L’art. 149,  comma 6,  del  Codice delle Assicurazioni Private  recita testualmente:  “ L’ impresa di  assicurazione  del  veicolo  del  responsabile  può  chiedere di  intervenire nel  giudizio  e può  estromettere l’altra impresa,  riconoscendo  la responsabilità  del  proprio  assicurato  fermo  restando,  in ogni caso, la successiva regolazione dei  rapporti  tra le imprese medesime  secondo  quanto  previsto  nell’ambito  del  sistema del  risarcimento  diretto “.
Occorre   chiarire il  contenuto  e significato  della norma: ovvero  la finalità  di  consentire l’intervento  in  giudizio  dell’impresa di  assicurazione del  veicolo  del  responsabile civile.
A prescindere dalle numerose pronunzie di  legittimità concordi nel  ritenere infondata l’eccezione sollevata ai  sensi  dell’art. 145 comma 2 CdA ed,  in particolare quella del Tribunale di Torino Sez. III – sentenza n. 57 del 04/01/2013 Giudice Dott.ssa Paola Ferrero  e quella del Giudice di Pace di Pomigliano D’Arco,  Ordinanza fuori udienza del 08/03/2007, si ritiene illuminante sul punto la  pronuncia della Terza Sezione Civile della Cassazione,  sent. del 5 maggio 2011 n. 9912 che, intervenendo in materia di azione per il risarcimento di danni causati dalla circolazione dei veicoli o dei natanti, ha chiarito come la rituale richiesta di risarcimento, quale condizione di procedibilità della domanda posta dall’art. 145 del D.lgs. 209/2005 a carico del danneggiato,  possa essere sostituita da altro atto equipollente che valga a realizzare lo scopo avuto di mira dal legislatore.  
Senza tralasciare di  ricordare che la ratio della previsione di cui al citato art. 145, che impone al danneggiato di inoltrare la richiesta di risarcimento all’istituto assicuratore a pena di improponibilità dell’azione giudiziaria, è quella di consentire alla compagnia di assicurazione uno spatium deliberandi di sessanta giorni ( in caso di danni a cose ), ovvero novanta ( in caso di danni alla persona ) al fine di favorire la risoluzione stragiudiziale di controversie aventi ad oggetto il risarcimento di danni.
Nella fattispecie portata alla sua attenzione, la Corte ha affermato che l’improcedibilità della domanda di risarcimento viene meno qualora l’istituto assicuratore  venga a conoscenza della richiesta di danno mediante raccomandata con ricevuta di ritorno inviata non dal danneggiato, bensì dal proprio cliente. Ove,  infatti,  detto istituto venga  a conoscenza della pretesa  risarcitoria mediante raccomandata a/r inviata dal proprio assicurato, deve ritenersi che la ratio della norma sia egualmente soddisfatta, essendosi in ogni caso posta la compagnia in  condizioni di procedere ad una valutazione e conseguente stima dei danni,  attivando  eventualmente una definizione bonaria  della lite attraverso la formulazione di un accordo con il  danneggiato  diretto a  prevenire  premature domande giudiziali, con conseguente dispendio economico.

In definitiva  secondo la Suprema  Corte,  che in merito  alla proponibilità  della domanda si  era già  pronunciata favorevolmente  con  Sentenza n. 22883  del 30/10/2007,   l’onere imposto al danneggiato può essere soddisfatto anche con atti equipollenti  a quello previsto dall’art. 145 D.Lgs. 209/2005, purché egualmente idonei a portare a conoscenza dell’assicuratore la circostanza dell’avvenuto sinistro e la volontà del danneggiato di essere risarcito, consentendole di valutare la responsabilità e la fondatezza delle relative richieste al fine di formulare una concreta offerta risarcitoria.