I fatti del processo
Ebbene, il contenzioso nasceva in quanto l’Amministrazione finanziaria - a seguito di un’istanza di annullamento in autotutela - accoglieva in un primo momento la domanda del contribuente, ma successivamente “annullava il precedente provvedimento emesso” sul presupposto “che tale secondo annullamento facesse rivivere il precedente atto di contestazione”, rendendo quest’ultimo atto “impermeabile” ai termini decadenziali per l’avvio dell’accertamento fiscale.
A fronte della tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, rigettava l’appello, stabilendo difatti che sebbene “l’annullamento dell’annullamento dell’atto in autotutela non era previsto da alcuna norma […] non si poteva fare rivivere un provvedimento che aveva perso efficacia con ulteriore conseguente illegittima sospensione dei termini del ricorso”.
La decisione dei giudici ermellini
Orbene, il quesito cui la Corte di Cassazione aveva il compito di rispondere è se “disposto in autotutela l’annullamento di un atto di irrogazioni sanzioni, un successivo provvedimento dell’Amministrazione finanziaria che, sempre in autotutela, annulli il precedente annullamento sia idoneo a far rivivere l’originario atto impositivo annullato senza la necessità di adottare un nuovo avviso in sostituzione”.
Proprio sulla problematica in esame, la giurisprudenza di legittimità (richiamata dai giudici di Piazza Cavour) aveva già riconosciuto (oltre al tipizzato “rimedio demolitorio” dell’autotutela) il potere di annullamento dell’Ente impositore anche nell’ipotesi di intervento “sostitutivo”.
In altre parole, è stato ricondotto al potere di autotutela anche “il provvedimento di c.d. riforma”, ossia l’atto di secondo grado “non nega il contenuto di quello precedente, ma lo sostituisce con un contenuto diverso”: in ogni caso il rapporto giuridico controverso resta del tutto identico[1].
A ben vedere, attraverso lo strumento dell’autotutela, l’A.F. è in grado di rimuovere ex tunc l’atto di accertamento illegittimo e, di conseguenza, rimane intatto il diritto dell’Erario di esercitare la potestà impositiva (“potere di sostituzione dell’atto impositivo incontra i soli limiti del termine decadenziale previsto per la notifica degli avvisi di accertamento e del divieto od elusione del giudicato sostanziale formatosi sull’atto viziato, nonché del diritto di difesa del contribuente”[2]).
In definitiva, alla luce di quanto esposto, la Corte di Cassazione ha ritenuto del tutto pacifica la permanenza in capo alla P.A. del potere impositivo in caso di annullamento di un pregresso atto in autotutela, sebbene facendo gravare sull’Ente pubblico l’onere di emettere un nuovo atto “sostituivo” del precedente.
Il potere della “seconda” notifica, anche nella forma di autotutela positiva, deve essere esercitato secondo le forme, i tempi ed i criteri disciplinati dalla legge (nel caso in questione, il nuovo accertamento era stato notificato oltre il termine quinquennale previsto a pena di decadenza dal D. Lgs. n° 472/1997, art. 20: le violazioni erano state commesse nell’anno di imposta 1996 ed il “nuovo” provvedimento era stato notificato nel dicembre 2003).
Di Federico Marrucci
Avvocato Tributarista in Lucca (presso Studio Legale e Tributario Etruria)
 


[1]cfr. Cass. n° 937/2009; [2]cfr. Cass. n° 16115/07, n° 14377/07, n° 1114/2003, n° 24620/2006;