Importante decisione del Tribunale di Milano, Sez. Lavoro, sul tema della frequente elusione della normativa premiale sul ricorso al lavoro giovanile, e sulle sue conseguenze con riguardo al rapporto di lavoro sottostante.
E' fenomeno purtroppo non infrequente che si ricorra a forme di contratto di lavoro che consentono al datore di lavoro di tenere sotto precarietà, anche per anni, fedeli collaboratori, oltre tutto sfruttando possibili sgravi contributivi in quanto tali forme contrattuali solitamente sono state concepite per favorire l'occupazione giovanile.
E' il caso culminato con la sentenza n. 2095/2021 del 22/09/2021, con la quale il tribunale meneghino ha reso giustizia delle richieste, giuridiche ed economiche, di una c.d. guardia giurata, impiegata dalla propria società presso vari committenti, la quale, dopo un periodo iniziale di lavoro a tempo determinato, stipulava un contratto di lavoro a tempo intermittente, che veniva a scadenza a fine 2019. Dopo di che, continuava a lavorare senza mai ricevere il nuovo documento contrattuale (ma scoprendo più avanti che comunque la datrice di lavoro aveva depositato un  nuovo contratto a tempo intermittente). Questo fino a Marzo 2020. L'arrivo della pandemia da Covid 19 poneva definitivamente fine al rapporto contrattuale.

Ebbene, in pieno accoglimento delle tesi difensive del lavoratore, il tribunale ha ricordato chel’art. 13, comma 2, del d.lgs. 81/2015 prevede che: “il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni”.
Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha specificato che: “la mancanza di tale requisito, stante la sua rilevanza in relazione alla struttura del contratto e agli interessi pubblici sottesi, come sopra evidenziati, determina la nullità del negozio per contrasto con norme imperative di legge, ai sensi dell’art. 1418, comma 1, c.c., (cd. nullità virtuale) e, dall’altro, la possibilità di una conversione ex art. 1424 c.c., ove il negozio sia idoneo a produrre gli effetti di un’altra fattispecie e previo accertamento, riservato in via esclusiva al giudice di merito, della volontà delle parti” (Cassazione civile, Sez. Lav., 11.12.2020, n. 28345).

Nel caso di specie, all’epoca della stipula del primo contratto di lavoro intermittente il ricorrente aveva 29 anni. Sicchè, il tribunale ne ha dichiarato la nullità per superamento del limite ex art. 13, comma 2, del d.lgs. 81/2015 con conseguente conversione, sin dall’origine, a tempo indeterminato.

Corollario di tale operazione interpretativa del rapporto contrattuale è che la datrice dovrà riammettere il ricorrente in servizio e corrispondergli tutte le mensilità maturate dalla cessazione del secondo contratto a tempo intermittente, oltre alle differenze retributive sulle mensilità già corrisposte.