L'Ufficio immigrazione, se riscontra la carenza dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno, deve comunque valutare la possibilità di rilascio per motivi diversi da quelli indicati nella domanda, e in particolare per motivi familiari. Al riguardo, con la recentissima sentenza del 18 ottobre 2019, n. 12022, il TAR del Lazio ha dichiarato illegittimo il rifiuto del permesso di soggiorno, richiesto per motivi di lavoro autonomo, in quanto doveva considerarsi la possibilità di rilascio per motivi familiari.
Nel caso esaminato, l'interessato aveva prodotto all'amministrazione tutta la documentazione richiesta in sede procedimentale, ossia:
  • visura ordinaria CCIAA Latina; 
  • contratto di comodato d'uso gratuito relativo all'alloggio;
  • fotocopie leggibili di tutte le pagine del passaporto; 
  • situazione contabile desunta dalla documentazione fiscale di tutto il primo semestre 2017, redatta dal professionista con fotocopia del tesserino di iscrizione all'albo;
  • dichiarazione dei redditi Modello Unico 2017 con ricevuta dell'avvenuta trasmissione telematica della dichiarazione.
L'unico documento mancante, necessario ai sensi dell'articolo 9, comma 2 bis, del Decreto Legislativo n. 286/1998 ai fini del rilascio del permesso UE per soggiornanti di lungo periodo, era l'attestato dell'avvenuto superamento del test di lingua italiana, rilasciato dagli enti a ciò deputati.
Sebbene tale documento non sia stato prodotto, l'amministrazione avrebbe comunque dovuto valutare la possibilità di convertire la domanda di rilascio del permesso di soggiorno UE in altro tipo di permesso, in considerazione dei legami familiari del ricorrente, che vive in Italia unitamente alla moglie e due figli minori d'età, regolarmente frequentanti le scuole in Italia.
Il provvedimento quindi è stato dichiarato illegittimo per la mancata valutazione di tali circostanze.
Il TAR richiama anche la pronuncia della Corte Costituzionale del 18 luglio 2013, n. 202, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 5, del Decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, nella parte in cui prevede che la valutazione discrezionale in esso stabilita si applichi solo allo straniero che "ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare" o al "familiare ricongiunto", e non anche allo straniero "che abbia legami familiari nel territorio dello Stato", la norma in questione, e dunque, la valutazione discrezionale in ordine ai legami familiari che essa impone, deve trovare applicazione in tutte le ipotesi di istanza di permesso di soggiorno, non essendo circoscritta al solo caso di originaria titolarità di formale provvedimento di ricongiungimento familiare.
Dunque, l'amministrazione, a fronte della mancata sussistenza dei requisiti richiesti per il rilascio del permesso per soggiornanti di lungo periodo, avrebbe dovuto in ogni caso dare corretta applicazione:
  • della norma dell'articolo 5, comma 5, Decreto Legislativo n. 286/1998 che, così come interpretata dalla Corte Costituzionale, impone, in ogni caso, la valutazione dei legami familiari che lo straniero richiedente abbia nel territorio dello Stato;
  • della norma dell'articolo 5, comma 9, secondo cui "Il permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro sessanta giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente testo unico".
Analoghi principi vanno applicati in tema di espulsione dello straniero, dovendosi escludere la possibilità di espulsione in presenza di legami familiari in Italia.