I fatti del processo e la decisione
L’attore, nella propria tesi difensiva, sosteneva (producendo le relative fatture emesse dalla società di servizio) di aver corrisposto all’Ente competente, a titolo di Iva applicata alla Tia[1] (c.d. tassa sullo smaltimento dei rifiuti) dal 2003 al 2011, lasomma di €. 290,10.
A supporto di tale richiesta giudiziale, veniva richiamato l’orientamento giurisprudenziale espresso (Corte Costituzionale, n° 238/09 e Corte di Cassazione, n° 3756/12) in forza del quale era stato statuito che la Tia ha natura tributaria (rectius: entrata tributaria) e pertanto è “estranea all'ambito di applicazione dell'Iva ai sensi del D.P.R., n° 633 del 1972”.
In altri termini l'Iva, come qualsiasi altra imposta deve colpire inderogabilmente elementi costituenti una qualche capacità contributiva (art. 53 Cost.) ai danni del soggetto passivo, ossia il contribuente, quindi detto presupposto si manifesta quando un soggetto acquisisce beni o servizi versando un corrispettivo, non quando paga un'imposta (appunto la Tia, nel caso in esame).
Orbene, l'art. 3 del D.P.R. 633/72, puntualizza che sono soggette ad Iva solo le prestazioni di servizi verso corrispettivo e non quelle finanziate mediante imposte (Cass., n° 3294/12).
In breve, è inammissibile (da un punto di vista fiscale), nonché tecnicamente inaccettabile, prosegue l’attore nella propria “ricostruzione”, applicare un “tributo su un tributo”(l'Iva sulla Tia), pertanto l'Iva richiesta e riscossa dall’Ente di gestione del servizio afferente “lo smaltimento rifiuti” si configura come un'ipotesi di indebito arricchimento (Cass, n° 4703/1990).
In definitiva, come chiarito dalla citata decisione della Consulta, l'indebito pagamento dell'Iva sulle fatture emesse dall’Ente di gestione, rappresenta una “rilevata inesistenza di un nesso diretto tra il servizio e l'entità del prelievo – quest'ultima commisurata a mere presunzioni forfetarie di producibilità dei rifiuti interni e al costo complessivo dello smaltimento anche dei rifiuti esterni – porta ad escludere la sussistenza del rapporto sinallagmatico posta alla base dell'assoggettamento ad I.v.a. ai sensi degli artt. 3 e 4 del D.P.R. 633/72 e caratterizzato dal pagamento di un corrispettivo per la prestazioni di servizi”.
Ebbene, nel nostro ordinamento non sussiste alcuna legge che assoggetti ad Iva le prestazioni di raccolta/smaltimento rifiuti (tale servizio è un vero e proprio tributo), pertanto l'attore ha ritenuto del tutto legittimo esercitare il diritto al rimborso dell’Iva pagata, oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat di anno in anno vigenti, nonché interessi moratori[2].
La convenuta eccepiva il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario (in favore della Commissione Tributaria), l’incompetenza del Giudice adito e, in ogni caso, l’irritualità, la tardività, nonché l’infondatezza della richiesta di rimborso.
Il Giudice di Pace di Lucca, disattendendo in via preliminare le questioni riguardanti la competenza e la giurisdizione, accoglieva quindi le domande avanzate dall’attore, osservando che la Tia, avendo la natura di “tributo” e non di servizio, non può essere assoggettata al regime Iva (aliquota al 10%), quindi il cittadino/attore ha diritto al rimborso di quanto illegittimamente versato nel termine prescrizionale di dieci anni (art. 2946 c.c.) a decorrere dal primo pagamento effettuato.
Di Federico Marrucci
Avvocato Tributarista in Lucca (c/o Studio Legale e Tributario Etruria)
 


[1]Introdotta con il D. Lgs. n° 22/1997, ossia il c.d. Decreto Ronchi; [2] Vedi Giudice di Pace di Genova con la decisione n° 3982/2012;