Con un recentissimo provvedimento la Corte di Cassazione (ordinanza n. 13217/2021) ha stabilito che la sindrome da alienazione parentale (PAS) o la sindrome da madre malevola (MMS) non sono patologie riconosciute scientificamente e pertanto non posso giustificare l’affidamento super esclusivo in favore di un coniuge.
In breve la PAS consiste in un incitamento ad allontanarsi da uno dei due genitori, portato avanti intenzionalmente dall'altro genitore attraverso l'uso di espressioni denigratorie, false accuse e costruzioni di realtà virtuali familiari.
Il caso:
Il giudice di merito, dopo attenta istruttoria, concedeva al padre del minore l’affido esclusivo dello stesso, regolando al contempo le visite della madre. Il padre adiva la Corte d’Appello chiedendo l’affidamento super esclusivo; la madre, opponendosi alla pronuncia del Tribunale e al reclamo della controparte, chiedeva l’affidamento condiviso del figlio.
La questione giungeva al vaglio della Corte di legittimità, che statuiva che non può bastare la perizia eseguita dal CTU per disporre l’affidamento super esclusivo.
Per comprendere la ragione sottesa alla pronuncia degli ermellini occorre specificare che nell’ordinamento italiano, al fine di tutelare sempre il primario interesse della prole, deve essere preferito l’affidamento condiviso rispetto all’affidamento esclusivo. Quest’ultimo pertanto, deve essere visto come una possibilità residuale. A maggior ragione, dunque, residuale deve ritenersi l’affido super-esclusivo che prevede un regime ancor più rigido. Lo stesso, infatti, consente, a differenza del regime dell’affidamento esclusivo, al genitore affidatario di adottare tutte le decisioni riguardanti il minore – tenendo conto delle sue capacità, aspirazioni e inclinazioni naturali – anche senza il coinvolgimento dell’altro genitore. Si precisa, tuttavia, che un simile provvedimento non incide sulla titolarità della responsabilità genitoriale – che resta in capo ad entrambi i genitori – ma solo sull’esercizio della stessa.
Le motivazioni:
La Cassazione parla del dubbio fondamento scientifico della sindrome PAS cui la CTU faceva riferimento. Il percorso che ha portato alle conclusioni della CTU, si legge nell’ordinanza, avrebbe dovuto essere «scevro da pregiudizi originati da postulate e non accertate psicopatologie con crismi di scientificità». Dagli atti, emerge invece che «le asprezze caratteriali» della donna siano state valutate «in senso fortemente stigmatizzante». Nell’ordinanza, la Corte entra anche nel merito di quale debba essere, da parte dei giudici, la prassi da seguire in questi casi: «Il giudice di merito, nell’aderire alle conclusioni dell’accertamento peritale, non può, ove all’elaborato siano state mosse specifiche e precise censure, limitarsi al mero richiamo alle conclusioni del consulente, ma è tenuto (…) a verificare il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale e che risulti, sullo stesso piano della validità scientifica, oggetto di plurime critiche e perplessità da parte del mondo accademico internazionale, dovendosi escludere la possibilità, in ambito giudiziario, di adottare soluzioni prive del necessario conforto scientifico e potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che intendono scongiurare».
In conclusione possiamo dire che il Giudice di merito nell’esercizio delle proprie funzioni dovrebbe, presa in esame la CTU espletata, ricondurre il tutto al caso concreto in esame e verificare che la possibilità di disporre un affido esclusivo o super esclusivo tuteli realmente il primario interesse del minore.
A cura dell’Avv. Vanessa Bellucci
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