In materia di TARI e rifiuti speciali, si è posta la questione se l'esclusione della tassazione prevista per le aree di esercizio dell'attività produttiva, debba ritenersi applicabile anche aialle aree scoperte e ai magazzini di materie prime, di semilavorati e di prodotti finiti, funzionalmente connessi al processo industriale.
Sul punto è stato interpellato il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il quale ha ritenuto non corretta l'applicazione della Tari alle superfici specificamente destinate alle attività produttive con la sola esclusione di quella parte di esse occupata dai macchinari (Risoluzione n. 2/DF del 9 dicembre 2014).
In particolare il Ministero ha richiamato la Legge 27 dicembre 2013, n. 147, articolo 1, comma 649, secondo cui "Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente.
Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati.
Con il medesimo regolamento il comune individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione.
Al conferimento al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani di rifiuti speciali non assimilati, in assenza di convenzione con il comune o con l'ente gestore del servizio, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 256, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. (comma così modificato dall'art. 2, comma 1, legge n. 68 del 2014)".
Orbene - chiarisce il Ministero - il potere regolamentare del Comune previsto dal terzo periodo della norma citata, opera solamente nei casi in cui sia possibile l'assimilazione; laddove invece si tratti di superfici produttive di rifiuti speciali non assimilabili, il Comune non ha alcuno spazio  decisionale.
La norma citata ha quindi la funzione di delimitare il potere impositivo dei Comuni,  escludendo la tassabilità di tutte quelle superfici produttive di rifiuti speciali non assimilabili, ossia quelle superfici su cui si svolgono le lavorazioni industriali o artigianali, solitamente produttive di rifiuti speciali, in quanto la presenza umana comporta la formazione di una quantità non apprezzabile di rifiuti urbani. Analogamente per i magazzini/aree, che hanno la caratteristica di essere funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio dell'attività produttiva.
In conclusione, il Ministero afferma che "i magazzini intermedi di produzione e quelli adibiti allo stoccaggio dei prodotti finiti devono essere considerati intassabili in quanto produttivi di rifiuti speciali anche a prescindere dall'intervento regolamentare del Comune di cui al terzo periodo dell'articolo 1, comma 649, della Legge n. 147/2013".
Parimenti, devono essere escluse dall'ambito applicativo della TARI le aree scoperte che danno luogo alla produzione, in via continuativa e prevalente, di rifiuti speciali non assimilabili, ove siano asservite al ciclo produttivo.
Se così non fosse - afferma il Ministero - si determinerebbe una ingiustificata duplicazione di costi, in quanto i soggetti produttori di rifiuti speciali, oltre a far fronte al prelievo comunale, dovrebbero anche sostenere il costo per lo smaltimento in proprio degli stessi rifiuti.