Ritengo interessamente pubblicare "retrospettivamente" questo mio primo commento all'allora Proposta di Legge Camera n. 66, detta "Tarditi", dal nome del primo firmatario, poi divenuta, con modifiche, la Legge n. 54/2006, sull'introduzione dell'affidamento condiviso della prole minore. La pubblicazione, che a suo tempo fu edita su varie riviste cartacee e siti giuridici, subì una serie di critiche e contestazioni dall'Associazione "Crescere insieme", che si era fatta portatrice della Proposta di Legge poi divenuta legge. Tuttavia, a distanza di più di 10 anni dalla sua prima pubblicazione, questo mio "antico" intervento si rivela assai...profetico, visto il fallimento dell'istituto dell'affidamento condiviso nella prassi giudiziaria e giurisprudenziale successiva all'entrata il vigore della Legge n. 54/2006. L'affidamento condiviso si è rivelato, in effetti, nella prassi consolidatasi, una mera "formula di stile" collegata al sistematico collocamento presso uno dei genitori, in luogo dell'affidamento esclusivo, che era la usuale formula affidativa precedente alla Legge. Con la conseguenza, catastrofica per i genitori di sesso maschile, che, se prima del 2006 almeno in circa l'8 % dei casi il genitore padre veniva nominato affidatario esclusivo della prole minore, oggi, con la "scusa" dell'affidamento condiviso, i Giudici dispongono, ormai sistematicamente e con percentuali "bulgare", il collocamento presso la madre. Il mio intervento, che riporto, era appunto a tutela della bigenitorialità., nella consapevolezza che l'affidamento condiviso era un istituto inutile, che anzi si sarebbe rivelato deleterio per gli interessi del genitore non affidatario. In effetti le cose sono andate proprio così e quei genitori padri, membri di "Crescere insieme", che tanto mi criticarono più di 10 anni fa, ora piangono col loro "affidamento escusivo" in mano, formula di stile che vale meno di una medaglia di cartone, e deprivati non solo del collocamento della prole minore, ormai pressocché unanimamente riservato alla genitrice -madre, ma anche di ogni realistica speranza di poter ribaltare la situazione con un affidamento a proprio favore. Chissà se questi signori prima o poi mi chiederanno scusa, facendo ammenda di avermi a suo tempo mal letto o ancor più malamente compreso... (30/10/2013)
Avv. Gerardo Grazioso - Docente presso il Master sul Diritto del Minore presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università "La Sapienza" in Roma.
Cassazionista e Canonista con studio legale  in Roma, Milano e Bari.


RETROSPETTIVA

PRIMA CHE SIA TROPPO. . . . . . . TARDITI
(pubblicato per la prima volta nel 2002 da Realtà Forense, Organo del Sindacato Avvocati  Bari)

I mass-media hanno recentemente dato ampio risalto ad un progetto di legge (Pdl Camera, n. 66 - primo firmatario Tarditi), che, in maniera frettolosa ed insipiente, è stato presentato all'opinione pubblica come panacea di tutti i problemi relativi all'affidamento della prole minore nei giudizi di separazione e divorzio. Nulla di più erroneo e fuorviante.

Tuttavia il pericolo che la discutibile Proposta di legge possa sfociare in tempi brevi in una celere approvazione da parte del Parlamento non è assolutamente da sottovalutare, visto l'enorme numero di cofirmatari (rappresentanti l'intero schieramento politico dell'attuale maggioranza di governo), ed il "binario preferenziale" cui pare essere stato inserito il progetto, che attualmente trovasi all'esame della II Commissione Giustizia in sede consultiva, avendo la medesima Commissione, il 13 novembre u. s. , in sede referente, ritenuto di chiedere il parere delle maggiori associazioni del settore, tra cui le medesime che hanno dato vita al progetto medesimo e similari, e che pertanto, ovviamente non potranno che esprimere parere favorevole.

La Proposta di legge, ideata da tale Marino Maglietta, sociologo e Presidente dell'associazione "Crescere insieme", ha, in verità radici antiche. Sin dai primi anni '90, infatti, si aveva traccia della presentazione in Parlamento di progetti di legge proponenti l'affidamento congiunto della prole minore nei giudizi di separazione e divorzio come soluzione imposta e generalizzata. Primo motore propulsore di tali progetti fu l' A. P. S. (Associazione padri separati), poi disgregatasi in vari tronconi.

Nella battaglia per l'affidamento congiunto generalizzato si sono nel tempo aggiunte altre sigle, come la Ge. se. f. (Genitori separati dai figli), l'associazione genitori separati, la medesima "Crescere insieme", ed altre minori. Dall'assoluta risibile rozzezza giuridica dei primi progetti, si è passati ad altre proposte più sofisticate dal punto di vista tecnico-formale, ma non per questo degne di condivisione.

Ancora nella esaurita XIII Legislatura si trova traccia di svariati similari progetti in tema di affidamento congiunto(tra gli altri Senato, n. 2457 primo firmatario Iuliano, Senato n. 3290, p. f. Lombardi, Camera, n. 3868, p. f. Pozza Tasca).

Vale la pena di fare presente che le istanze che hanno animato le lotte di tali associazioni, in gran parte composte da genitori non affidatari, non vanno a priori sottovalutate.

Si lamenta in particolare:

a) lo scarsissimo numero di affidamenti al genitore di sesso maschile, se rapportato a quello relativo al genitore di sesso opposto.

Curiosamente, a ben esaminare autorevoli statistiche, dal 1987 al 1998 la percentuale di tali affidamenti, già risibile, si è quasi dimezzata, quasi che tali prese di posizione abbiano avuto l'esito di ingenerare effetti perversi di segno opposto;

b) l'impotenza del genitore non affidatario, genitore "espropriato" o "dimezzato" per definizione, o "genitore del tempo libero", per citare il Lipari, ad esercitare efficacemente, alla luce dell'attuale normativa, i poteri di controllo sulla vita e sulle cure del minore che pure la legge gli attribuisce;

c) la confusione normativa riguardante l'esecuzione coattiva dell'esercizio del regime di visite del minore, che permette, allo stato attuale, all'affidatario, di arbitrariamente ridimensionarlo o comprimerlo a proprio piacimento senza rischiare più di tanto.

E' però evidente che, quanto al primo profilo, trattasi di un problema dovuto alla persistenza, nella gran parte dei giudici, di schematismi aprioristici superati, ed il cui superamento deve rinvenirsi in un'opera di sensibilizzazione tesa ad inculcare nella magistratura familista il principio delle "pari opportunità", inteso in un'ottica diametralmente opposta a quella con cui si intende tale locuzione, e cioè nel senso di garantire concretamente ed effettualmente (perché teoricamente già la normativa vigente è bastevole), al genitore di sesso maschile le stesse possibilità affidative di quelle riservate alla donna-madre.

Per quanto riguarda le ulteriori istanze emarginate, chi scrive ritiene che ben possano soccorrere interventi legislativi ad hoc, tesi a rafforzare e potenziare gli strumenti processuali a garanzia dei diritti del non affidatario, piuttosto che arrivare a forzature come la teorizzazione dell'affidamento congiunto imposto e generalizzato.

Sia l'affidamento congiunto, che quello alternato, sono stati introdotti nel nostro ordinamento dall'art. 6, 2° cpv della legge n. 898/70, come rinovellata dalla legge n. 74/1987, come soluzioni affidative opzionali, e non certo generalizzate.

Tuttavia entrambe le soluzioni sono state ampiamente bocciate sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza.

Quanto all'affidamento congiunto, si è rilevato che, a ben vedere, l'art. 155 c.c. già riserva ad entrambi i genitori l'obbligo di concordare le decisioni di maggiore interesse per il minore. Pertanto l'istituto dell'affidamento congiunto si rivela in gran parte pleonastico (Canova, Grasso, 1991), e, sotto altri aspetti, addirittura deleterio (Trabucchi, 1987), laddove non nasca da un atto di libera scelta tra due genitori tra i quali non esista alcun tipo di conflittualità, perché altrimenti, ove imposto, rischia di ottenere l'effetto perverso di incrementare la conflittualità, a danno del minore, anziché spegnerla (cfr. C. App. Perugia, 24/3/1998; Trib. Milano 9/1/1997; C. App. Perugia, 18/1/1992;Trib. Genova, 18/4/1991), spostandola ad un livello microconflittuale.

Ancor più marcate le critiche svolte all'istituto dell'affidamento alternato, visto come altamente perturbante per l'equilibrio psico-affettivo del minore (tra le altre cfr. Trib. Napoli, 22/12/1995;Trib. Mantova 11/4/1989).

Tuttavia ciò non ha impedito che, ancora nella corrente XIV Legislatura, siano stati ripresentati nuovi progetti di legge che ripropongono l'istituto, già unanimamente bocciato, dell'affidamento congiunto, come soluzione imposta e generalizzata (Camera n. 453, primo firmatario Cento; Camera n. 643 p. f. Lucchese;Camera n. 1558, p. f. Vitali;Camera n. 2233, p. f. Lucidi: le prime tre Proposte sono state attualmente accorpate alla "Tarditi" in sede di esame della II Commissione Giustizia in sede consultiva; la quarta, presentata solo recentissimamente, lo sarà senz'altro nel giro di poco tempo).

Su tale corposo "humus" di progetti destinati inevitabilmente al fallimento, si inserisce la "Tarditi", che, per delle sue peculiarità di facciata, rischia invece purtroppo di essere presa molto sul serio.

Per superare le innumerevoli critiche svolte all'affidamento congiunto, l'ideatore della Proposta postula la creazione di un istituto del tutto nuovo, pensato e costruito "a tavolino", e non certo nascente dalla prassi consolidatasi, che definisce "affidamento condiviso".

Vi è preliminarmente da censurare che possa lasciarsi legiferare operatori del metagiuridico, anziché giuristi propriamente detti, e gli effetti sono davanti ai nostri occhi. La relazione introduttiva, scritta in un modaiolo "psicologese", pullula di citazioni metagiuridiche tratte da opere di psicologia e sociologia, laddove l' autoreferenziale Maglietta giunge a "citarsi addosso", richiamando più volte dei propri lavori.

I (pochi) riferimenti giuridici peccano di maliziose generalizzazioni fuorvianti;si tenta di spacciare le varie leggi nazionali europee di ratifica ed esecuzione della Convenzione di New York sui Diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, come un unanime accoglimento dell'affidamento congiunto come principio generalizzato: tutto ovviamente frutto di clamorose esagerazioni, se non di vere e proprie falsità.

Quanto all' "affidamento condiviso", questa figura appare come un "monstrum" giuridico a due teste, nato dall'ibridazione dei due istituti già ampiamente bocciati dell'affidamento congiunto ed alternato. Si prevede che il minore venga affidato, in udienza presidenziale, ad entrambi i genitori; quanto poi al concreto esercizio della potestà, si prevede la suddivisione della giornata del minore in vari segmenti temporali, delegando l'uno o l'altro genitore alle relative cure.

Ciò dimostrando di ignorare la vera essenza dell'affidamento, che è principalmente attribuzione giudiziale di responsabilità, che trova la sua ratio in un opportuno intervento statuale nel momento della disgregazione della famiglia, teso ad individuare, con esattezza assoluta (diremmo "chirurgica"), il soggetto preposto, che proprio verso lo Stato, e verso chiunque ne abbia interesse, dovrà rispondere delle cure e della custodia del minore.

Come salvaguardare tali indiscussi princìpi in quel vorticoso "ottovolante" che diverrebbe la vita del minore, secondo le intenzioni dei proponenti?

E' come non rilevare ictu oculi che la microconflittualità tra i genitori sarebbe destinata inevitabilmente ad aumentare e ad investire aspetti talmente marginali da ripugnare persino al più sensibile dei giuristi? ("De minimis non curat praetor").

Si propone ancora l'abolizione dell'assegno di mantenimento, atteso che ciascuno dei genitori risponderebbe, direttamente verso il minore, per i "capitoli di spesa" stabiliti dal giudice.

Anche tale proposta è in contrasto con ultraconsolidati princìpi giurisprudenziali, che hanno negato la compensabilità, in detrazione dall'assegno di mantenimento, per erogazioni dirette effettuate in favore del minore dal non affidatario. Tra l'altro, chi potrebbe controllare l'effettiva erogazione delle spese incombenti su ciascun genitore?Chiunque abbia una seppur minima esperienza giudiziale in materia può facilmente rendersi conto di come la soluzione proposta sia assurda ed inattuabile.

Si propone ancora l'introduzione dei c. d. "centri familiari polifunzionali", cui i coniugi dovrebbero rivolgersi, per ordine del giudice, per articolare "progetti educativi" riguardanti il minore, cui interessati i genitori. Trattasi ancora una volta della riproposizione, sotto altre spoglie, della ormai obsoleta idea di introdurre coattivamente la mediazione familiare nei procedimenti di separazione e divorzio, dimenticando come l'avvocatura familista abbia da tempo, a chiare lettere, ribadito che la mediazione familiare può essere solo atto di libera scelta tra i genitori (dunque mai imposto), e giammai endoprocessuale, perché altrimenti, oltre a creare pericolosi ricatti psicologici a danno del coniuge più debole e più bisognoso di giustizia, rischierebbe di creare pericolose dilatazioni dei tempi del processo.

Questi i punti fondamentali della "Tarditi", per tacere, per motivi di spazio, degli altri aspetti marginali della Proposta, di cui taluni ancor meno condivisibili.

Contro questo "obbrobrio giuridico", che contrariamente rischia di arrivare in tempi brevi all'approvazione, occorre una pronta e ferma di posizione dell'intera avvocatura.

Un primo passo è già tuttavia stato fatto, e consiste nella presentazione in Senato, avvenuta il 21 marzo u. s., da parte del parlamentare barese Ettore Bucciero, del Disegno di legge n. 1276, elaborato in collaborazione con la presidenza dell'associazione "Kramer contro Kramer"; trattasi di una versione ampiamente rielaborata, sia nella relazione introduttiva che nel testo, del Ddl Senato n. 3671, già presentato il 26 novembre 1998, nel corso della XIII Legislatura.

Tale Disegno, che vuole essere una risposta ferma alla "Tarditi" ed ai correlati suesposti progetti in tema di affidamento congiunto generalizzato, si sforza di fornire risposte appropriate e pacate alle istanze dei genitori non affidatari:da un lato ampliando lo spettro degli strumenti processuali a tutela dell'esercizio dei loro diritti sulla prole minore; dall'altro, quanto al controllo sull'esercizio del regime di visite, ridefinendo le funzioni ed i poteri del giudice tutelare.

Il tutto, però, senza snaturare l'istituto dell'affidamento come attualmente congegnato, e senza pretendere di ribaltare in maniera azzardata e scriteriata princìpi dottrinali e giurisprudenziali ultraconsolidati in materia.

Ma per l'esame dettagliato di tale Disegno rimando, per motivi di spazio, i colleghi interessati, ad uno dei prossimi numeri di "Realtà forense".

Avv. Gerardo Grazioso
Cassazionista e Canonista del Foro di Bari
(Giugno 2002)