In termini puramente generali, si è già affermato che diversi possono essere i criteri che il giudice minorile può prendere in considerazione al fine di dichiarare adottabile un minore.

Una rapida carrellata sui provvedimenti, anche recenti, relative alla sussistenza di condizione di assoluta carenza – non dovuta a cause transitorie di forza maggiore - di assistenza morale e materiale da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi non può quindi condurre ad altra conclusione se non a quella per la quale non vi è un unitario criterio che permetta di dichiarare in stato di abbandono un minore.          

Secondo gli studiosi del settore giuridico di cui ci si sta occupando, a giurisprudenza ha subito una lunga evoluzione che ha tentato di chiarire la portata di questo concetto così vago e, diversamente argomentando, i vari giudici chiamati a dirimere la questione hanno dapprima cercato di individuare la nozione di stato di abbandono nei confronti di minore che si trovavano ricoverati in strutture assistenziali, lontani dalla famiglia di origine; passando poi ad affrontare la questione dei problemi connessi con situazioni di emarginazione sociale, malattia mentale e tossicodipendenza, per un verso, e, per l’altro, le situazioni di comportamenti genitoriali violenti perpetrati sui figli minori sia a livello fisico (maltrattamenti e violenze sessuali) sia a livello psicologico e giungendo infine a considerare lo stato di abbandono sotto una visuale più restrittiva del concetto.

La Corte di Cassazione, infatti, ha chiarito che, poiché “l'art. 1 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (nel testo sostituito dalla legge 28 marzo 2001, n. 149) sancisce il diritto del minore di crescere e di essere educato nell'ambito della propria famiglia naturale, e mira a rendere effettivo questo diritto attraverso la predisposizione di interventi solidaristici di sostegno in caso di difficoltà della famiglia di origine, onde rimuovere le cause, di ordine economico o sociale, che possano precludere, in essa, una crescita serena del bambino. In questo contesto - di valorizzazione e di recupero, finché possibile, del legame di sangue, ed anche dei vincoli, come quelli con i nonni, che affondano le loro radici nella tradizione familiare, la quale trova il suo riconoscimento nella Costituzione (art. 29) - si rende necessario un particolare rigore, da parte del giudice del merito, nella valutazione della situazione di abbandono del minore quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilità, ad essa potendosi ricorrere solo in presenza di una situazione di carenza di cure materiali e morali, da parte dei genitori e degli stretti congiunti (ed a prescindere dalla imputabilità a costoro di detta situazione), tale da pregiudicare, in modo grave e non transeunte, lo sviluppo e l'equilibrio psico-fisico del minore stesso, e sempre che detta situazione sia accertata in concreto sulla base di riscontri obiettivi, non potendo la verifica dello stato di abbandono del minore essere rimessa ad una valutazione astratta, compiuta "ex ante", alla stregua di un giudizio prognostico fondato su indizi privi di valenza assoluta”. (Cass. civ., Sez. I, 12/05/2006, n.11019)

E prima ancora che “… la condizione della persistente mancanza di assistenza morale e materiale del minore e l'indisponibilità a porre rimedio a tale situazione non viene meno per effetto di una disponibilità meramente verbale o, comunque, ritenuta inaffidabile, perché contrastala da condotte incompatibili con essa o non accompagnata da comportamenti oggettivamente validi e controllabili, tendenti ad elidere i presupposti dell'accertata situazione di abbandono. (Cass. civ., Sez. I, 20/12/2003, n.19585).

Il senso e il vero significato delle massime decisionali e la valenza del criterio della valutazione caso per caso della sussistenza delle condizioni di abbandono morale e materiale del minore, si comprendono appieno solo quando si ponga mente alla circostanza che il giudice minorile è chiamato a esaminare, secondo l’irrefutabile principio del libero convincimento, le diverse realtà e i particolari bisogni di ogni minore, secondo le condizioni personali, sociali e ambientali del suo contesto di appartenenza.

In questa prospettiva non possono che venir meno tutti i paradigmi e gli stereotipi e il Tribunale per i minorenni dovrà saper adattare il dettato normativo alla fattispecie concreta con le differenziazioni necessarie perché esso possa aderire quanto più possibile al primario interesse del minore alla famiglia.

Insomma, lo stato di abbandono irreversibile e non transitorio del minore da parte dei genitori o da parte di coloro che, parenti, abbiano con lui rapporti affettivi rilevanti non si realizza necessariamente quando vi sia un abbandono volontario da parte dei soggetti appena menzionati.

Si può avere abbandono, infatti, anche quando i genitori si occupino del minore non con l’adeguata attenzione, idoneità e sufficienza, ma piuttosto ponendo in essere condotte che non sono in grado di assicurare al bambino il necessario supporto per l’armonico sviluppo della sua personalità e, cioè, ponendo in essere condotte gravemente pregiudizievoli per la salute e/o la crescita psicofisica del minore.