Gli artt. 22 e seguenti della legge n. 184 del 1983 prevedono e disciplinano l’affidamento preadottivo.

Si tratta della fase necessaria alla nascita del legame e della coesione tra il minore adottabile e la coppia da cui lo stesso verrà, se l’esperimento dell’affido sarà positivo, adottato.

I futuri genitori adottivi, che abbiano i requisiti di cui all’art. 6 della legge sulle adozioni, devono presentare al Tribunale per i minorenni una domanda, con l’espressa specificazione della loro eventualità disponibilità ad adottare più fratelli ovvero minori che siano affetti da handicap.

Possono essere presentate anche più domande successive innanzi a Tribunali diversi, purché se ne dia espressa comunicazione a quelli che sono stati aditi in precedenza.

In questi casi, i Tribunali possono chiedere copia degli atti di parti e di tutta l’attività istruttoria, relativi agli stessi coniugi, agli altri Tribunali e questi ultimi possono anche comunicare officiosamente tutta la documentazione in loro possesso.

La domanda rimane valida per tre anni decorrenti dal giorno della sua presentazione.

Dopo la sua decadenza, essa può essere rinnovata.

Durante il procedimento, chi intende adottare può chiedere ed ottenere informazioni sullo stato della loro pratica (o meglio del loro fascicolo).

Il Tribunale per i minorenni, previo accertamento dell’effettiva sussistenza delle condizioni e dei requisiti dell’art. 6, e, quindi, previa accertamento della sussistenza della durata almeno triennale del matrimonio, dell’idoneità dei coniugi ad ottemperare agli obblighi di istruire, educare e mantenere i minori che essi intendono adottare, dell’età minima e massima richiesta per i coniugi, dispone l’esecuzione di adeguate indagini per il tramite dei servizi sociali locali, nonché con l’intervento di personale specializzato facente capo alle aziende sanitarie locali e ospedaliere.

Nell’esaminare le varie richieste di adozione, il Tribunale dovrà dare la precedenza nell’istruttoria alle domande tese all’adozione di minori che abbiano già compiuto i cinque anni di età o che siano portatori di handicap.

Le indagini disposte dall’A.G. devono essere immediatamente iniziate e devono concludersi entro 120 giorni dal loro inizio e sono finalizzate, in particolare, alla verifica della capacità della coppia di educare il minore, della sua situazione personale ed economica, della salute, dell’ambiente familiare dei richiedenti e dei motivi che li hanno spinti a chiedere di adottare un minore.

Il termine anzidetto entro cui devono concludersi le indagini può essere prorogato con provvedimento motivato. Ma la proroga può essere concessa per una sola volta e al massimo per altri 120 giorni.

All’esito delle indagini, il Tribunale dovrà scegliere tra le coppie che hanno avanzato domanda di adozione è maggiormente in grado di rispondere alle esigenze del minore della cui adozione si sta occupando.

Il Tribunale per i minorenni, come sempre ai sensi dell’art. 737 ss c.p.c., in camera di consiglio, sentiti il PMM, gli eventuali ascendenti dei futuri adottanti, il minore ultradodicenne (obbligatoriamente) o quello infradodicenne che dimostri sufficiente capacità di discernimento, tralasciata qualsiasi altra formalità procedurale, dispone “…senza indugio…” l’affidamento preadottivo.

Con idonea ordinanza dovranno essere anche indicate le modalità che la coppia e il minore dovranno seguire durante la sua persistenza.

Solo quando ricorrano gravi motivi, il Tribunale può decidere di affidare dei fratelli dichiarati adottabili a famiglie differenti.

È opportuno ricordare che il minore che abbia compiuto i quattordici anni deve esprimere non solo il proprio parere, ma addirittura il proprio consenso all’affidamento preadottivo nei confronti della coppia che è stata prescelta dal Tribunale.

Il Tribunale ha l’obbligo di comunicare alla coppia richiedente ritenuta idonea le eventuali problematiche e i fatti rilevanti, relativi al minore, che siano emersi durante le indagini.

Il decreto di affidamento deve essere comunicato al Pubblico Ministero, ai richiedenti l’adozione nazionale e al tutore e inoltre deve essere immediatamente o alo massimo entro 10 giorni, iscritto sul registro tenuto dalla cancelleria a margine della trascrizione della sentenza dichiarativa dello stato di adottabilità.

Il Tribunale vigila sul buon andamento dell’affidamento preadottivo, avvalendosi anche della collaborazione del giudice tutelare e dei servizi sociali locali e consultoriali.

Nel caso in cui durante lo svolgimento dell’affidamento preadottivo dovessero manifestarsi delle difficoltà e le stesse vengano accertate, il Tribunale convoca, anche separatamente, i genitori affidatari e il minore, alla presenza, se necessario, di uno psicologo, per valutare i motivi sottesi alla situazione e causativi delle difficoltà rilevate. Se necessario, in questi casi, viene anche disposto un percorso di sostegno psicologico e sociale per la coppia e il minore.

Durante il periodo dell’affidamento preadottivo, secondo la dottrina prevalente, sulla coppia scelta incombono gli stessi obblighi gravanti sui genitori ai sensi dell’art. 147 c.c. Dovranno, pertanto, provvedere a educare, mantenere e istruire i minori loro affidati.

Inoltre, su di loro graverà la responsabilità per gli eventuali fatti illeciti commessi dai minori durante l’affido.

Con piena parificazione della posizione degli affidatari (anche liberi professionisti) a quella dei genitori biologici, alla coppia affidataria spettano, poi, gli assegni familiari e le prestazioni previdenziali relative al minore, le eventuali detrazioni fiscali ai fini dell’imposta dei redditi e soprattutto il diritto all’astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro, permessi per malattia del minore e riposi giornalieri previsti dalle normative vigenti in materia.

L’affidamento preadottivo ha durata annuale, con possibilità, per il Tribunale per i Minorenni di prorogare, con ordinanza, d’ufficio o su istanza dei coniugi affidatari, il predetto termine di un altro anno quando tale prolungamento sia richiesto dall’interesse del bambino adottabile.

Nel caso in cui, invece, si verifichino nel corso dell’affidamento delle difficoltà di idonea convivenza insormontabili, allora il Tribunale deve decidere sulla revoca dell’’affidamento con decreto motivato, previa assunzione di prove a tutela dell’interesse preminente del minore, e, comunque, previo parere del PMM e dopo aver sentito il minore ultradodicenne e quello infradodicenne dotato di sufficiente capacità di discernimento, gli affidatari, il tutore e i responsabili degli enti preposti all’attività di vigilanza durante l’affido.

Anche in questo caso, dopo la sua comunicazione al Pubblico Ministero, al presentatore dell’istanza di revoca, agli affidatari e al minore e comunque entro dieci giorni, il decreto di revoca deve essere annotato a margine della trascrizione della sentenza dichiarativa dello stato di adottabilità.

Due ipotesi specifiche sono prese in considerazione dalla legge sulle adozioni (art. 25) in materia di revoca dell’affidamento preadottivo, vale a dire la morte o l’incapacità sopravvenuta di uno dei coniugi e la loro separazione personale.

In entrambe le evenienze il Tribunale deve valutare la situazione, essendo facoltativa la possibilità di procedere all’adozione. Pertanto, verificherà se le modifiche intervenute nella famiglia affidataria siano tali da far ritenere che essa rimanga quella comunque maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore.

La legge sulle adozioni prevede che il decreto di affidamento preadottivo e quello di revoca dello stesso possano essere impugnati con reclamo innanzi alla Corte di Appello, sezione per i minorenni, entro 10 giorni dalla loro comunicazione.

La Corte, sentiti il ricorrente, il PMM e, quando sia necessario le persone incaricate di vigilare sul buon andamento dell’affidamento, nonché dopo aver compiuto ogni accertamento e/o indagine ritenga opportuni, decide sul reclamo in camera di consiglio con decreto motivato.

Si ritiene opportuno precisare che avverso il decreto motivato con il quale la Corte di Appello ha deciso il reclamo è possibile proporre ricorso per Cassazione secondo l’orientamento giurisprudenziale costante sul punto (cfr. per tutte Cass. Civ. 28 novembre 1987 n. 8858 secondo la quale “il decreto camerale, reso dalla Corte d’appello, sezione per i minorenni, in sede di reclamo avverso il provvedimento del provvedimento del Tribunale per i minorenni sull’affidamento preadottivo, secondo la previsione degli artt. 22-24 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è reso impugnabile con ricorso per Cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., in quanto non si esaurisce in un intervento di natura amministrativa, nell’ambito di una gestione pubblicistica degli interessi del minore (come invece il decreto di affidamento provvisorio o fiduciario, disposto in pendenza del procedimento per la dichiarazione di adottabilità), ma statuisce su posizioni di diritto soggettivo, in via decisoria, con attitudine cioè a spiegare effetti di giudicato sostanziale, assegnando al minore uno status prodromico alla successiva adozione, con il suo stabile inserimento nel nucleo familiare dei coniugi che hanno richiesto l’adozione stessa”.