Se le indagini svolte nella procedura portano a concludere che non sussistono i presupposti per la pronuncia dello stato di adottabilità, il Tribunale per i minorenni deve pronunciare, con apposita sentenza, il c.d. non luogo a provvedere, chiudendo così la procedura per la dichiarazione dello stato di adottabilità (art. 16) e la decisione così adottata deve essere notificata a tutti i soggetti ai quali va notificata la sentenza dichiarativa dell’adottabilità e, pertanto, al PMM, ai genitori, ai parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto proficui rapporti con il minore, nonché, quando siano stati nominati, al tutore e al curatore speciale del minore.

Rimane in facoltà del Tribunale per i minorenni disporre, anche in questa sentenza, i provvedimenti che ritenga necessari nell’interesse del minore, anche eventualmente, nonostante la carenza dello stato di abbandono che avrebbe giustificato la dichiarazione di adottabilità, quelli relativi ad un’eventuale decadenza dalla potestà genitoriale dei genitori.

Se, invece, le indagini disposte dall’Autorità Giudiziaria confermano le circostanze addotte dal PMM per la proposizione del ricorso, avanzato sulla segnalazione esterna che sia giunta al suo ufficio, e se pertanto tali attività in senso lato investigative confermano la sussistenza della situazione di privazione dell’assistenza morale e materiale del minore che concretizza lo stato di abbandono e la circostanza della irreversibilità di tale condizione, il Tribunale per i minorenni emana, in camera di consiglio, sentito il Pubblico Ministero, nonché il rappresentate dell’istituto di assistenza pubblico o privato o della comunità di tipo familiare presso cui il minore è collocato o la persona a cui è affidato e previa audizione dell’eventuale tutore e del minore che abbia compiuto i dodici anni o quello infradodicenne che abbia sufficiente capacità di discernimento, la sentenza di dichiarazione dello stato di adottabilità del minore.

L’art. 15 della legge n. 184 del 1983, come modificato dalla legge n. 149 del 2001, precisa che tale dichiarazione può giungere solo quando: “a) i genitori ed i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono presentati senza giustificato motivo; b) l'audizione dei soggetti di cui alla lettera a) ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilità ad ovviarvi; c) le prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori”.

Tali condizioni imprescindibili sono previste a naturale garanzia del minore, consistendo o nella conferma del disinteresse dei genitori nei confronti del minore che fa dedurre la non modificabilità dello stato di abbandono, o nell’assoluta mancanza di atteggiamenti concreti che pongano riparo alla situazione di abbandono morale e materiale del minore e che elidano lo stato di abbandono.

La sentenza deve essere notificata, a cura della Cancelleria del Tribunale per i minorenni chel’ha emanata, al PMM, ai genitori, ai parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore e dei quali sia nota la residenza, al tutore e al curatore speciale.

Unitamente alla notifica della sentenza avviene anche quella dell’avviso del diritto di impugnare la sentenza mediante deposito, entro trenta giorni dalla notifica, di atto di appello della sentenza davanti alla sezione civile per i minorenni della Corte di Appello.

A tal proposito e prima di introdurre specificamente, comunque, un breve commento sull’art. 17 che prevede le modalità per l’impugnazione delle sentenze dichiarative dello stato di adottabilità, si deve precisare che la Corte di Cassazione ha espressamente disposto che “In materia di adozione, l'entrata in vigore dell'art.16 della legge 28 marzo 2001, n.149, sostitutivo dell'art.17 della legge 4 maggio 1983, n.184, che prevede la declaratoria dello stato di adottabilità con sentenza emessa dal Tribunale per i minorenni impugnabile con appello dinanzi alla sezione per i minorenni della corte d'appello, è rimasta sospesa in forza della disposizione transitoria di cui all'art.1 del decreto-legge 24 aprile 2001, n.150 (convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2001, n.240), il cui termine di efficacia dapprima fissato al 30 giugno 2002, è stato ripetutamente prorogato, da ultimo fino al 30 giugno 2007, in forza dell'art.1, secondo comma, della legge 12 luglio 2006, n.228, di conversione del decreto legge 12 maggio 2006, n.173, con la conseguenza che avverso i provvedimenti dichiarativi dello stato di adottabilità, resi anteriormente alla data del 30 giugno 2007, deve proporsi ricorso in opposizione dinanzi allo stesso Tribunale per i minorenni”.

Conseguentemente tutti i provvedimenti emanati dopo il 30 giugno 2007 anche nell’ambito di procedure instaurate sotto il vecchio regime normativo devono obbligatoriamente essere impugnati, ove possibile, non con opposizione e ma con appello.

Il procedimento di adozione dopo la novella del 2001 (artt. 17 ss. l. adoz.)

Impugnazione, definitività e revoca della sentenza dichiarativa dello stato di adottabilità

 

Secondo il disposto dell’art. 17 della legge n. 184/83 “Avverso la sentenza il Pubblico Ministero e le altre parti possono proporre impugnazione avanti la Corte d'appello, sezione per i minorenni, entro trenta giorni dalla notificazione. La corte, sentite le parti e il Pubblico Ministero ed effettuato ogni altro opportuno accertamento, pronuncia sentenza in camera di consiglio e provvede al deposito della stessa in cancelleria, entro quindici giorni dalla pronuncia. La sentenza è notificata d'ufficio al Pubblico Ministero e alle altre parti. Avverso la sentenza della corte d'appello è ammesso ricorso per Cassazione, entro trenta giorni dalla notificazione, per i motivi di cui ai numeri 3, 4 e 5 del primo comma dell' articolo 360 del codice di procedura civile. Si applica altresì il secondo comma dello stesso articolo. L'udienza di discussione dell'appello e del ricorso deve essere fissata entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi atti introduttivi”.

Le persone legittimate a proporre l’appello o il ricorso per Cassazione sono, pertanto, naturalmente i soggetti che hanno avuto formale conoscenza della sentenza dichiarativa dello stato di adottabilità del minore, ossia il Pubblico Ministero, i genitori, i parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto rapporti significativi con l’adottabile, il tutore e il curatore speciale.

Per quanto riguarda in particolare la posizione dei genitori si deve precisare che quando si tratti di genitori naturali e questi abbiano operato il riconoscimento del minore dopo la sentenza in questione, ma prima della fase dell’affidamento preadottivo, essi non potranno impugnare la sentenza, ma piuttosto chiedere, con apposita istanza al Tribunale per i minorenni che l’aveva emanata, che tale decisione venga revocata.

Per la posizione dei parenti entro il quarto grado, può accadere che l’impugnazione sia stata proposta anche da coloro che siano legati da vincolo di parentela rilevante per il diritto ma che non abbiano mantenuto quei rapporti proficui e continuativi con il minore che la normativa in materia di adozione considera necessari.

In questo caso, allora, si ritiene che il procedimento davanti alla Corte di Appello debba comunque proseguire, ma alla prima udienza il Collegio dovrà necessariamente valutare l’ammissibilità o meno dell’impugnazione proprio con riferimento all’elemento della significatività del rapporto tra parente e minore adottabile.

I termini indicati per le impugnazioni sono entrambi inderogabili. Nello specifico, riguardo all’appello, esso deve pervenire materialmente alla cancelleria della sezione per i minorenni della Corte di Appello competente territorialmente entro 30 giorni dalla notifica della sentenza e il ricorso deve contenere le ragioni dell’impugnazione indicate sommariamente.

Subito dopo spetterà al Presidente nominare un consigliere, delegandolo alla trattazione della causa, e fissare entro 60 giorni l’udienza, che si terrà a porte chiuse e con audizione obbligatoria delle parti e del Pubblico Ministero.

La Corte, eseguiti eventuali accertamenti e/o indagini disposti se ritenuti pertinenti alla causa e fondanti per la sentenza, decide sul ricorso riservandosi il deposito della decisione entro 15 giorni.

Se con tale decisione la Corte di Appello accoglie il ricorso, la sentenza di primo grado verrà annullata e la pronuncia attestante lo stato di adottabilità del minore verrà eliminata.

La sentenza emanata dal Tribunale potrà essere ovviamente confermata dalla Corte di Appello nel caso in cui l’impugnazione venga rigettata.

Infine, è possibile che la Corte non emani alcun provvedimento di merito teso all’accoglimento o al rigetto dell’impugnazione, ma che, invece, verificato il mancato rispetto delle norme procedurali che devono applicarsi, con provvedimento di mero rito, rinvii gli atti al giudice del primo grado.

Nella già cennata prospettiva di rendere quanto più veloce possibile il procedimento di adottabilità, la legge n. 149 del 2001 ha stabilito, come si è visto riportando testualmente l’art. 17 della legge sulle adozioni,che la sentenza della Corte di Appello possa essere censurata innanzi alla Corte di Cassazione entro 30 giorni dalla notifica alle parti di tale decisione.

I motivi di impugnazione innanzi al Supremo Collegio possono essere la violazione o la falsa applicazione della legge, la nullità della sentenza o del procedimento, l’insufficienza, la mancanza o la contraddittorietà della motivazione circa un punto decisivo della controversia che sia prospettata dalle parti e rilevabile di ufficio.

La caratteristica di questo giudizio di Cassazione è quella che il giudice delle leggi non deve limitarsi solo decidere sulle violazioni di legge, ma può avere un maggior accesso al fatto attraverso la valutazione dell’insufficienza della motivazione.

Contrariamente a quanto accade per l’appello, nel caso del ricorso per Cassazione, la parte che intende proporlo, prima di depositarlo in cancelleria, deve notificarlo alle altre parti in causa.

Per il resto, il rito è identico a quello previsto per l’impugnazione innanzi alla Corte di Appello e, conseguentemente, l’udienza deve essere fissata entro 60 giorni dal deposito del ricorso e la decisione nei 15 giorni successivi al momento in cui è stata rimessa in camera di consiglio.

Solo incidentalmente si ricorda che, se le parti sono tutte d’accordo, può essere proposto ricorso per Cassazione direttamente avverso la sentenza di primo grado nello stesso termine in cui è proponibile l’appello (c.d. ricorso per saltum).

Una volta divenuta definitiva la sentenza che dichiara lo stato di adottabilità è trascritta entro 10 giorni dalla comunicazione da parte del giudice dell’impugnazione che la stessa è passata in giudicato, a cura della cancelleria del Tribunale per i minorenni, su un apposito registro avente esclusivo uso interno (art. 18 l.adoz.).

Essendo la funzione dell’adozione quella di garantire il diritto del minore ad una famiglia (in questo caso diversa da quella di origine che è inesistente o assolutamente inadeguata), lo stato di adottabilità ne costituisce presupposto indefettibile.

Durante questo periodo di tempo – che può prolungarsi, nella peggiore delle ipotesi, fino al compimento del 18° anno di età dell’adottabile – l’esercizio della potestà genitoriale è sospeso e il Tribunale nomina al minore un tutore, ove non esista già, e adotta tutti i provvedimenti che siano resi necessari dal preminente interesse del minore (artt. 19 e 20).

Lo stato di adottabilità, secondo quanto previsto dall’art. 21, può cessare anche per sua revoca, pronunciata nell’interesse del minore, solo quando siano venute meno le condizioni che lo giustificavano dopo l’emanazione della sentenza che ha dichiarato lo status di adottabile del minore.

A tale proposito si rammenta che la Corte di Cassazione ha specificato che “Si deve interpretare l'art. 21 della legge n. 184/1983 nel senso che esso prevede per la revoca dello stato di adottabilità due requisiti concorrenti: l'interesse del minore e il venir meno della situazione di abbandono. L'interesse del minore va valutato in senso oggettivo, avuto riguardo al possibile pregiudizio che, dal reinserimento nella famiglia naturale possa derivare alle condizioni psicofisiche del minore. Tale indagine comporta una valutazione caso per caso che va condotta dal giudice con riferimento alle caratteristiche proprie della fattispecie sottoposta al suo esame, tenendo anche conto delle aspirazioni del minore” (Cass. Civ., Sez. I, 19/02/2008, n. 4199) e che, pertanto, i due requisiti richiesti dalla norma in esame devono concorrere entrambi.

L’istanza per ottenere il provvedimento di revoca può essere avanzata al Tribunale per i minorenni dai genitori, dal PMM o dal tutore.

Si può procedervi, però, anche di ufficio: in questo caso sarà il Collegio che, verificata la nuova situazione di fatto, provvederà alla revoca.

Il rito è sempre quello camerale previsto per le cause civili innanzi all’Autorità Giudiziaria minorile, con obbligatoria escussione del PMM.

In un solo caso non si può procedere alla revoca dello stato di adottabilità, ossia quando sia già stato esperito l’affidamento preadottivo.