Riferimenti:

 – Art. 3, comma 9, della L. n°335/1995;
– art. 2953 c.c.;
– Tribunale Civile di Roma, sez. Lavoro, sent. n°4549/2015;
– Corte di Appello di Lecce, sentenza n° 668/2014;
– Tribunale di Catania, sez. Lavoro,  sentenza n° 2546/2013. 

In quanto tempo si prescrivono i contributi previdenziali INPS?

Dopo la notifica della cartella di pagamento si applica il termine di prescrizione decennale ex art. 2953 del c.c. ovvero il termine di prescrizione quinquennale?

Per rispondere alle domande di cui sopra non si può prescindere dall’esame della normativa che regola la prescrizione dei contributi di previdenza e assistenza sociale.

L’art. 3, comma 9, della L. n°335/1995 prescrive che “Le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate con il decorso dei termini di seguito indicati:
  1. a) dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarietà previsto dall’articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. 166, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. A decorrere dal 1° gennaio 1996 tale termine è ridotto a cinque anni salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti;
  2. b) cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria”.
Dalla norma in commento, dunque, non vi è dubbio che le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono in cinque anni.

Tuttavia, un problema molto dibattuto in sede giudiziaria è quello dell’applicabilità o meno della prescrizione decennale di cui all’art. 2953 c.c. alle cartelle di pagamento notificate da Equitalia e non opposte dal contribuente
.
Difatti, secondo un primo orientamento giurisprudenziale, la cartella di pagamento non impugnata nei termini di Legge e, come tale, divenuta definitiva, è soggetta al termine decennale di prescrizione che comincia a decorrere dal giorno della sua notifica (Corte di Appello Lecce, sent. 1149/2012).

In senso radicalmente opposto si è espressa, invece, la più recente giurisprudenza ordinaria civile di primo grado che ha ritenuto non applicabile l’art.2953 c.c. alla cartella di pagamento.

A tal proposito, una recentissima sentenza emessa dal Tribunale Civile di Roma, sez. Lavoro, ha disposto che “la cartella esattoriale non opposta non può assimilarsi a un titolo giudiziale essendo al contrario unilateralmente dallo stesso ente previdenziale, per cui, non può applicarsi al credito ivi contenuto la prescrizione decennale conseguente a una sentenza di condanna passata in giudicato ex art. 2953 c.c.” (Tribunale Civ. Roma, Sez. Lavoro, sent. n°4549/2015)

In sostanza, secondo il Tribunale di Roma, la mancata opposizione della cartella esattoriale non può modificare il regime di prescrizione quinquennale dei contributi previdenziali così come disciplinata dall’art. 3, comma 9, della L. n°335/1995.

Ciò, dunque, permetterebbe al contribuente cui sia stato notificato un avviso di pagamento da parte di Equitalia oltre il termine quinquennale dalla notifica della precedente cartella esattoriale, di ricorrere in sede giudiziaria al fine di eccepire l’intervenuta prescrizione dei contributi previdenziali e, dunque, pretendere, finanche, la cancellazione dell’iscrizione a ruolo.

Dello stesso avviso è la Corte di Appello di Lecce che con la sentenza n° 668/2014 è giunta alla seguente condivisibile conclusione“alla luce di un più approfondito esame della materia, non può che ritenere che solo il credito derivante da una sentenza passata in giudicato si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c. (che in quanto norma di carattere eccezionale, non può estendersi per analogia a casi semplicemente assimilabili), mentre, se la definitività del credito non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile, vale il termine di prescrizione di cinque anni previsto dalla norma specifica (Cass. 10.12.2009 n. 25790)”.

Altra interessante pronuncia è quella del Tribunale di Catania – Sezione Lavoro che con la sentenza n° 2546/2013 accoglieva l’eccezione di prescrizione proposta dall’opponente poiché “al debitore dei contributi è sempre consentito di contestare il diritto del creditore (e per esso dell’incaricato della riscossione) a procedere alla esecuzione coattiva degli stessi, eccependo la prescrizione successiva alla formazione e notifica del titolo esecutivo (cartella)”.

La tesi della prescrizione quinquennale avallata da molti tribunali, sebbene esista della giurisprudenza contraria, a mio sommesso avviso appare perfettamente in linea a quanto disposto all’art. 2953 c.c. Detta norma, difatti, recita “i diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni”.

La norma riferisce, cioè, il dedotto effetto giuridico esclusivamente e tassativamente al passaggio in giudicato della sentenza. Né, peraltro, l’ordinamento giuridico italiano prevede una norma analoga che alleghi il medesimo effetto giuridico ad altri atti, men che meno alla c.d. irretrattabilità della cartella di pagamento.

Avv. Alessandro Sgrò
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