Il Tribunale per i Minorenni di Venezia, con decreto del 7 novembre 2016, in composizione collegiale, ha respinto il ricorso con cui i nonni materni di una bambina, figlia di genitori separati, chiedevano di veder riconosciuto il proprio diritto a mantenere rapporti significativi con la nipote non ritenendo sussistente un diritto di visita dei nonni né un pregiudizio per la minore.
Il diritto dei nonni di “mantenere”, ovvero di preservare e far continuare, i rapporti “significativi” con i nipoti minorenni anche nei casi in cui sia impedita la normalità delle relazioni è un tema delicato a lungo dibattuto in questi ultimi anni.
Nell’attuale ordinamento giuridico delineatosi a seguito della riforma delle norme sulla filiazione tale principio è sancito dall’art. 317 bis c.c. - come sostituito dall’art. 42, D.Lgs. n. 154/2013, in esecuzione della delega prevista dall’art. 2, L. n. 219/2012- che prevede in capo agli ascendenti una legittimazione ad agire in giudizio, nel caso in cui l’esercizio del diritto venga impedito, "affinchè siano adottati i provvedimenti più idonei nell'esclusivo interesse dei minori".
Il legislatore ha, dunque, riconosciuto ai nonni una posizione di diritto autonoma, speculare a quella del figlio minore di “crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti” sancita espressamente dall’art. 315 bis del codice civile come diritto di portata generale a prescindere dall’esistenza del vincolo matrimoniale dei genitori e anche al di fuori dei casi di crisi familiare regolati, invece, dall’art. 337 -ter del codice civile che stabilisce che il figlio minore ha diritto di “conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.
Già nel 2006 con la riforma sull’affidamento condiviso era stato previsto il diritto del minore di conservare un rapporto significativo con gli ascendenti di ciascun ramo genitoriale nel caso di separazione dei genitori ma la disposizione non aveva inciso sulla natura e sull’oggetto dei giudizi di separazione e di divorzio, né sulle posizioni e sui diritti delle parti in essi coinvolti. Infatti la giurisprudenza della Cassazione successiva alla riforma del 2006, nel ribadire che il diritto previsto dalla legge non era diritto dei nonni ma dei nipoti, aveva negato ai primi di intervenire nei giudizi in cui si decideva circa l’affidamento e le modalità di visita del minore sia in via principale che ad adiuvandum, ossia a supporto delle ragioni di un genitore, poiché nessuna legge attribuiva loro un diritto in via autonoma.
La disposizione normativa prevista dall’art. 317 bis c.c. pur non attribuendo ai nonni un autonomo “diritto di visita” ai nipoti, attribuisce loro un preciso rilievo giuridico alla conservazione della relazione affettiva la cui esistenza e tutela prescindono dalla presenza di una crisi nel rapporto tra i genitori anche se l’attivazione del procedimento sembra richiedere pur sempre una mancata collaborazione di uno o entrambi di essi ad una regolare frequentazione dei nipoti con i nonni.
Naturalmente la questione del “confine” dei diritti dei nonni sui nipoti si pone con più evidenza nella fase patologica del rapporto di coppia.
Rimanendo nell’alveo di una riforma tesa a tutelare i figli minori e non gli adulti, l’intervento giudiziale previsto dall’art. 317 bis c.c. resta sempre delimitato dal principio dell’“esclusivo interesse del minore” cui il giudice dovrà attenersi nell’assunzione dei provvedimenti che riterrà opportuni.
In questo quadro giuridico è intervenuto il recente decreto del Tribunale per i Minorenni di Venezia del 14 ottobre- 7 novembre 2016 che ha compresso in modo significativo la portata del diritto dei nonni a mantenere rapporti significativi con i nipoti in caso di intervenuta separazione tra i genitori.
Nella vicenda in esame, i nonni materni di una bambina, premesse alcune considerazioni sullo stato dei provvedimenti afferenti altro procedimento riguardante la minore, hanno adito l’autorità giudiziaria lamentando che il padre impediva alla figlia «“in modo assoluto” di conservare rapporti significativi con gli ascendenti».
I giudici, accogliendo le tesi del padre costituitosi in giudizio, hanno respinto l’istanza dei nonni ritenendo che l’introduzione dell’art. 317 bis non ha comportato alcuna innovazione sotto il profilo processuale e che, pertanto, l’azione degli ascendenti va ricondotta nell’alveo dei procedimenti ex art. 333 c.c. rubricato “Condotta del genitore pregiudizievole ai figli”.
In questo senso, secondo il Tribunale adito, sussiste una tutela del diritto dei nonni esclusivamente quando la mancata continuità della relazione significativa con i nipoti sia effettivamente e concretamente pregiudizievole per i minori, imponendo correlativamente di addivenire ad una limitazione della responsabilità dei genitori.
Tale diritto, pertanto, essendo solo strumentale alla realizzazione del paradigma fondamentale dell’interesse del minore è destinato a “soccombere” rispetto a quello del minore medesimo a condurre un’esistenza serena ed equilibrata «senza essere coinvolto o costretto a subire le ricadute e le ripercussioni dei cattivi rapporti tra i genitori o uno di essi e gli ascendenti».
D’altra parte, afferma ancora il Tribunale, è lo stesso testo dell’art. 317 bis ad imporre al giudice l’adozione dei «provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore>> e non «quelli più idonei a soddisfare i desiderata degli ascendenti».
Considerato, inoltre, che la norma attiene alla specifica ipotesi in cui sia «impedito l’esercizio di tale diritto» in modo ingiustificato e pregiudizievole e non alla mera necessità di regolamentazione dei rapporti ascendenti – nipoti come sostanzialmente richiesto dai ricorrenti, i giudici non hanno ritenuto sussistere un pregiudizio della minore ed hanno rigettato il ricorso.
In conclusione per i giudizi veneziani il diritto dei nonni di poter incontrare i nipoti anche nella fase patologica del rapporto tra i genitori non è assoluto in quanto non spetta loro un vero e proprio “diritto di visita” che possa essere regolamentato con tempi e modalità così come previsto per i genitori stessi, essendo sufficiente, nel caso sottoposto al loro esame, la frequentazione con la minore quando questa si trova presso il genitore di riferimento, ovvero la madre.
In ogni caso, il giudice sarà tenuto a valutare sempre prioritariamente i comportamenti che possano recare un pregiudizio al soggetto minorenne e a tutelarne la crescita sana ed equilibrata all’interno della famiglia.
Il decreto del Tribunale per i Minorenni di Venezia è sicuramente destinato a far discutere in quanto fornisce un’interpretazione molto restrittiva dell’art. 317 bis c.c. che disattende le aspettative di tanti nonni che, loro malgrado, subiscono le conseguenze negative dei conflitti genitoriali.