Il condono ICI permette a tutti i contribuenti di “mettersi in regola” avanzando apposita istanza al Comune, relativamente a tutti i rapporti pendenti e le violazioni previste dal regolamento, commesse fino al 31/12/2012, relative alle annualità 2007 – 2011.Per la sanatoria, il Comune richiede il versamento dell’imposta dovuta e degli interessi ma con esclusione delle sanzioni.
Tuttavia si deve precisare che il contribuente, avanzando domanda di condono, potrebbe anche correre dei rischi. Vediamo di cosa si tratta.
Il regolamento è stato adottato in applicazione dell’art. 13 L. 289 del 27/12/2002 e tale norma potrebbe persino delegittimare il Comune del potere di regolamentare le entrate tributarie mediante condoni.
Come noto, già nel 2012, il Comune di Lecce aveva approvato il regolamento per la definizione agevolata della TARSU ex art. 13 L. 289/2002, poi fortemente criticato perché ritenuto illegittimo alla luce della sentenza della Corte Suprema di Cassazione – n. 12679 del 30.05.2012 e sulla base di due deliberazione della Corte dei Conti, la n. 4/PAR/2010 del 13 gennaio 2010 e la n. 47/2012/SS.RR./PAR del 18 settembre 2012.
La Cassazione ha sostenuto che l’art. 13 L. 289/2002 attribuiva al Comune il potere di disporre la definizione agevolata alla presenza di due presupposti: che si trattasse di obblighi tributari precedenti l’entrata in vigore della legge in questione (la L. 289/2002 è entrata in vigore il 1°.01.2003) e che a tale data la procedura di accertamento o i procedimenti contenziosi in sede giurisdizionale fossero già instaurati.
Da questa interpretazione consegue che il potere dei Comuni, esercitato oltre il termine previsto dalla legge statale autorizzativa, determina la carenza del potere medesimo e la conseguente eventuale disapplicazione da parte del giudice dell’atto assunto in violazione della norma.
Pertanto è chiaro ed evidente il rischio a cui il contribuente potrebbe incorrere considerato che, laddove il condono dovesse ritenersi illegittimo, potrebbe anche essere disapplicato.
Dunque, il contribuente che abbia presentato o che presenti domanda di condono, nel caso di disapplicazione dello stesso, potrebbe vedersi addebitate anche le relative sanzioni che invece sono escluse dal condono.
A fronte del rischio di vedersi addebitate anche le sanzioni si deve evidenziare che il contribuente troverebbe nell’ordinamento tributario una opportuna garanzia.
Infatti, agendo in giudizio, farebbe valere il proprio diritto al legittimo affidamento, eccependo la violazione dell’art. 10 dello Statuto del contribuente (L. 212/2000) il quale detta le regole per la tutela del contribuente disponendo che i rapporti tra contribuente ed amministrazione sono improntanti al principio della collaborazione e della buona fede.
Lo statuto del contribuente rappresenta un ineludibile punto di riferimento nella disciplina dei rapporti tra Amministrazione finanziaria e singolo contribuente, pertanto sulla scorta dell’articolo succitato è evidente che l’Ufficio non può far rivivere in capo al contribuente un debito ormai estinto mediante condono.
A tal proposito si evidenzia che la giurisprudenza tributaria ha statuito che il comportamento di un contribuente che, aderendo alla procedura di condono, agisce con correttezza, collaborazione e buona fede, merita di essere tutelato.
L’Amministrazione finanziaria, in presenza di condono al quale ha aderito il contribuente, non può “ritornare sui propri passi” e ritenere invalido lo stesso condono e richiedere somme ulteriori a quelle pagate.
Concludendo, ciò significa che il contribuente dovrebbe ritenersi tutelato nel caso di adesione al condono, ma non immune da rischi, dal principio assolutamente inviolabile del legittimo affidamento nell’attività posta in essere dall’Amministrazione.
 
Lecce, 4 novembre 2013                                                         Avv. Leonardo Leo