In caso di sinistro stradale, la Compagnia di assicurazione è tenuta a risarcire il danno da incapacità lavorativa, subito dal soggetto percettore di reddito.
Per il lavoro dipendente, tale danno deve essere calcolato, ai sensi dell'articolo 137 del Codice delle Assicurazioni, sulla base del reddito di lavoro, maggiorato dei redditi esenti e al lordo delle detrazioni e delle ritenute di legge, che risulta il più elevato tra quelli degli ultimi tre anni.
Per il lavoro autonomo, esso va calcolato sulla base del reddito netto che risulta il più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche negli ultimi tre anni.
Nei casi previsti dalla legge, fa fede l'apposita certificazione rilasciata dal datore di lavoro ai sensi delle norme di legge.
In tutti gli altri casi il reddito che occorre considerare ai fini del risarcimento non può essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale.
Sul punto, la Cassazione ha precisato che il criterio del triplo della pensione sociale non rappresenta una soglia minima del risarcimento dovuto.
In altre parole, devono individuarsi tre ipotesi:
  • se la vittima ha un reddito da lavoro, è quest'ultimo che va posto a base del calcolo;
  • se la vittima non ha un reddito da lavoro, la base di calcolo sarà il triplo della pensione sociale;
  • se la vittima ha un reddito da lavoro saltuario, la base di calcolo sarà il reddito effettivamente percepito, anche se inferiore al triplo della pensione sociale; tuttavia, se viene accertato che la vittima aveva ragionevoli possibilità di incrementare il reddito (ad esempio in ragione della giovane età o di altri elementi oggettivi che è onere del danneggiato dedurre), potrà allora disporsi un risarcimento superiore rispetto al reddito effettivo, in via equitativa.
La Cassazione afferma al riguardo i seguenti principi di diritto: "La liquidazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa, patito in conseguenza d'un sinistro stradale da un soggetto percettore di reddito da lavoro, deve avvenire ponendo a base del calcolo il reddito effettivamente perduto dalla vittima, e non il triplo della pensione sociale. Il ricorso a tale ultimo criterio, ai sensi dell'art. 137, cod. ass., può essere consentito solo quando il giudice di merito accerti, con valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità, che la vittima al momento dell'infortunio godeva di un reddito, ma questo era talmente modesto o sporadico da rendere la vittima sostanzialmente equiparabile ad un disoccupato" (Cassazione, sentenza del 4 maggio 2016, n. 8896).