Nella legislazione del Regno Unito il reato di immigrazione clandestina era già presente nell'Immigration Act del 1971. Si rende colpevole del reato lo straniero che entra nel Regno Unito in violazione di un provvedimento di espulsione o senza un titolo di ingresso oppure chi si trattiene oltre la validità del suo titolo di soggiorno o non rispetta le condizioni alle quali è stato rilasciato (section 24). È previsto un giudizio con rito abbreviato e come pena la detenzione sino a 6 mesi, un'ammenda, o entrambe. Un'ulteriore fattispecie, che tiene conto anche dei mutamenti legislativi a livello dell'Unione Europea, è stata introdotta con l'Asylum and Immigration Act del 2004 (section 2). Si rende responsabile di tale reato chi, ad un controllo, non risulta in possesso di un documento di immigrazione (un passaporto o un documento avente valore equivalente) valido che permetta di stabilire in maniera soddisfacente la sua identità. I controlli in Gran Bretagna avvengono tipicamente alle frontiere, visto che per antica prassi i controlli interni sui cittadini non esistono – così come i documenti di identità con rilevanza interna – e sono condotti non da un corpo di polizia di frontiera, ma da funzionari dell'immigrazione o del Ministero dell'Interno (Home Office). La medesima previsione si applica anche quando il soggetto non è in possesso di un documento per un minore a suo carico e con il quale sta viaggiando. Non si configura il reato se, a seguito di un controllo che avvenga dopo l'ingresso in territorio britannico, il soggetto è in grado di produrre entro tre giorni un documento valido. Del pari, non si configura il reato se il soggetto è cittadino dell'Unione Europea o di uno Stato appartenente allo Spazio Economico Europeo (SEE), oppure è membro della famiglia di un cittadino UE o dello SEE ed esercita un diritto previsto dai trattati comunitari o dagli atti derivati.

Sono poi definite una serie di cause di giustificazione (defences): provare che si ha un giustificato motivo per non essere in possesso di un documento valido; produrre un documento di immigrazione falso e dimostrare che ci si è serviti di quel documento per tutti gli adempimenti legati al viaggio verso il Regno Unito oppure dimostrare che si ha viaggiato fino al Regno Unito senza un documento di immigrazione, per tutta la durata del viaggio sin dalla partenza dal paese di origine. Le stesse cause di giustificazione si applicano al soggetto in relazione al minore che lo accompagna. È importante sottolineare che non si può opporre come scusante, in caso di mancato possesso di un documento valido, il fatto che il documento sia stato distrutto, a meno che ciò non sia avvenuto per cause di forza maggiore o per giustificato motivo. Si specifica che non può esserci giustificato motivo qualora l'obiettivo sotteso alla distruzione del documento sia: ritardare la gestione della domanda di ingresso o l'assunzione di una decisione ad essa inerente; accrescere le possibilità di un accoglimento della domanda; conformarsi alle istruzioni o ai consigli di persona che offra pareri o faciliti l'immigrazione nel Regno Unito, salvo che, nel caso specifico, non sia da ritenersi del tutto irragionevole non conformarsi a tali istruzioni o consigli. La pena prevista è fissata entro un massimo di due anni, o un'ammenda o entrambe, che si riducono a 12 mesi, o un'ammenda o entrambe in caso di rito abbreviato. È utile notare che nel Regno Unito, diversamente dall'Italia, non vige il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, in forza del quale l'Autorità Giudiziaria è tenuta a perseguire ogni crimine di cui ha notizia. Di conseguenza, l'operatività della fattispecie è, in concreto, limitata, essendo subordinata alla valutazione dell'opportunità di procedere, condotta alla luce dell'allarme sociale o della connessione strumentale del reato con altre fattispecie delittuose.

L'Autorità giurisdizionale può anche scegliere se tutelare il bene giuridico "integrità delle frontiere" attraverso lo strumento penalistico, oppure ricorrere al più agile strumento dell'espulsione amministrativa. In generale la misura dell'espulsione può essere disposta in via amministrativa dal Ministro degli Affari Interni (Secretary of State for Home Office) o far seguire una condanna penale. In questo ultimo caso la domanda di espulsione può essere richiesta dalla corte che si sia precedentemente pronunciata su una fattispecie penale. Competente in materia è sempre il Ministro degli affari interni, che si pronuncia con provvedimento amministrativo, contro il quale può essere presentato ricorso. Ampia è la discrezionalità del Ministro, che può tenere in considerazione anche circostanze individuali e la specifica situazione dello straniero, oltre che ragioni umanitarie. Per concludere, nel Regno Unito la presenza di apposite fattispecie criminose fornisce, tramite specifiche sanzioni, ulteriori strumenti per il contrasto dell'immigrazione clandestina, ma l'utilizzo di tali strumenti è sostanzialmente subordinato al perseguimento dell'obiettivo di fondo: l'allontanamento dal territorio dello Stato di chi vi è entrato o vi soggiorna illegalmente. La non obbligatorietà dell'azione penale consente di non restare vincolati all'impiego di misure penalistiche e di valutare di volta in volta se esse siano più efficaci, rispetto alle misure amministrative, per la tutela della "integrità delle frontiere".

Come già riportato, nel Regno Unito il quadro normativo di riferimento in materia di immigrazione è costituito dall'Immigration Act 1971 e dalle successive modifiche, tra cui l'Immigration Act 1988, l'Asylum and Immigration Act 1996, l'Immigration and Asylum Act 1999 e il Nationality, Immigration and Asylum Act 2002, l'Asylym and Immigration (Treatment of Claimants, etc.) Act 2004.

Vi sono, inoltre, altre disposizioni che disciplinano il controllo del fenomeno immigratorio: norme che estendono o restringono il diritto di residenza a particolari categorie di cittadini o la previsione di sanzioni a carico di chi fa entrare illegalmente stranieri privi dei documenti necessari. I casi non regolamentati dalla normativa (outside the rules) sono sottoposti alla discrezionalità delle autorità competenti in materia. In particolare il Ministero dell'Interno (Home Office) emana delle "instructions" dettagliate ai funzionari (the Immigration Directorate Instructions, Asylum Policy Instructions, and the Operational Guidance Manual) su come agire. Per aver un'effettiva e completa visione del quadro legislativo inglese in materia occorre, quindi, conoscere non solo le norme sull'immigrazione, ma anche la prassi del Ministero dell'Interno. Secondo la normativa vigente, lo straniero non appartenente ad un Paese membro del Commonwealth con diritto di ingtesso (right of abode) o ad uno Stato dell'Unione europea, necessita, per l'ingresso nel territorio del Regno Unito, di uno specifico permesso (entry clearance), rilasciato dal Border and Immigration Agency, l'agenzia dell'Home Office preposta alle procedure di controllo dell'immigrazione.

Il rilascio del permesso è regolato dall'Immigration Act del 1971, sections 3 e 4 (Immigration rules 7, 8) secondo cui per ottenere il permesso, titolo di durata variabile, il richiedente deve dimostrare di disporre di mezzi finanziari adeguati al mantenimento e di un alloggio suo e dei suoi congiunti, con esclusione del ricorso a sussidi pubblici, idoneo all'accertamento delle condizioni sanitarie (Immigration Act 1971, section 7), effettuato da un ispettore medico. Deve anche registrarsi presso gli uffici di polizia. Il rilascio del permesso di soggiorno può, inoltre, essere assoggettato a specifici criteri restrittivi in ordine alle possibilità di impiego del richiedente. La durata e le eventuali condizioni del soggiorno sono rese note, di regola per iscritto, a cura dell'ufficio che provvede al rilascio del documento, ai sensi dell'Immigration Order 2000 (Leave to enter and to remain). La richeista di permesso di soggiorno può essere respinta. Ciò è previsto quando la domanda di soggiorno comporti un pericolo per la sicurezza nazionale, in relazione alle caratteristiche e alla condotta del richiedente, ovvero qualora lo straniero sia oggetto di un provvedimento di allontanamento esecutivo, sia privo di documenti idonei ad accertare la sua identità o nazionalità, si trovi nell'impossibilità di soggiornare sul territorio britannico senza fruire di sussidi pubblici, o sia stato dichiarato indesiderabile o abbia rilasciato dichiarazioni false o inesatte o fornito falsi documenti in relazione alla sua identità e nazionalità nonchè alla durata del soggirono ed alle sue finalità (Immigration Rules, par. 320 e seguenti). Contro le decisioni di rigetto si può ricorrere all'Asylum and Immigration Tribunal oppure, in alternativa, attraverso il procedimento di riesame (judicial review proceedings), innanzi all'High Court of Justice. È, altresì, possibile chiedere il riesame del provvedimento di rigetto all'autorità che lo ha emanato.

L'Immigration Asylum and Nationality Act 2006 ha posto alcune restrizioni alla possibilità di appellarsi contro tali decisioni, per alcune categorie (studenti, lavoratori temporanei, alcune categorie di lavoratori dipendenti ed autonomi e pensionati). Secondo la legislazione britannica (Immigration Rules, par. 362), inoltre, un provvedimento di espulsione (deportation order) può essere adottato nei casi in cui l'autorità competente ritiene che tale misura sia necessaria per la tutela del pubblico interesse o un tribunale ne raccomandi l'adozione nei confronti di una persona maggiore di 17 anni riconosciuta colpevole di una violazione punibile con la reclusione. L'ordine di espulsione comporta il divieto di rientrare nel territorio britannico e fa decadere ogni precedente permesso di soggiorno. Il provvedimento di allontanamento (administrative removal) (Immigration Act 1999, section 10) può, invece, essere adottato dall'Home Office quando sia accertata l'inadempienza di una delle condizioni apposte al permesso di soggiorno o la permanenza in territorio britannico oltre il termine fissato dal titolo, ovvero nel caso in cui il rilascio del documento sia stato ottenuto con mezzi fraudolenti (deception). In entrambi i casi, il destinatario del provvedimento può ricorrere innanzi al giudice per chiederne l'annullamento, l'autorità competente può disporre l'internamento temporaneo o l'adoziione di misure restrittive. Per lo straniero che abbia commesso reati o sia comunque considerato una minaccia per la sicurezza nazionale, l'espulsione è disposta senza possibilità di successiva riammissione, mentre l'allontanamento non esclude il reingresso, previo riesame della sua posizione da parte della stessa autorità che ha adottato il provvedimento. In Gran Bretagna l'immigrazione clandestina è un illecito amministrativo e penale. L'ingresso illegale (illegal entry) è, infatti, punito con la reclusione fino a sei mesi e con una pena pecuniaria. Le stesse sanzioni sono previste per l'overstaying, quando lo straniero rimane oltre il tempo consentito sul territorio nazionale, e per il breaching condition of leave, ovvero la mancata ottemperanza a una condizione particolare contenuta nel permesso di soggiorno. Sono puniti con la reclusione fino a 6 mesi o con la multa (per condanna sommaria) e con la reclusione fino a 2 anni e la multa (per condanna su imputazione): l'aver ottenuto un permesso di soggiorno mediante frode, l'inottemperanza all'ordine di espulsione o la mancata esecuzione del programma di rimpatrio assistito. Molto più dure le sanzioni per chi favorisce l'immigrazione clandestina, aiutando il cittadino non comunitario a violare la normativa in materia (facilitating the commission of a breach of immigration law): pena pecuniaria senza la previsione di un limite massimo e/o la reclusione da 6 mesi a 14 anni. L'impiego di lavoratori stranieri irregolari costituisce illecito amministrativo se commesso con colpa o recklessness (colpa cosciente/dolo eventuale); costituisce reato, punito fino a 2 anni su capo d'imputazione, fino a 1 anno on summary conviction (per condanna sommaria), se commesso con dolo intenzionale (Immigration Act 1971).

Recentemente il governo britannico ha introdotto un nuovo sistema per controllare l'ingresso degli stranieri non comunitari nel territorio nazionale, il c.d. sistema a punti, che limita la possibilità di entrata ai soli lavoratori specializzati nei settori in cui il Paese necessita di manodopera. L'obiettivo è far entrare manodopera più qualificata. I nuovi residenti, inoltre, devono saper parlare inglese, essere in grado di far fronte ai propri impegni e obbedire alle leggi. Secondo le nuove misure il datore di lavoro che vuole impiegare uno straniero deve dimostrare di aver prima offerto il posto a britannici. Sul suolo britannico i cittadini stranieri sono numerosi. L'immigrazione ha apportato un forte contributo all'economia del Paese, tuttavia si presenta come un fenomeno sempre più di difficile e complessa gestione.

Con la legge del 2006 si è adeguata la legislazione alle rinnovate necessità di tutela dell'ordine pubblico e di vigilanza dei flussi migratori, così come individuate in due documenti programmatici del Governo del 2004 e del 2005.

Tra i principali profili incisi dal provvedimento si segnalano:

* la discplina sull'impugnazione delle decisioni relative al permesso di soggiorno, che il legislatore ha integrato con la previsione di limiti e condizioni alla esperibilità dei relativi ricorsi;

* la sanzionabilità penale, nei riguardi del datore di lavoro, dell'assunzione di stranieri privi del necessario permesso di soggiorno, e la contestuale adozione di un codice di condotta di emanazione ministeriale finalizzato ad evitare che attraverso l'applicazione di tale precetto legislativo vengano poste in essere forme di discriminazione razziale;

* la modifica – al fine di incrementarne l'efficacia – delle regole circa l'acquisizione, da parte delle autorità doganali e degli Immigration Officers, delle informazioni e dei dati identificativi concernenti gli stranieri che fanno ingresso nel territorio nazionale;

* il rafforzamento dei poteri delle autorità di polizia nei riguardi dei vettori, in particolare quelli concernenti l'ispezione, la perquisizione e il sequestro dei mezzi di trasporto.

Nel 2007 il legislatore britannico è di nuovo intervenuto in materia con l'UK Borders Act, con il fine principale di dare attuazione a misure previste nel piano quinquennale (con decorrenza dal 2005) elaborato dal Governo, in cui si prevedevano maggiori controlli sui flussi migratori di lavoratori stranieri e il ricorso a tecniche biometriche di identificazione personale alle frontiere.

Tale legge detta disposizioni rivolte a:

* accrescere i poteri di polizia già attribuiti alle autorità preposte ai controlli (immigration officers), delle quali è prevista una più stretta sinergia con le autorità portuali;

* conferire efficacia immediata, con ridotti diritti di impugnazione e più ampi poteri di arresto, ai provvedimenti di espulsione (deportation orders) degli stranieri che abbiano commesso reati;

* porre vincoli al soggiorno e alla circolazione di stranieri (reporting and residency conditions) per i quali non siano altrimenti adottabili provvedimenti di espulsione (ad esempio, per limitazioni derivanti dalle norme di tutela dei diritti umani);

* ampliare l'ambito applicativo delle norme repressive dei reati connessi all'immigrazione clandestina e all'asilo conseguito con mezzi fraudolenti.

Tali disposizioni prevedono, altresì, l'obbligo per gli stranieri residenti sul territorio nazionale e nei casi disciplinati da successivi regolamenti ministeriali, di uno specifico documento, anche in formato elettronico, di identità biometrica (immigration biometric document), in cui siano riportate le loro "caratteristiche fisiche esteriori", quali le impronte digitali o segni particolari.