Riferimenti:

art.12, comma 7, della l. n°212/2000
Corte di Cassazione, sentenza n°2594/2014;
Corte di Cassazione, sentenza n° 406/2015,
Corte di Cassazione, ordinanza interlocutoria n°527/2015. 

E’ innegabile che i controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate sui conti bancari dei contribuenti nonché sui conti intestati a soggetti terzi che hanno significativi rapporti con gli stessi contribuenti, stanno assumendo sempre maggiore rilevanza, tanto da meritare una breve disamina delle possibili cause di illegittimità di eventuali avvisi di accertamento basati sulle movimentazioni bancarie.  

 Ovviamente, poiché la materia è molto vasta e non basterebbe un volume intero per racchiudere le molteplici problematiche sottese a tale tipo di accertamento,ci soffermeremo ad esaminare la più recente giurisprudenza formatasi sull’avviso di accertamento notificato al contribuente ma non preceduto dal c.d. PVC (Processo Verbale di Constatazione).

 Sul punto l’art.12, comma 7, della l. n°212/2000 stabilisce che “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.  

La norma appare chiara: terminate le operazioni istruttorie, l’Ufficio deve redigere un apposito verbale e consegnarlo in copia al contribuente. L’Ufficio, inoltre deve attendere  60 giorni prima di poter emettere un avviso di accertamento, poiché entro detto termine il contribuente ha diritto di formulare e presentare all’Amministrazione Finanziaria le proprie difese e/o osservazioni.

 Ora, la questione fondamentale è se detta norma si applichi solo agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si eserciti attività aziendale o professionale del contribuente, oppure vale in via generale e, dunque, anche per gli accertamenti c.d. “a tavolino”, ovvero quelli effettuati dall’Agenzia fiscale sui conti bancari del contribuente.  

Sul punto la sentenza n°2594/2014 della Corte di Cassazione, seppur laconicamente, ha censurato la sentenza di merito per non aver ritenuto che il termine dilatorio di 60 giorni di cui al settimo comma dell’art. 12 della l. n°212/2000 dovesse essere rispettato dall’Ufficio anche in esito a una verifica fondata su indagini bancarie.

Ebbene, ne consegue che se gli Ermellini riconoscono fondamentale il termine dilatorio di 60 giorni e recta via riconoscono, a pena di illegittimità del successivo avviso di accertamento, anche un obbligo per l’Agenzia delle Entrate di emettere a conclusione della fase puramente istruttoria un Processo Verbale di Constatazione.

 Interessante per i principi ivi espressi è  la recentissima sentenza n° 406/2015 ove la Corte di Cassazione afferma che “avuto riguardo alla operata riconduzione ad unità sistematica, in materia tributaria, del principio del contraddittorio anticipato e delle conseguenze giuridiche invalidanti l'atto per la inosservanza del modello legale, risulta che tanto la disciplina procedimentale delle fattispecie abusive, in materia di imposte dirette, dettata dall'art. 37 bis, comma 4, quanto quella prevista dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, debbono essere unitariamente interpretate alla stregua degli specifici riferimenti tratti dalla giurisprudenza comunitaria secondo cui "il rispetto dei diritti di difesa costituisce un principio generale del diritto comunitario che trova applicazione ogniqualvolta l'amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo" (cfr. Corte giustizia 18.12.2008, causa C-349/07, Sopropè; id. 22.10.2013, causa C-276/12, Sabou), con la conseguenza che "i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l'amministrazione intende fondare la propria decisione" (cfr. Corte di giustizia 24.10.1996, causa C-32/95 P, Lisrestal; id. 21.9.2000, causa C-462/98 P, Mediocurso; id. 12.12.2002, causa C-395/00, Cipriani; id. Sopropè, dt.; id. Sabou, dt.)” . Pertanto i giudici di legittimità giungono ad affermare che “anche nel caso in cui l'Ufficio finanziario intenda contestare fattispecie elusive, indipendentemente dalla riconducibilità o meno delle stesse alle ipotesi contemplate dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, comma 3, è tenuto a richiedere preventivamente chiarimenti al contribuente e ad osservare il termine dilatorio di gg. 60, prima di emettere l'atto accertativo che dovrà essere specificamente motivato anche in ordine alle osservazioni, chiarimenti, giustificazioni, eventualmente fornite dal contribuente: risultando inficiato dal vizio di nullità l'atto impositivo emesso in difformità da detto modello procedimentale.”  

Orbene, la questione sul punto è tutt’altro che pacifica, ricordiamo, infatti, che in altre occasioni la Corte di Cassazione si è espressa affermando l'opposto principio e precisamente che l’applicazione dell’art.12, comma 7, riguarda solo ed esclusivamente agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali del contribuente (sentenze nn°15583/2014, 7598/2014, 13588/14).

Proprio al fine di dirimere definitivamente detto contrasto giurisprudenziale, la Corte di Cassazione con ordinanza interlocutoria n°527/2015 ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, precisando quanto segue: “ritiene il Collegio che l’opzione ermeneutica più lineare per garantire il contraddittorio processuale, nei termini delineati dalla sentenza n. 1968/14, nei procedimenti di verifica c.d.” a tavolino” sia quella di applicare anche a tali verifiche il disposto dell’art.12, comma 7, l. 212/00”.  

Comunque, in attesa che le Sezioni Unite si pronuncino definitivamente sul tema, ritengo che qualora il contribuente intenda nel frattempo eccepire la validità dell'atto impositivo per violazione del contraddittorio endoprocedimentale, debba in ogni caso indicare nel proprio ricorso introduttivo le ragioni che egli avrebbe potuto dedurre se gli fosse stato dato modo di difendersi in sede procedimentale. In altri termini, il ricorrente dovrebbe dimostrare in sede giudiziaria che le proprie difese in sede procedimentale potevano essere ragionevoli e meritevoli di considerazione da parte dell'Amministrazione Finanziaria.

  Avv. Alessandro Sgrò
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