Secondo la disposizione dell’art. 291 c.c. “L'adozione (dei maggiori di età) è permessa alle persone che non hanno discendenti legittimi o legittimati, che hanno compiuto gli anni trentacinque e che superano almeno di diciotto anni l'età di coloro che essi intendono adottare. Quando eccezionali circostanze lo consigliano, il Tribunale può autorizzare l'adozione se l'adottante ha raggiunto almeno l'età di trenta anni, ferma restando la differenza di età di cui al comma precedente”.

Il fine principale dell’istituto in discussione era legato alla necessità tipica delle persone che non hanno discendenza legittima di costituirsene una adottiva alla quale tramandare il proprio nome e per dare vita a rapporti in natura accessoria.

Questa funzione è stata affiancata gradualmente da altre di tipo assistenziale, ovvero relative all’esigenza di rinsaldare l’unità familiare, soprattutto nel caso in cui persone che abbiano deciso di sposarsi abbiano alle spalle precedenti unioni da cui siano nati figli ormai divenuti maggiorenni. In questi casi, l’adozione dei maggiorenni ha la precipua funzione di assicurare più stabili legami fra l’adottante e i figli del coniuge.

Proprio in ragione di queste nuove funzioni assunte da quest’istituzione, l’art. 291 c.c. è stato oggetto di numerosi interventi della Consulta, che ha finito con l’ampliarne l’applicabilità anche all’ipotesi in cui l’adottante abbia dei figli legittimi (Corte Cost. n. 557/88) e con lo specificare che, in caso di incapacità dei figli legittimi ad acconsentire all’adozione perché interdetti, è applicabile per analogia l’art. 297 c.c. in forza del quale, di fronte a un ingiustificato rifiuto dell’assenso all’adozione, il Tribunale (civile ordinario e non quello per i minorenni) può comunque pronunciare l’adozione quando essa risponda all’interesse dell’adottando (Corte Cost. n. 345/92).

Con la successiva decisione del 2004 n. 245 la Corte Costituzionale ha, inoltre, limitato l’applicabilità dell’adozione dei maggiorenni, prevedendo che non possa essere pronunciata quando i possibili genitori adottivi abbiano dei figli naturali riconosciuti minorenni o anche, se maggiorenni, non abbiano acconsentito all’adozione.

Nel caso in cui l’adottante abbia dei figli minorenni, la Consulta aveva ritenuto preclusa l’adozione ex art. 291 c.c. (sentenza n. 53 del 23 febbraio 1994).

Per le finalità assunte dall’istituto in esame, però, la Cassazione  con la sentenza n. 2426 del 3.2.2006, dopo aver ribadito il principio in base al quale “In tema di adozione di persone maggiori di età, la presenza di figli minori (legittimi, legittimati, naturali) dell’adottante, come tali incapaci, per ragioni di età, di esprimere un valido consenso, costituisce di norma, ai sensi dell’art. 291 c.c., un impedimento alla richiesta adozione”, ha poi disposto e stabilito che “…Ove tuttavia l’adozione di maggiorenne riguardi un soggetto che già appartenga, insieme al proprio genitore naturale ed ai fratelli minorenni, ex uno latere, al contesto affettivo della famiglia di accoglienza dell’adottante, la detta presenza dei figli minori dell’adottante non preclude in assoluto l’adozione, fermo restando il potere - dovere del giudice di merito di procedere all’audizione personale di costoro, se aventi capacità di discernimento, e del loro curatore speciale,ai fini della formulazione del complessivo giudizio di convenienza dell’interesse dell’adottando, richiesto dall’art. 312, primo comma, numero 2), c.c., giacché tale convenienza in tanto sussiste, in quanto l’interesse dell’adottando trovi una effettiva e reale rispondenza – eventualmente da apprezzare all’esito dell’acquisizione anche delle opportune informazioni – nella comunione di intenti di tutti i membri della famiglia, compresi i figli dell’adottante”.

Con l’ipotesi dell’adozione di che trattasi, l’adottato acquisisce uno status assimilabile a quello del figlio legittimo, poiché assume il cognome dell’adottante, anteponendolo al proprio e acquista diritti successori nei confronti dell’adottante (essendo la sua posizione parificata dalla normativa a quella del figlio concepito in costanza di matrimonio, sia relativamente alla quota di legittima, sia in relazione alle successioni legittime).

In particolare, per quanto attiene al cognome, l’art. 299 c.c., dopo la modifica attuata nel 1983 dalla legge sulle adozioni, è stato ribaltato il principio previgente, proprio con la previsione della anteposizione del cognome dell’adottante a quello dell’adottato (prima avveniva il contrario).

Si deve inoltre ricordare che la Corte Costituzionale nel 2001 (sentenza n. 120 dell’11 maggio) è intervenuta sull’art. 299, secondo comma, citato, nella parte in cui non prevede che l’adottato maggiorenne possa aggiungere al cognome dell’adottato anche quello originariamente attribuitogli dall’Ufficiale di Stato Civile.

Infine, deve precisarsi che, ai sensi dell’art. 298 c.c., l’adozione dei maggiorenni ha efficacia dalla data del decreto con cui viene pronunciata e che è revocabile nei casi espressamente previsti dal codice civile.