in Not. Giur. Lav., 2002, pag. 259; Cass. 30 agosto 2000, n. 11423, in Mass. Giur. Lav., 2000, pag. 975, sulla cessione di un serviziopubblicodal Comune ad un’azienda di nuova istituzione; Cass. 25 luglio 2000, n. 9764; Cass. 25 gennaio 1999, n. 672, in Riv. It. Dir. Lav., 1999, II, pag. 785 e in Mass. Giur. lav., 1999, pag. 382, sulla requisizione dell’azienda; Cass. 25 maggio 1995, n. 5754, ibidem, 1996, II, pag. 186; Cass. 29 aprile 1994, n. 4140; Cass. 30 marzo 1987, n. 3076.
Al riguardo, comunque, è bene ricordare che la Corte di Giustizia in riferimento alla fattispecie del trasferimento ad un Comune di un’attività precedentemente svolta, nell’interesse di quest’ultimo, da una persona giuridica di diritto privato, aveva ritenuto applicabile la disciplina comunitaria del trasferimento d’azienda "sempreché l’entità ceduta conservi la propria identità" e aveva identificato alcuni criteri per individuare l’oggetto del trasferimento. Secondo la Corte europea, infatti, "la mera circostanza che l’attività esercitata dal precedente e dal nuovo imprenditore sia analoga non consente di concludere che si tratti di trasferimento di un’entità economica. Infatti, un’entità non può essere ridotta all’attività che le è affidata. La sua identità emerge anche da altri elementi quali il personale, la dirigenza, l’organizzazione del lavoro, i metodi di gestione nonché, se del caso, i mezzi di gestione a sua disposizione".
Cfr. Corte Giust. CE 26 settembre 2000, C-175/99, Didier Mayeur contro Association Promotion de l’information messine (APIM), in Racc., 2000, pag. I-07755, in Foro It., 2001, IV, col. 154; analogamente v. Corte Giust. CE 14 settembre 2000, C-343/98. Collino e Chiappero, in Dir. Lav., 2000, II, pag. 461. Sull’applicazione della dir. n. 77/187 al trasferimento di un’impresa, esercitata da un entepubblicointegrato nell’amministrazione dello Stato, ad una società di diritto privato a capitalepubblico; Corte Giust. CE 11 novembre 2004, C- 425/02, Timmermans, in Riv. It. Dir. Lav., 2005, II, pag. 760.
Peraltro, con riferimento all’ordinamento italiano, tale principio sicuramente condivisibile dal punto di vista della qualificazione della fattispecie può sollevare non pochi problemi in riferimento alla disciplina. Ciò perché, negli effetti, il passaggio di dipendenti da un datore di lavoro privato ad unopubblicosembra inevitabilmente scontrarsi, come prima specificato, con il vincolo costituzionale dell’accesso agli impieghi pubblici mediante concorso. Non a caso la Corte dei Conti dopo avere adottato un orientamento restrittivo sull’applicazione diretta dell’art. 2112 Cod. Civ.alle ipotesi direinternalizzazionedi un servizio nella P.A., di recente ne ha precisato limiti e condizioni di ammissibilità.
Tuttavia, di tali questioni la Cassazione argomenta esclusivamente sulla legittimità dell’applicazione della disciplina derogatoria del trasferimento d’azienda in crisi, ricorrendo l’ipotesi di fallimento, mentre il suo giudizio non appare in alcun modo condizionato dal fatto che ciò abbia determinato il passaggio dei dipendenti da un regime "privatistico" a uno "pubblico", né dalla recente riforma al disposto dell’art.47, comma 5, dellal. n. 428 del 1990, ex art.19 quaterd.l. 135 del 2009, seguita alla condanna dell’Italia per inadempimento della disciplina comunitaria.
In particolare, quanto ai presupposti, la Cassazione 21 marzo 2001, n. 4073, si limita a indicare operante la deroga all’art. 2112 Cod. Civ.in caso di fallimento anche qualora l’attività dell’impresa ceduta non fosse cessata, purché sia sul punto di volgere al termine, mentre, sul piano degli effetti, precisa che la ratio della disciplina derogatoria di salvaguardare l’occupazione "attraverso il riconoscimento della continuità materiale e non giuridica delle prestazioni lavorative", si realizza mediante l’estinzione automatica dei pregressi rapporti lavorativi e la riassunzione ex novo dei lavoratori. Pertanto, nel caso de quoil passaggio del personale dovrebbe essere preceduto dalla "creazione dei corrispondenti posti in organico", ma ciò "non significa che tali posti dovranno essere creati nel rispetto del precedente inquadramento".
Gli effetti del trasferimento sul rapporto di lavoroinvestirebbero la questione, che, sul piano dell’autonomia individuale, può rinviare anche alla più generale problematica della rilevanza del consenso dei lavoratori al trasferimento come natura gestionale dell’accordo, che può disporre anche di diritti individuali, senza la ratifica espressa o tacita dei lavoratori non aderenti ai sindacati stipulanti.
Analogamente in tal senso sembrano deporre alcune previsioni contrattuali del "compartopubblico" che stabiliscono, accanto ai casi di revoca per ragioni soggettive, per l’accertamento negativo dei risultati di gestione, anche ipotesi di revoca subordinate alla presenza di "motivate ragioni organizzative e produttive". Infatti, tali disposizioni tendono a bilanciare le esigenze di flessibilità sottese all’arretramento degli organi politici dalla gestione concreta dei processi di trasformazione e le finalità di tutela del personale dirigenziale.
Come si è detto, nel caso de quo, rispetto alla "sfuggente" pratica di controllo dell’an delle vicende circolatorie fra soggetti "privati" e "pubblici", la tutela dei lavoratori può, anzi deve, essere fatta passare dall’attivazione delle tecniche di partecipazione sindacale per la definizione delle relative modalità operative.
Ne deriva, con una tecnica mutuata dal settore privato, la c.d. "procedimentalizzazione" dei poteri gestionali e di "controllo" della fattispecie, che, in un settore come questo, particolarmente "tormentato", costituisce una condizione importante per il successo di relazioni industriali più partecipative e meno conflittuali.
Al riguardo, infatti, la rilevanza che lo stesso art.47dellalegge n. 428 del 1990, in tema di obblighi di informazione e consultazione nel trasferimento d’azienda (come richiamato, per il settorepubblico, dall’art.31,d.lgs. n. 165/2001), accorda all’autonomia collettiva rispetto a quella individuale, "chiamando la prima, ma non anche la seconda, a "gestire" gli effetti del trasferimento d’azienda sul piano del rapporto di lavoro", incrementa la funzione di garanzia delle parti sociali. Così è in questa sede di partecipazione che in casi simili sono stati affrontati i problemi e le ricadute occupazionali delle politiche di decentramento ed è stato avviato un confronto per la realizzazione di un più efficace ed efficiente sistema di tutele per i lavoratori coinvolti.
Peraltro, ad una analisi dettagliata, sembra che il richiamo della disciplina legale di informazione e consultazione assuma in questo ambito connotati del tutto peculiarievidenziati solo incidentalmente nella pronuncia in esame(sulla procedura sindacale ex art.31,d.lgs. n. 165/2001, v. Trib. Trieste 15 dicembre 2000, in Lav. Giur., 2001, pag. 263).
Da tale ricostruzione normativa e giurisprudenziale è chiaro che, in ordine all’individuazione dei soggetti collettivi da coinvolgersi nella comunicazione, accanto al problema della misurazione della "rappresentatività, il mutamento della natura giuridica comporta, o potrebbe comportare, durante la fase di transizione, la delegittimazione (formale o sostanziale) dei precedenti organismi collettivi (nel nostro caso della FIOM) e ciò in relazione sia a quelli sindacali sia a quelli datoriali" (si può immaginare che il requisito della "rappresantività", possa essere misurato nel settore delpubblicoimpiego con i criteri previsti ai fini dell’ammissione alla contrattazione collettiva e della facoltà di costituire r.s.a., ex artt.43, co. 1e42, comma 2,d.lgs. n. 165 del 2001, cfr. S. Mainardi, D. Casale, op. cit., pag. 739).
Quanto ai contenuti, anche in relazione all’obbligo di motivazione del provvedimento macroorganizzativo su cui si basa la procedura, le rappresentanze sindacali o i singoli lavoratori potrebbero preventivamente (o contestualmente) valersi degli strumenti del diritto di partecipazione e di intervento (ex artt.7 e segg.,l. n. 241 del 1990).
Come noto, la fase successiva (eventuale) di esame congiunto attiva la consultazione circa alcuni presupposti fondamentali per la gestione della fattispecie, potendosi stabilire, in tale contesto, modalità di regolazione della fase di transizione, definendo i trattamenti collettivi economici e normativi applicabili, individuando il personale da trasferire, riconoscendo rispettivamente garanzie ulteriori o deroghe rispetto all’art. 2112 Cod. Civ.Sul punto alcune sentenze richiamano ai principi di buona fede e correttezza inducendo a ricordare che, oltre questi limiti non sembra, invece, ammissibile un sindacato sulla decisione organizzativa, che, a monte, deriva sempre da un atto di natura politico-amministrativa. Naturalmente agli effetti del passaggio tra privato al pubblico, gli obblighi di informazione e consultazione sindacale nel trasferimento di azienda, vanno sempre rispettati per la tutela del lavoratore nella circolazione della società (si v. sul punto, Trib. Milano 14 gennaio 2003, in Lav. Giur., 2003, pag. 693; Cass. 4 gennaio 2000, n. 23, in Dir. Lav., 2000, pag. 405), la cui inosservanza potrebbe condurre all’inefficacia dell’atto finale volto ad incidere sulle posizioni dei lavoratori".
-Alternativa per l’inserimento della società in un piano strategico regionale o nazionale.
Èda segnalare attualmente una inversione di tendenza per quanto riguarda il disimpegno pubblico relativamente alle società partecipate direttamente o indirettamente dagli Enti pubblici, società come sopra detto, soggette tout court al regime giuridico di diritto privato, ma con la peculiarità di essere governate dalla mano pubblica.
Dalla Legge Finanziaria 2007, i 4/5 delle società partecipate risultavano in perdita.
Come abbiamo visto fin qui, n passato il nostro Legislatore ha incentivato molto il ricorso allo strumento societario da parte degli Enti locali, sulla base dell’assunto (allora pacifico) che il disimpegno dei servizi locali mediante società di capitali avrebbe ottimizzato la gestione delle relative attività secondo criteri di efficienza ed economicità, incrementando sensibilmente il livello di qualità delle prestazioni fornite al pubblico.
In questa linea di pensiero si collocava, in primo luogo, l’art. 17, comma 51 della legge 15 maggio 1997, n. 127, che istituiva un procedimento agevolato di trasformazione in società per azioni delle aziende speciali mediante atto unilaterale del Consiglio comunale, mentre di lì a poco avrebbe fatto irruzione nell’ordinamento l’art. 35 della legge n. 448/2001, per inaugurare i primi tentativi di liberalizzazione dei servizi pubblici locali, ormai denominati per legge “servizi pubblici locali di rilevanza industriale”, nonché connotati dall’obbligo di affidamento mediante gara pubblica a favore delle società di capitali.
Circostanza, questa, che avrebbe ovviamente rappresentato un sicuro incentivo per trasformare le aziende speciali in società di capitali, in vista appunto della partecipazione di tali soggetti alle procedure competitive da indirsi a regime, una volta giunto a scadenza il periodo transitorio.
Attualmente il Legislatore ha effettuato una brusca virata e nel giro di pochi anni ha tramutato il favor legisverso le società a partecipazione pubblica locale nel divieto formulato dall’ art. 14, comma 32, 14, del D.l. 78/2010, di utilizzare lo strumento societario quale forma ordinaria di gestione dei servizi locali, inversione avvenuta sulla scorta delle decisioni delle Corti dei Conti che in più occasioni hanno additato l’esternalizzazione di servizi da parte degli Enti locali quale fenomeno di politica amministrativa finalizzato, il più delle volte, a garantire un rispetto formale, ma non certo sostanziale del Patto di stabilità interno e dei vincoli della finanza pubblica, tant’è che il Legislatore, ha disposto che “i contratti di servizio e gli altri atti posti in essere dalle Regioni e dagli Enti locali che si configurano elusivi delle regole del patto di stabilità interno sono nulli” (art. 20 del DL 98/2011 convertito con legge 111/2011).
Il quadro normativo si è ormai consolidato nelle severe prescrizioni imposte, da un lato con la conferma del termine del 31 dicembre 2012 – non oggetto di rinvio nell’ambito del decreto legge milleproroghe 2012 convertito in legge 24 febbraio 2012, n. 14 – entro cui le partecipate non più consentite (per i Comuni inferiori da 3.000 a 50.000 abitanti), dovranno essere messe in liquidazione dai Comuni e, dall’altro lato, si è prevista l’attribuzione di poteri speciali in capo al prefetto, il quale dovrà accertarsi che gli Enti territoriali interessati abbiano adottato, entro i termini stabiliti, le misure prescritte, dacché altrimenti potrà scattare la diffida a provvedere e, nel caso di inadempienza, la nomina di un commissario ad acta con poteri sostitutivi (art. 16, comma 28 della legge 148/2011).
In questo scenario istituzionale si dibattono i Comuni, all’affannosa ricerca di forme di aggregazione che, non è da escludere, nell’ambito delle scelte strategiche da assumere, il ritorno all’orientamento a proseguire e/o costituire le gestioni in essere mediante il modello
organizzativo delle aziende speciali, tanto più che per effetto del decreto liberalizzazioni in corso di conversione non si ravvisano ostacoli, per il momento, a utilizzare tali aziende per il disimpegno dei servizi pubblici locali che tradotto per il PST di ... potrebbe risultare utile trasformare una siffatta società (magari inglobando la stessa nell’ambito magari anche della Regione Campania), azienda che ha fini istituzionali per lo sviluppo e la ricerca scientifica, materia di interesse primario per lo sviluppo del territorio e dell’intera comunità locale.
Solo a titolo di recente aggiornamento va segnalata nel segno suindicato Il Consiglio di Stato, sez. 5a,con sentenza  n. 4586 del 3 settembre 2001, al fine di dirimere tali controversie sistematiche ha precisato alcune distinzioni fra aziende speciali e s.p.a. a partecipazione pubblica locale e precisa che tra le due sussistono importanti differenze.
L'azienda speciale ha natura di ente pubblico economico, strumentale, con autonomia imprenditoriale e, come per tutti gli enti economici, con copertura dei costi corrispondenti alla remunerazione dei fattori della produzione impiegati. L'azienda speciale è istituzionalmente dipendente dall’Ente locale ed è con esso legata da stretti vincoli - relativi alla formazione degli organi, agli indirizzi, ai controlli e alla vigilanza - al punto da costituire elemento del sistema amministrativo facente capo all'ente territoriale. La personalità giuridica non trasforma l'azienda speciale in un soggetto privato, ma la configura solo come un nuovo centro di imputazione di rapporti giuridici, distinto dal Comune e con una propria autonomia decisionale.
A tal riguardo, ai fini della natura pubblica di un soggetto la forma societaria assume veste neutrale ed il perseguimento di uno scopo pubblico non è in contraddizione con il fine societario lucrativo,
Le s.p.a. a partecipazione pubblica locale, tuttavia non si configurano, a differenza delle aziende speciali, come organi strumentali intimamente collegati all’ente territoriale che le ha costituite e devono partecipare, in concorrenza con altri soggetti privati, alle gare per l'appalto di pubblici servizi da svolgersi presso altri Enti locali.
Le aziende speciali, viceversa, non sono legittimate a partecipare, in concorrenza con altri soggetti privati, alle gare per l'appalto di pubblici servizi.
Ancora il  Consiglio di Stato, sez. IV,con sentenza  n. 122 dell’11 gennaio 2013,
ha dichiarato che nell’ambito delle società pubbliche occorre distinguere le società che svolgono attività d’impresa da quelle che esercitano attività amministrativa. Le prime sono assoggettate in linea di principio, allo statuto privatistico dell’imprenditore, le seconde allo statuto pubblicistico della P.A. (Cons. di Stato, IV sez. 20.marzo 2012, n. 1574).
Per stabilire quando ricorre l’una o l’altra ipotesi, occorre aver riguardo, 1. Alle modalità di costituzione, 2. Alla fase dell’organizzazione; 3. Alla natura dell’attività svolta; 4. Al fine perseguito. Per cui se manca il carattere del rischio d’impresa deve rientrare nella seconda categoria come società pubblica che svolge attività non economica.
Ciò non è di poco conto per quanto concerne i rapporti d’impiego per i dipendenti di dette società.
Ancora possiamo guardare alla nuova formulazione dell’art. 114 del d.lgs 267/00, modificato dalla L. n. 27/2012, ove al co. 5 stabilisce che a decorrere dall’anno 2013, le aziende speciali e le istituzioni sono assoggettate al patto di stabilità interno, con divieto o limitazioni alle assunzioni di personale.
Altra forma di esercizio associato è quello svolto dagli enti attraverso l’esercizio associato delle funzioni secondo gli ambiti territoriali di cui alla L. 328/00.
Distinguiamo così tra esercizio associato delle funzioni, con cui gli Ambiti territoriali programmano gli interventi sociali, raccogliendoli negli appositi Piani di zona, e la gestione associata degli stessi interventi e servizi.
La primaattività è svolta dai comuni in virtù di forme associative tra essi, ambiti territoriali con Convenzione intercomunale e Unione di Comuni, la seconda invece è svolta attraverso le società in house o l’Azienda speciale es. l.r.c. 15/12.
Infine, sulla posizione dei lavoratori all’interno di tutte queste entità non appare del tutto improponibile una domanda di stabilizzazione dei lavoratori secondo le attuali regole sulla spending review se si tratta di enti che rispettano i parametri di virtuosità all’uopo si cita la Cass. civ. Sez. Unite Ordinanza, 26/01/2011, n. 1778 (rv. 615779).
In materia di pubblico impiego privatizzato, i processi di stabilizzazione - tendenzialmente volti ad eliminare il precariato creatosi per assunzioni in violazione dell'art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 - sono effettuati nei limiti delle disponibilità finanziarie e nel rispetto delle disposizioni in tema di dotazioni organiche e di programmazione triennale del fabbisogno e sono suscettibili di derogare alle normali procedure di reclutamento limitatamente al carattere - riservato e non aperto - dell'assunzione. Ne consegue che l'amministrazione, nel caso in cui il personale da stabilizzare abbia già superato procedure concorsuali, non deve bandire alcun concorso ma solo dare avviso dell'avvio della relativa procedura e della possibilità per gli interessati di presentare la domanda, mentre, ove manchi tale presupposto e il numero dei posti oggetto della stabilizzazione sia inferiore a quello dei soggetti aventi i requisiti richiesti, può fare ricorso ad una selezione per individuare il personale da assumere, restando devolute le relative controversie alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Nelle suesposte considerazioni è il parere.
Avv. Luigi Ferrara