La Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza del 17 novembre 2016, n. 23397, ha fugato ogni incertezza in relazione all'individuazione del termine di prescrizione applicabile dopo la notifica della cartella esattoriale.
In particolare la Cassazione, accogliendo l'interpretazione più favorevole al contribuente, ha definitivamente chiarito che il termine di prescrizione resta quello originariamente previsto per il credito sotteso alla cartella, senza che questa possa in alcun modo determinare l'applicazione del termine ordinario decennale.
Pertanto, in materia ad esempio di contributi previdenziali il termine di prescrizione resta quello quinquennale, come anche in materia di sanzioni amministrative o sanzioni tributarie.
In materia di tassa automobilistica (bollo auto), il termine di prescrizione resta quello triennale.
La Cassazione, per altro, evidenzia che le divergenti pronunce dei giudici di merito, che ultimamente si sono andate diffondendo, sono in realtà frutto di una errata interpretazione della sentenza della Cassazione n. 17051/2004, trascinatasi per inerzia nel tempo, senza alcun particolare approfondimento.
In verità, in tale sentenza - in cui si affrontava un caso di iscrizione a ruolo per IVA - la Corte si era limitata ad affermare che per effetto della iscrizione "l'Ufficio forma un titolo esecutivo al quale è sicuramente applicabile il termine prescrizionale di dieci anni previsto dall'articolo 2946 del codice civile", senza alcuna specifica spiegazione sul punto e senza alcun riferimento all'actio iudicati.
È, infatti, accaduto che la Sezione Lavoro della Cassazione, a partire dalla sentenza del 24 febbraio 2014, n. 4338, facendo principale riferimento alal citata sentenza n. 17051/2004 abbia affermato il principio secondo cui: "una volta divenuta intangibile la pretesa contributiva per effetto della mancata proposizione dell'opposizione alla cartella esattoriale (come avvenuto nel caso di specie), non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale di che trattasi e ciò che può prescriversi è soltanto l'azione diretta all'esecuzione del titolo così definitivamente formatosi, riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l'actio ijdicati ai sensi dell'art. 2953 cod. civ.), trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all'art. 2946 cod. civ.".
Nella successiva sentenza della Cassazione, sezione lavoro, dell' 8 giugno 2015, n. 11749 è stato ribadito che il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento per proporre opposizione di cui all'articolo 24 citato, deve ritenersi perentorio, perché diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell'ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire così una rapida riscossione del credito medesimo.
Conseguentemente, per effetto della mancata proposizione dell'opposizione alla cartella esattoriale la pretesa contributiva diviene intangibile e il diritto alla contribuzione previdenziale non è più soggetto ad estinzione per prescrizione, potendo prescriversi "soltanto l'azione diretta all'esecuzione del titolo così definitivamente formatosi", nel termine prescrizionale decennale ordinario di cui all'art. 2946 cod. civ., in difetto di diverse disposizioni e "in sostanziale conformità a quanto previsto per l'actio judicati ai sensi dell'art. 2953 cod. civ.".
Al riguardo le Sezioni Unite hanno precisato che, in entrambe le suddette sentenze, l'affermazione del suindicato principio rappresenta un "obiter dictum" eccedente la necessità logico giuridica della decisione e come tale non vincolante. Infatti, nella sentenza n. 4338/2014 la Corte ha espressamente dichiarato di non essere chiamata a pronunciarsi sulla prescrizione, mentre nella sentenza n. 11749/2015 la Corte ha precisato che, nella fattispecie esaminata, l'operatività del termine breve quinquennale, almeno per il credito per i contributi, era ormai coperta da giudicato, avendo la Corte territoriale ritenuto inapplicabile, ai fini della prescrizione decennale, l'articolo 2953 del Codice civile.
Alla luce di quanto sopra, le Sezioni Unite ribadiscono la correttezza dell'orientamento tradizionale (ossia l'inidoneità della cartella a determinare la modifica del termine di prescrizione) che per altro era stato già affermato sempre dalle Sezioni Unite in una precedente sentenza (sentenza del 10 dicembre 2009, n. 25790).
A sostegno di tale orientamento, la Cassazione richiama diversi argomenti.
In primo luogo, la disciplina della prescrizione è "di stretta osservanza ed è insuscettibile d'interpretazione analogica" (Cassazione, sentenza del 15 luglio 1966, n. 1917; Cassazione, sentenza del18 maggio 1971, n. 1482).
Inoltre:
  • l'articolo 2946 del Codice civile prevede che la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale a meno che la legge disponga diversamente; nel caso dei contributi previdenziali è appunto la legge che dispone diversamente (articolo 3, comma 9, Legge 335/1995), come anche nel caso di sanzioni amministrative, sanzioni tributarie, tassa automobilistica, etc.;
  • l'articolo 2953 del Codice civile (che prevede in ogni caso l'applicazione del termine decennale laddove il diritto sia stato oggetto di accertamento giudiziale) non può essere applicata per analogia oltre i casi in essa stabiliti (Cassazione, sentenza del 29 gennaio 1968, n. 285; Cassazione, sentenza del 10 giugno 1999, n. 5710);
  • la prescrizione decennale da "actio judicati", prevista dall'articolo 2953 del Codice civile, decorre non dal giorno in cui sia possibile l'esecuzione della sentenza né da quello della sua pubblicazione, ma dal momento del suo passaggio in giudicato (Cassazione, sentenza del 10 luglio 2014, n. 15765);
  • la conversione della prescrizione breve in quella decennale per effetto della formazione del titolo giudiziale ex articolo 2953 del Codice civile ha il proprio fondamento esclusivo nel titolo medesimo, sicché non incide sui diritti non riconducibili a questo e, dunque, non opera per i diritti maturati in periodi successivi a quelli oggetto del giudicato di condanna (Cassazione, sentenza del 20 marzo 2013, n. 6967; Cassazione, sentenza del 10 giugno 1999, n. 5710);
  • il generico riferimento al "diritto" per il quale sia stabilita un termine di prescrizione breve contenuto nell'articolo 2953 del Codice civile, consente di ritenere che laddove intervenga un giudicato di condanna (anche generica), la conversione del termine di prescrizione breve del diritto in quello decennale si estende pure ai coobbligati solidali anche se rimasti estranei al relativo giudizio (Cassazione, sentenza del 13 gennaio 2015, n. 286; Cassazione, sentenza del 11 giugno 1999, n. 5762; Cassazione, sentenza del 10 marzo 1976, n. 839; Cassazione, sentenza del 14 aprile 1972, n. 1173).
Quest'ultimo effetto, all'evidenza, si attaglia solo ad un titolo esecutivo giudiziale.
È notorio che soltanto un atto giurisdizionale può acquisire autorità ed efficacia di cosa giudicata e, che il giudicato, dal punto di vista processuale, spiega effetto in ogni altro giudizio tra le stesse parti per lo stesso rapporto e dal punto di vista sostanziale rende inoppugnabile il diritto in esso consacrato tanto in ordine ai soggetti ed alla prestazione dovuta quanto all'inesistenza di fatti estintivi, impeditivi o modificativi del rapporto e del credito mentre non si estende ai fatti successivi al giudicato ed a quelli che comportino un mutamento del "petitum" ovvero della "causa petendi" della originaria domanda (Cassazione, sentenza del 12 maggio 2003, n. 7272; Cassazione, sentenza del 24 marzo 2006, n. 6628).
Della necessità che vi sia un atto giurisdizionale divenuto cosa giudicata, ai fini dell'applicabilità della conversione del termine prescrizionale ai sensi dell'articolo 2953 del Codice civile, si ha conferma anche nella consolidata giurisprudenza secondo cui, in tema di riscossione delle imposte e delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie, tale conversione non opera se la definitività dell'accertamento deriva non da una sentenza passata in giudicato, ma dalla dichiarazione di estinzione del processo tributario per inattività delle parti (Cassazione, sentenza del 6 marzo 2015, n. 4574).
Anche il carattere perentorio del termine previsto dall'articolo 24, comma 5, del Decreto Legislativo n. 46/1999 è assodato ed è altrettanto certo che esso è funzionalizzato a rendere non più contestabile il credito contributivo, in caso di omessa tempestiva impugnazione, ed a consentirne una "rapida riscossione" (Cassazione, sentenza del 25 giugno 2007, n. 14692; Cassazione, sentenza del 15 marzo 2016, n. 5060).
Infine, è indubbio che sia la cartella di pagamento sia gli altri titoli che legittimano la riscossione coattiva di crediti dell'Erario e/o degli Enti previdenziali e così via sono atti amministrativi privi dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato (Cassazione, sentenza del 25 maggio 2007, n. 12263).
Questo, peraltro, non significa che la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione non produca alcun effetto, in quanto tale decorrenza determina la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, producendo l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito.
Ma è evidente che, per tutte le suddette ragioni, tale scadenza non può certamente comportare l'applicazione l'articolo 2953 del Codice civile ai fini della operatività della conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, anche perché, fra l'altro, un simile effetto si porrebbe in contrasto con la ratio della perentorietà del termine per l'opposizione.
Se, come si è detto, è pacifico che tale ratio sia quella di consentire una "rapida riscossione" del credito, l'allungamento immotivato del termine prescrizionale in favore dell'ente creditore si porrebbe, all'evidenza, in contrasto con tale ratio, oltre mettere il debitore in una situazione di perenne incertezza in una materia governata dal principio di legalità, cui per primi sono tenuti ad uniformarsi gli stessi Enti della riscossione e creditori 
Pertanto, alla luce di quanto sopra, le Sezioni Unite hanno affermato i seguenti principi di diritto:
  1. la scadenza del termine - pacificamente perentorio - per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all'art. 24, comma 5, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l'effetto della c.d. "conversione" del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo l'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell'art. 2953 cod. civ. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l'avviso di addebito dell'INPS, che dal 1° gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (art. 30 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge n. 122 del 2010);
  2. è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l'effetto della c.d. "conversione" del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 cod. civ. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti - comunque denominati - di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizione, non consente di fare applicazione dell'art. 2953 cod. civ., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.