La Corte di Cassazione, 6^ Sez. penale, con la sentenza n. 10745 depositata in data 16 marzo 2011 ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Campobasso - la quale, a sua volta, aveva confermato la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Larino, sezione distaccata di Termoli – e, di conseguenza, la condanna di Tizia a due mesi di reclusione e 200 Euro di multa per violazione degli obblighi di assistenza familiare nei confronti dei figli ex art. 570, 1^ comma, cod. pen. La Corte d’Appello ha motivato la propria decisione precisando che non può essere giustificato il comportamento di Tizia – la quale, allontanatasi dalla casa familiare, per quattro anni non ha mantenuto alcun contatto con i figli, neppure telefonicamente -, anche se quest’ultima si è allontanata dal domicilio domestico per il timore della propria incolumità fisica a causa della condotta violenta del marito (denunciato in precedenza per lesioni personali). Tizia ha proposto ricorso per Cassazione lamentando il vizio di motivazione della sentenza di secondo grado in merito alla configurabilità del reato contestato, atteso che l’imputata era stata costretta a lasciare la casa familiare a causa della condotta violenta del marito, e che durante tutto il periodo di tempo in cui era stata lontana non aveva mai smesso di informarsi circa le condizioni di vita dei figli. La Suprema Corte ha giudicato il ricorso inammissibile per la genericità delle motivazioni in esso contenute; in particolare, non vi è alcuna giustificazione dei motivi per i quali Tizia durante i quattro anni di lontananza si è completamente disinteressata dei figli (non è considerata causa di giustificazione sufficiente il timore causato dalla condotta violenta del coniuge). I Giudici di legittimità hanno, invece, cassato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Campobasso nella parte in cui ha stabilito, congiuntamente, una pena detentiva e una pena pecuniaria, nonostante sia stata ritenuta applicabile alla fattispecie l’ipotesi prevista dall’art. 570, 1^ comma, cod. pen. (che prevede l’applicazione, in via alternativa, della pena detentiva o di quella pecuniaria). La Corte d’appello, dovrà pertanto, procedere nuovamente alla determinazione della pena. Roma, 18 marzo 2011 Avv. Daniela Conte RIPRODUZIONE RISERVATA