Finalmente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno dato una risposta definitiva alla questione sulla quale negli ultimi anni non solo si sono date battaglia le Commissioni Tributarie di tutta Italia ma si sono alternati due opposti orientamenti all’interno della stessa V Sezione Civile (Tributaria)  della Corte di Cassazione.
In particolar modo a partire dal 2013 l’alternanza tra pronunce di senso opposto (che a volte affermavano la dirimenza in senso sfavorevole al contribuente della presenza del dipendente, altre volte ribadivano l’insufficienza dell’elemento e la necessità di valutare caso per caso la tipologia delle mansioni svolte e l’incidenza sulla capacità reddituale del contribuente, con esclusione del presupposto impositivo in caso di dipendenti meramente “esecutivi”) ha reso veramente difficile per gli operatori del settore valutare l’opportunità di promuovere o meno ricorso per conto del contribuente.
Non sono infatti mancate le pronunce che, decidendo in senso sfavorevole al ricorrente sulla scorta della presenza del dipendente, nel rigettare il ricorso l’hanno anche condannato al pagamento delle spese legali.
Da martedì finalmente l’incertezza è finita, con una chiara presa di posizione delle Sezioni Unite a favore del contribuente.
Nella sentenza n. 9451/20156 le Sezioni Unite enunciano un nuovo principio di diritto, che viene letteralmente riportato: "con riguardo al presupposto dell'IRAP,  il requisito dell'autonoma organizzazione - previsto dall'art. 2 del d.lgs. 15 settembre 1997, n. 446, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”.
Le Sezioni Unite sono partite dall’analisi della sentenza n. 3676/2007, citata dall’Agenzia delle Entrate, evidenziando come la stessa fosse espressione dell’orientamento più risalente e più radicato secondo cui la presenza anche  di un solo dipendente, anche se part time ovvero addetto a mansioni generiche, determinerebbe di per sé l'assoggettamento all'imposta, mettendola a confronto con l’orientamento più recente secondo il quale invece è necessario “accertare in punto di fatto l'attitudine del lavoro svolto dal dipendente a potenziare l'attività produttiva al fine di verificare la ricorrenza del presupposto stesso.
Secondo la Suprema Corte la sentenza n. 3676/2007 è stata emanata in un periodo in cui la Corte cercava di identificare il presupposto del tributo mentre ad oggi la questione da risolvere è un’altra, ossia la definizione di quali sono i soggetti passivi.
In buona sostanza l’oggetto della sentenza del 2007 era stato quello di definire l’ambito di operatività del d.lgs 446/1997 alla luce della nota pronuncia della Corte Costituzionale affermando che il presupposto  del tributo è costituito dall'esercizio di un'attività "autonomamente organizzata "diretta alla produzione o allo scambio di beni o servizi e che dunque sono riguardati dall’imposizione anche le persone fisiche e le società semplici (od equiparate) che esercitano un'arte o una professione ai sensi dell' art. 49, coma 1  del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 da intendersi come tutti coloro che, per professione abituale, svolgevano un'attività di lavoro autonomo non classificabile come impresa o come collaborazione coordinata o continuativa e, cioè, come prestazione di servizi senza impiego  di organizzazione propria.
La stessa pronuncia aveva chiarito la portata della sentenza della Corte Costituzionale  (n. 156/2001) che aveva puntualizzato che se il reddito d’impresa era sempre soggetto ad IRAP, quello dei lavoratori autonomi era assoggettabile all’imposta solo in caso di presenza di un’organizzazione autonoma; in concreto non venivano fissati i limiti quantitativi dovendo sempre il giudice di merito valutare caso per calo l’esistenza di uno o più elementi suscettibili di combinarsi con il lavoro del contribuente potenziandone le possibilità. Secondo la ricostruzione della sentenza del 2007  al fine di assoggettare il contribuente all’IRAP “Non occorre, quindi, che si tratti di una struttura d'importanza prevalente rispetto al lavoro del titolare o addirittura in grado di generare profitti anche senza di lui, ma è sufficiente che vi sia un insieme tale da porre il professionista in una condizione più favorevole di quella in cui si sarebbe trovato senza di esso.
La maggiore o minore consistenza di tale insieme non è dunque importante purché, ben s'intende, si tratti di fattori che non siano tutto sommato trascurabili, bensì capaci di fornire un effettivo qualcosa in più al lavoratore autonomo.
E dunque “Per far sorgere l'obbligo di pagamento del tributo basta, infatti, l'esistenza di un apparato che non sia sostanzialmente ininfluente, ovverosia di un quid pluris che secondo il comune sentire, del quale il giudice di merito è portatore ed interprete, sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista. Si deve cioè trattare di un qualcosa in più la cui disponibilità non sia, in definitiva, irrilevante perché capace, come lo studio o i collaboratori, di rendere più efficace o produttiva l'attività.
Sulla scorta delle suddette richiamate argomentazioni la Cassazione nel 2007 era giunta ad enunciare il seguente principio di diritto : “Il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il  contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forra, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di
organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell'assenza delle condizioni sopraelencate".
Ebbene le Sezioni Unite hanno affermato di condividere l’impianto ricostruttivo della sentenza del 2007 citata ma di ritenere necessaria alcune precisazioni concernenti il fattore lavoro.
Più precisamente hanno dichiarato che “se fra "gli elementi suscettibili di combinarsi con il lavoro dell'interessato, potenziandone le possibilità necessarie", accanto ai beni strumentali vi sono i mezzi "personali" di cui egli può avvalersi per lo svolgimento dell’attività, perché questi davvero rechino ad essa un apporto significativo occorre che le mansioni svolte dal collaboratore non occasionale concorrano o si combinino con quel che è il proprium della specifica professionalità (omissis) E', infatti, in tali casi che può parlarsi, per usare l'espressione del giudice delle leggi, di "valore aggiunto" o, per dirla con le pronunce della sezione tributaria del 2007, di "quel qualcosa in più" .Diversa incidenza assume perciò l'avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui quando questo si concreti nell'espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive, che rechino all'attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o, appunto, generico.”
Come per i beni strumentali anche per il fattore lavoro esiste un minimo indispensabile che non fa scattare l’imposizione che corrisponde all’impiego di un collaboratore con mansioni meramente esecutive.
Sembra inoltre potersi affermare che in caso di part-time sia possibile escludere la sussistenza di un’autonoma organizzazione anche in presenza di due rapporti a tempo parziale equivalenti ad uno a tempo pieno.
La sentenza commentata si pone in linea con quanto affermato dalle stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 7291/2016 che, con riferimento ai medici convenzionati con il Servizio Sanitario nazionale che svolgono in forma associata l’attività di medicina di gruppo, ha affermato che “la presenza di  personale di segreteria o infermieristico comune” appare la risultante minima ed indispensabile della necessità di assicurare il servizio.
Ed alla luce della pronuncia di martedì, sembra doversi affermare che l’esclusione dall’IRAP sussista per i medici convenzionati con il SSN che operano in medicina di gruppo anche in presenza di un collaboratore esecutivo per ciascuno dei medici.