La Corte di Cassazione, VI sez. civ., con l'ordinanza n. 17981 del 28 agosto 2020, ha accolto il ricorso di una persona danneggiata in un sinistro stradale a cui era stato negato il risarcimento. in quanto l’incidente non risultava “sufficientemente provato”. La Corte ha prrcisato che il testimone di un sinistro è attendibile anche se ricorda pochi dettagli, come il semplice colore dell'auto.L'uomo a bordo di una moto era stato urtato da una vettura immessasi sulla carreggiata dalla posizione di sosta senza alcuna segnalazione e senza concedere la precedenza. A seguito dell'urto, l'uomo cadeva sull'asfalto e subiva delle lesioni personali. Il conducente della autovettura era andato via senza neanche fermarsi a prestare il dovuto soccorso e la denuncia contro ignoti era stata archiviate per essere risultato ignoto l'autore del reato.Per questo motivo il danneggiato si rivolgeva al Fondo di Garanzia chiedendo il ristoro dei danni, ma la compagnia assicurativa designata si rifiutava di liquidare l’indennizzo, poiché l’unico testimone si limitava soltanto a rispondere ‘è vero’ alle articolate circostanze di fatto, non riuscendo a fornire alcun suo concreto ricordo dell’accaduto, come la descrizione esatta di modello e marca del veicolo ‘pirata’, ricordando solo il colore del veicolo.Con sentenza del 2012 il Tribunale rigettava la domanda, ritenendola non sufficientemente provata. Anche la Corte d'Appello con sentenza del 2018 aveva rigettato il gravame. La Corte territoriale, premesso che, in caso di sinistro causato da veicolo non identificato, la prova del fatto storico doveva essere valutata in modo più rigoroso, ha rilevato che correttamente il Tribunale aveva ritenuto la domanda sfornita della detta rigorosa prova. Nello specifico l'unico teste escusso si era limitato a rispondere "è vero" alle articolate circostanze di fatto, senza aggiungere alcun suo concreto ricordo e non era stata fornita alcuna descrizione del veicolo investitore, all'infuori di un labile riferimento al colore del mezzo. Il danneggiato, pertanto, ricorreva in Cassazione.La Suprema Corte, con l'ordinanza in esame, ha ribaltato la decisione accogliendo il ricorso del danneggiato. Per gli Ermellini, infatti, la deposizione del teste è invece rilevante. Infatti, se il testimone si limita soltanto a confermare la rispondenza al vero delle circostanze dedotte nei capitoli di prova, la colpa non è sua ma di chi non gli ha posto domande più specifiche (nella fattispecie i giudici), in altri termini non si può incolpare il teste di non aver fornito dettagli mai richiestigli.In tal senso l'ordinanza richiama in particolare Cass. 18896/2015, che, in motivazione, facendo riferimento ai principi di cui a Cass. S.U. 789/1963, ha precisato che "il giudice di merito non è un mero registratore passivo di quanto dichiarato dal testimone, ma un soggetto attivo e partecipe dell'escussione testimoniale, al quale l'ordinamento attribuisce il potere-dovere in primo luogo di sondare con zelo l'attendibilità del testimone, ed in secondo luogo di acquisire dal testimone (vuoi con le domande di chiarimento, vuoi incalzandolo, vuoi contestandogli contraddizioni tra quanto dichiarato ed altre prove già raccolte) tutte le informazioni ritenute indispensabili per una giusta decisione. Quel che invece il giudice di merito non può fare, senza contraddirsi, è da un lato non rivolgere al testimone nessuna domanda a chiarimento e non riconvocarlo; e dall'altro ritenere lacunosa la testimonianza perché carente su circostanze non capitolate, e sulle quali nessuno ha chiesto al testimone di riferire").Secondo i Giudici della Cassazione, inoltre, la scarsa considerazione della testimonianza appare incomprensibile anche in relazione alla circostanza che il teste ha ricordato solo il colore dell'auto investitrice, non potendosi invero pretendere da tutti il preciso ricordo anche del modello dell'auto.