La disciplina del procedimento per il riconoscimento dell’equo indennizzo,contenuta in passato nel d.p.R. 20 aprile 1994 n.349, si trova ora nel d.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461.   Il procedimento è aperto dalla domanda del dipendente sottoposto al termine di decadenza di sei mesi dalla data dell’evento lesivo o da quella in cui il dipendente ne abbia percepito la gravità.   La conclusione del procedimento è segnata dalla pronunzia dell’amministrazione, su parere conforme del comitato di verifica delle cause di servizio, organo che ha sostituito il comitato per le pensioni privilegiate ordinarie.   Al suddetto comitato di verifica delle cause di servizio spetta di accertare il nesso di causalità tra il fatto lesivo e il servizio prestato.   L’esistenza della lesione o dell’infermità e le conseguenze prodotte sulla integrità fisica e psichica del dipendente sono invece verificate dalla Commissione medica ospedaliera composta da tre ufficiali militari ed avente sede presso l’ospedale militare. Il carattere vincolante del parere del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie veniva meno nel caso in cui esso fosse stato reso tardivamente ossia oltre i termini previsti dall’art. 16 della legge n. 241/1990 ed analoga conclusione dovrebbe essere affermata anche nel vigore della nuova normativa.     La Giurisprudenza ha chiarito che:   In tema di equo indennizzo, istituto introdotto per gli impiegati civili dello Stato dall'art. 68 d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, ed applicabile anche al personale delle Ferrovie in virtù del rinvio operato allo statuto dei dipendenti civili dello Stato dall'art. 209 l. 26 marzo 1958. n. 425, la presentazione della domanda nel termine previsto dall'art. 36 del d.P.R. n. 686 del 1957 costituisce un presupposto necessario per il riconoscimento della causa di servizio e, quindi, una condizione dell'azione, che, in quanto tale, deve essere provata da chi agisce in giudizio (Cassazione civile , sez. lav., 17 agosto 2004, n. 16045).   Il termine semestrale per la presentazione della domanda di riconoscimento di una infermità del pubblico impiegato come dipendente da causa di servizio decorre solo quando l'impiegato abbia avuto piena conoscenza degli effetti invalidanti collegati all'infermità stessa, benché alcune minori patologie che costituiscono un antecedente dell'infermità "de qua" gli fossero note in precedenza (Consiglio Stato, sez. IV, 26 luglio 2004, n. 5312).   La mera consapevolezza di essere affetto da una patologia non comporta per il dipendente l'onere di proporre la domanda nel termine semestrale, giacché, da un lato, sarebbe contrario a logica ritenere che il dipendente, appena abbia contratto una malattia, debba proporre la domanda di accertamento della causa di servizio esponendo con ciò l'amministrazione a una serie di domande di accertamento basate sulla mera insorgenza della malattia, senza alcun collegamento con la necessaria dipendenza di quest'ultima da causa di servizio, dall'altro, si deve considerare che l'art. 36 d.P.R. n. 686 del 1957, fa decorrere il termine semestrale non dalla mera conoscenza dell'infermità, bensì dalla consapevolezza della dipendenza di essa da causa di servizio e ciò proprio per evitare la proliferazione di procedimenti amministrativi palesemente infondati o basati sulla mera verificazione di una malattia ascrivibile ad eventi della vita quotidiana o comunque non riferibili al lavoro prestato (Consiglio Stato, sez. IV, 10 giugno 2004, n. 3720).   È consolidato il principio giurisprudenziale per cui l'individuazione del "dies a quo" per la presentazione della domanda di riconoscimento di un'infermità per causa di servizio va operata con riferimento non tanto ad un dato della realtà oggettivamente noto o conoscibile come è l'infermità in sè considerata, quanto ad un rapporto fra l'infermità stessa ed il soggetto portatore, privilegiando l'aspetto conoscitivo di quest'ultimo, rispetto al quale vengono in evidenza la conoscenza della natura della malattia, delle cause che vi concorsero e delle cause che la produssero così da fornire al dipendente la percezione, in concreto, della gravità del male (Consiglio Stato , sez. IV, 23 marzo 2004, n. 1474).   Il rispetto del termine di sei mesi dalla data di comunicazione del decreto di riconoscimento della dipendenza della menomazione da causa di servizio non è per sè stesso sufficiente al fine di conseguire il titolo al beneficio dell'equo indennizzo, occorrendo al riguardo anche la previa osservanza del termine di cui all'art. 36, d.P.R. 3 maggio 1957 n. 686, per la tempestiva denuncia dell'infermità (Consiglio Stato , sez. IV, 23 marzo 2004, n. 1474).     Ai fini dell'individuazione del "dies a quo" per la richiesta di liquidazione dell'equo indennizzo di cui all'art. 36 d.P.R. 3 maggio 1957 n. 686, occorre far riferimento al momento in cui l'interessato è venuto a conoscenza dell'esistenza dell'infermità e della sua gravità e non da quello in cui l'infermità si è in ipotesi cronicizzata a causa del mutamento delle condizioni di servizio (Consiglio Stato, sez. V, 08 ottobre 2002, n. 5338).      Il comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, sia per la sua composizione (tecnica e giuridica) e sia per la competenza specifica che gli è attribuita, è l'organo che è più in grado di cogliere se esista o meno un nesso eziologico tra l'insorgenza di una infermità ed il tipo di lavoro svolto nell'ambito di una p.a. Pertanto, la p.a., nel recepirne il parere, fa propria la motivazione dello stesso, che si intende recepita nel provvedimento di diniego (Consiglio Stato, sez. IV, 26 luglio 2004, n. 5331).   In tema di riconoscimento d'infermità per causa di servizio, l'amministrazione ha l'obbligo di motivare l'atto di diniego solo quando, in presenza di un contrasto tra il parere emesso dalla commissione medico-ospedaliera e quello espresso dal comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, la stessa disattenda quest'ultimo che, in effetti - in quanto momento di sintesi (anche per la variegata composizione fisica dell'organo) e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri apparati precedentemente intervenuti - vincola l'amministrazione (Consiglio Stato , sez. IV, 15 giugno 2004, n. 3967).     Il regime dell'accertamento della dipendenza da causa di servizio delle malattie o delle lesioni subite dal dipendente è retto dalla regolamentazione processuale e probatoria propria di questo istituto, e non vi è alcuna commistione con il parallelo sistema della verificazione dell'esistenza di malattia professionale, tabellata o no. In particolare, il lavoratore che intenda ottenere il riconoscimento della causa di servizio ed il relativo indennizzo è tenuto solo ad osservare un onere di allegazione, nel senso che la domanda deve contenere l'indicazione specifica dell'infermità denunziata, delle circostanze che concorsero a provocarla, delle cause che la determinarono e delle sue conseguenze sull'integrità fisica, e l'amministrazione convenuta non può legittimamente trincerarsi in un atteggiamento di mera contestazione, atteso che il suo comportamento anche processuale in questa fattispecie deve essere informato al principio di collaborazione e cooperazione. Ne consegue che, a fronte di una domanda del dipendente contenente l'allegazione dei fatti costitutivi della sua pretesa afferente al riconoscimento della causa di servizio, e alla passività della p.a. resistente, il giudice non può rigettare la domanda senza aver previamente attivato i poteri investigativi d'ufficio riconosciutigli dall'art. 421 c.p.c., al fine di tentare la ricerca della verità materiale (Cassazione civile, sez. lav., 22 giugno 2004, n. 11620). In tema di accertamento di infermità derivante da causa di servizio, l'organo di amministrazione attiva che interviene a conclusione del procedimento diretto alla concessione dell'equo indennizzo può esprimere il proprio giudizio finale con rinvio ab relationem al parere espresso dal comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (Consiglio Stato, sez. VI, 20 aprile 2004, n. 2214).   L'art. 11 d.P.R. 1 giugno 1979 n. 191, nel prevedere l'obbligo di liquidazione in capo all'ente locale datore di lavoro in favore dei dipendenti divenuti invalidi per causa di servizio, non ha inteso istituire una nuova prestazione previdenziale, ma ha esteso a detto personale, se non già soggetto all'assicurazione obbligatoria sugli infortuni sul lavoro presso il relativo Istituto nazionale, la disciplina dell'equo indennizzo ex art. 68, t.u. imp. civ. St. (d.P.R.10 gennaio 1957 n. 3). Pertanto, va escluso il cumulo fra rendita per infortunio sul lavoro e malattia professionale ed equo indennizzo, per cui l'art. 11 d.P.R. n. 191 del 1979, deve essere inteso nel senso che, ferma restando l'assicurazione obbligatoria per infortuni sul lavoro e malattie professionali per i dipendenti degli enti locali assicurati presso l'Inail a norma di legge, agli altri (soli) dipendenti non assicurati presso lo stesso istituto, perché non addetti a lavori soggetti all'assicurazione obbligatoria è esteso l'equo indennizzo previsto dalle norme sui dipendenti statali (Consiglio Stato, sez. V, 01 aprile 2004, n. 1741).