La distribuzione degli utili non è automaticamente imputabile ai soci secondo il principio della c.d. trasparenza fiscale; l’Amministrazione finanziaria deve provare la ripartizione effettiva dei ricavi (Corte di Cassazione, n° 20806/2013 e Commissione Tributaria Provinciale di Parma, n° 97/2013)
I giudici della Commissione Tributaria Provinciale di Parma con una interessante sentenza (n° 97/2013) hanno stabilito che, in tema di effetti derivanti dall’applicazione della c.d. trasparenza fiscale, non è automatica l’imputazione ai soci della distribuzione dei ricavi, in quanto – da un punto di vista difensivo – l’interpretazione “letterale” della norma rappresenterebbe una probatio diabolica a carico del contribuente.
La decisione dei giudici e il precedente della Corte di Cassazione n° 20806/13
Sulla problematica esposta, la giurisprudenza (sia di merito che di legittimità) ha offerto recentemente un evidente cambio di rotta (favorevole al contribuente), sollevando alcune perplessità sulla tenuta, in ambito processuale, della presunzione “ricavi non contabilizzati dalla società – distribuzione degli utili ai soci”.
A ben vedere, negli accertamenti emessi ai sensi degli artt. 115 – 116 Tuir, l’Agenzia delle Entrate fonda la propria tesi accusatoria su un’applicazione rigida di dette disposizioni, giacché l’accertamento di un maggior utile a carico della società di capitali (a ristretta base societaria) produce “acriticamente”, secondo l’Amministrazione finanziaria, la sua distribuzione a favore dei soci.
Come noto, l’art. 115 del Tuir (“Opzione per la trasparenza fiscale”), stabilisce che l’utile conseguito dalla società “è imputato a ciascun socio, indipendentemente dalla effettiva percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili”.
Ebbene, sotto un profilo strettamente processuale, i giudici parmensi hanno evidenziato la difficoltà difensiva del socio a dimostrare che in realtà l’utile realizzato dalla società non sia stato concretamente riconosciuto a favore dell’interessato (c.d. probatio diabolica) in base a particolari situazioni contingenti: una prova “negativa” colloca la parte processuale in una posizione sfavorevole, quindi l’onere della prova non potrà mai essere assolto.
In particolare, la conclusione a cui è approdata la Commissione adita, richiama esplicitamente una precedente sentenza della Suprema Corte (n° 20806/2013), nella quale da un lato si conferma la legittimità della presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili accertati in capo alla società, tuttavia, dall’altro, vengono posti dei limiti all’operatività del meccanismo della trasparenza fiscale sulla scorta della quale vede imputare meccanicamente ai soci l’utile rettificato.
In definitiva, i giudici di Piazza Cavour hanno affermato che la regola della c.d. trasparenza fiscale può trovare pacifica operatività quando viene svolto “il riscontro, conseguente a un accertamento sulle movimentazioni finanziarie ovvero gli atti giuridico – economici di una società ovvero dei suoi soci, che via sia stata formazione di utili non contabilizzati, da tale circostanza scattando la citata presunzione distributiva e la correlata tassazione individuale pro parte”.
Orbene, la pronuncia rappresenta l’affermazione di un principio garantista a favore del contribuente, atteso che la legittimità dell’accertamento fiscale, avente ad oggetto la ricostruzione di un maggior reddito della società con conseguenti riflessi a carico dei rispettivi soci, è subordinata da altri riscontri aggiuntivi, come ad esempio la verifica delle movimentazioni bancarie della società e dei soci (art. 32, D.P.R. n° 600/73, n° 7).
In altre parole, un accertamento fondato sulla trasparenza fiscale a carico di una società, a base ristretta, carente di prove ulteriori, è illegittimo, in quanto mancante della dimostrazione circa il nesso consequenziale tra l’utile societario e l’imputazione ai soci: diversamente, tale circostanza creerebbe pericolosamente i presupposti per una violazione del principio di capacità contributiva e di giustizia tributaria.
Di Federico Marrucci
Avvocato Tributarista in Lucca e Pisa (c/o Studio Legale e Tributario Etruria)