La problematica della prescrizione dei contributi, degli accessori e delle sanzioni dovute agli Enti previdenziali privatizzati è di certo uno degli argomenti di maggiore interesse, sia in sede stragiudiziale sia in sede di opposizione avverso le cartelle esattoriali.
In particolare, le questioni di maggiore contrasto riguardano l'individuazione del termine di prescrizione e la possibilità di rinunciare alla prescrizione già intervenuta.
Sul primo aspetto, occorre ricordare che la Legge n. 335/95 di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, oggi prevede, ai commi 9 e 10 dell'articolo 3, che tutti i contributi di previdenza e assistenza sociale obbligatoria si prescrivono con il decorso di cinque anni senza atti interruttivi intermedi.
La Cassazione, in più occasioni, ha affermato che il termine di prescrizione quinquennale deve applicarsi anche per le gestioni dei liberi professionisti (Cassazione, sentenza del 9 aprile 2003n n. 5522; Cassazione, sentenza del 13 dicembre 2006, n. 2662; Cassazione, sentenza del 15 marzo 2006, n. 5622).
Riguardo la possibilità di rinuncia alla prescrizione, la stessa deve essere esclusa in quanto trattasi di materia sottratta alla libera disponibilità delle parti (Cassazione, sentenza n. 23643/06, la quale ha escluso la ricevibilità dei contributi prescritti nell'ambito del sistema previdenziale della Cassa Geometri).
Ne consegue che l'Ente previdenziale non può né richiedere né comunque ricevere contributi per i quali siano già decorsi i termini di prescrizione. Pertanto, i contributi versati nonostante l'intervenuta prescrizione, dovranno essere rimborsati al contribuente (Cassazione, sentenza n. 3489/2015, secondo cui "deve infatti considerarsi che nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti, sicchè deve escludersi l'esistenza di un diritto soggettivo degli assicurati a versare contributi previdenziali prescritti (Cass. n. 11140/01, Cass. n. 4349/02). Detto principio - che attualmente è fissato dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, ed è desumibile, per il periodo precedente l'entrata in vigore di tale disposizione, dalla R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 55, comma 2, - vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in base alla L. n. 335 del 1995, citato art. 3, comma 10, si applica anche per i contributi prescritti prima dell'entrata in vigore della medesima legge (Cass. n. 330/02, Cass. n. 8888/03, Cass. n. 23116/04). Ne consegue che, a differenza di quanto previsto dal diritto delle obbligazioni in generale (ove il pagamento del debito prescritto non comporta un diritto alla restituzione, art. 2034 c.c.), il pagamento dei contributi prescritti, non potendo neppure essere accettato dall'ente di previdenza pubblico (stante il divieto stabilito, peraltro operante indipendentemente dall'eccezione di prescrizione da parte dell'ente previdenziale e del debitore dei contributi, potendo essere rilevato d'ufficio, Cass. n. 23116/03), comporta che l'autore del pagamento ben può chiederne la restituzione").