Provider condannato per violazione
del diritto d’autore commessa attraverso un sito web





Con la sentenza 2286/2004 il Tribunale di Catania affronta il tema della responsabilità del provider in ordine ad un illecito in materia di diritto d’autore commesso attraverso un sito web.


Più precisamente, il caso verteva sull’utilizzo di un’opera storiografica senza previa autorizzazione dell’autore nell’ambito di un sito ospitato e gestito dal provider per conto di terzo soggetto.



Il Tribunale ha dichiarato l’illegittimità del comportamento del provider inibendo a costui ogni futura utilizzazione dell’opera, senza tuttavia condannarlo anche al risarcimento del danno, in quanto non provato nel suo ammontare.



Il Giudice osserva preliminarmente che, con riguardo all’utilizzazione in rete delle opere tutelate dalla normativa sul diritto d’autore (L. 633/1941), “i file contenenti testi scritti, rinvenibili nella rete telematica in veste elettronica, godono senza dubbio della medesima protezione e tutela delle opere letterarie tradizionali in cui sono sempre convertibili, attraverso la stampa su materiale cartaceo, trattandosi comunque di attività intellettuale dell’uomo, a prescindere dalla natura del supporto veicolare dell’espressione artistica e dal giudizio di valore sull’apporto artistico”.



Il Tribunale ripercorre poi i principali orientamenti dottrinali e giurisprudenziali del passato sulla responsabilità del provider, per giungere infine all’esame della disciplina oggi contenuta nel D.L.vo 70/2003 di attuazione della direttiva europea 2000/31 sul commercio elettronico.



Il D.L.vo 70/2003, nel regolamentare la responsabilità dei “prestatori intermediari”, distingue com’è noto tra: attività di semplice trasporto (mere conduit); attività di memorizzazione intermedia e temporanea di informazioni effettuata allo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari che ne hanno fatto richiesta (caching); attività di memorizzazione di informazioni fornite dal destinatario del servizio, come la messa a disposizione di uno spazio server per siti o pagine web (hosting).



Il provvedimento sul commercio elettronico non introduce una specifica forma di responsabilità per i provider, bensì afferma che, ferma restando l’applicazione delle altre regole di diritto comune, per andare incontro a responsabilità extracontrattuale in ordine al fatto illecito commesso on-line dagli utenti, nei confronti del provider dovranno risultare insussistenti le condizioni espressamente previste dal medesimo provvedimento per ciascuna delle attività contemplate (artt. 14-17).



Con riferimento a tale disciplina, il Tribunale di Catania rileva che essa si caratterizza nel senso:



“a) della irresponsabilità del provider che si limiti a fornire la connessione alla rete: in altri termini, l’access provider è equiparato al gestore di una rete telefonica il quale non può certamente essere tenuto responsabile per gli illeciti commessi dagli utenti della rete stessa;



b) della responsabilità del provider che non si limiti a fornire la connettività, ma eroghi servizi aggiuntivi, dal caching all’hosting (content provider), nel qual caso la responsabilità è generalmente subordinata alla circostanza che il provider sappia che l’attività o l’informazione trasmessa o svolta suo tramite siano illecite; tanto, seppure con la espressa limitazione derivante dalla circostanza che non si possa imporre al prestatore di servizi un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni trasmesse e memorizzate né, tanto meno, un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite;



c) della distinzione tra la posizione del provider e quella dell’editore o del direttore responsabile e ciò proprio al fine di sottrarlo all’applicazione delle più severe regole di responsabilità che in genere valgono per questi soggetti”.



Il regime delineato – prosegue il Tribunale – “si traduce nella subordinazione della responsabilità del provider alla circostanza che questi sappia della illiceità dell’attività o dell’informazione o anche, semplicemente, della esistenza dell’attività o dell’informazione”.



La responsabilità del provider secondo il Giudicante si configura, quindi, alla stregua di una responsabilità soggettiva: colposa, allorché il fornitore del servizio, consapevole della presenza sul sito di materiale sospetto, si astenga dall’accertarne l’illiceità e, al tempo stesso, dal rimuoverlo; dolosa, quando egli sia consapevole anche della antigiuridicità della condotta dell’utente e, ancora una volta, ometta di intervenire.



Nel caso di specie, mentre il convenuto invocava la propria posizione di mero fornitore di un servizio di hosting al fine di andare esente da responsabilità ex art. 16 D.L.vo 70/2003, il Giudicante ha ritenuto invece tale fatto non provato, in virtù dell’onere probatorio gravante sul provider ex art. 2697 cod. civ., riconoscendo dunque la responsabilità extracontrattuale – per fatto proprio – di quest’ultimo.



Si legge in proposito nella sentenza che la società convenuta deve, quale proprietaria del dominio presso il quale veniva gestito e pubblicato il sito in questione, ritenersi responsabile dei materiali e degli scritti nello stesso inseriti secondo il regime di responsabilità che caratterizza il content provider, al quale incombe l’obbligo previo di controllare e verificare ogni eventuale profilo di lesività dei contenuti pubblicati nel sito dallo stesso creato, organizzato e gestito.