Nel caso di acquisto della cittadinanza per matrimonio con un cittadino italiano, l'art. 8, comma 2, della legge 5.2.1992 n. 91, prevede che "L'emanazione del decreto di rigetto dell'istanza è precluso quando dalla data di presentazione dell'istanza stessa, corredata dalla prescritta documentazione, sia decorso il termine di due anni", essendo possibile il rigetto dell'istanza solo in ipotesi specifiche di condanna per alcuni reati o per la sussistenza di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.

La legge quindi assegna all'amministrazione un termine perentorio di due anni per pronunciarsi sulla relativa istanza, con la precisazione che, una volta decorso tale termine, resta preclusa l'emanazione del decreto di rigetto della domanda di cittadinanza, venendo ad operare una sorta di silenzio assenso sulla relativa istanza dello straniero coniugato con un cittadino italiano, atteso che per effetto dell'inutile decorso del termine suddetto l'Amministrazione perde il potere di negare la cittadinanza.

In questi termini si è espresso, tra tutti, il Tar del Lazio con sentenza n. 2238 del 2009 e n. 3913 ancora del 2009.

Quali sono le conseguenze relativamente alla posizione soggettiva dell'istante? Si tratta di diritto soggettivo o interesse legittimo? E quali gli effetti in ordine alla competenza giurisdizionale?

Sulla base di tali premesse, la giurisprudenza ha ripetutamente affermato che in tema di acquisto della cittadinanza italiana "iuris communicatione", il diritto soggettivo del coniuge, straniero o apolide, del cittadino italiano affievolisce ad interesse legittimo solo in presenza dell'esercizio, da parte dell'amministrazione, del potere discrezionale di valutare l'esistenza di motivi inerenti alla sicurezza dello Stato che ostino a detto acquisto con la conseguenza che, una volta precluso l'esercizio di tale potere, a seguito dell'inutile decorso del termine o di tardivo rigetto della relativa istanza, sussiste il diritto soggettivo alla emanazione del decreto stesso per il richiedente, che può adire il giudice ordinario per far dichiarare, previa verifica dei necessari requisiti, che egli è cittadino italiano (cfr., sul punto, Cass. Civ., Sez. Unite, Sentt. 7-7-1993, n. 7441 e 27-1-1995, n. 1000; T.A.R. Lazio Sez. II Quater 28/3/07 n. 2727).

Ne consegue che, laddove sia spirato l'indicato termine per l'adozione del provvedimento espresso, e non sia stata prospettata l'insorgenza di alcun fatto idoneo eventualmente ad interrompere o sospendere il decorso del termine medesimo, la materia del contendere va sottoposta alla cognizione del giudice ordinario.

Avv. Francesco Boschetti