Il contratto prematrimoniale o il  prenuptial agreement  è un negozio giuridico sconosciuto all’ordinamento italiano, di creazione del diritto statunitense e recepito in alcuni Stati europei come la Francia, la Germania, la Svizzera e la Spagna.

L'idea di poter predeterminare con uno schema negoziale la regolamentazione dei rapporti futuri patrimoniali e riguardanti la sfera giuridica dei figli minori, ancorché fondata sui principi della libertà negoziale e dell’autonomia contrattuale, non può trovare applicazione al diritto di famiglia in cui convergono diritti indisponibili e inderogabili dalle parti, come il dovere di contribuzione al consorzio familiare e i doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei figli minori.

Al riguardo, la giurisprudenza è unanime nell’affermare che, in tema di divorzio, così come in materia di separazione, la convenzione o anche detto accordo prematrimoniale, con cui le parti stabiliscono anticipatamente il regime giuridico da applicare in seguito alla cessazione degli effetti civili del matrimonio è invalido nella parte riguardante le condizioni per il mantenimento dei figli e del coniuge.

La Cassazione ha, infatti, ribadito che gli accordi economici volti a stabilire l’importo del futuro assegno di divorzio, o addirittura la previsione di una dichiarazione di rinuncia al mantenimento o di revisione dell’importo dell’assegno sono affetti da invalidità. (Sul punto Cass. Civ. 10.03.2006 nr. 5302 e Cass. Civ. 10.08.2007 nr. 17634)

Secondo l’art. 5 della L. 897/70 che disciplina i criteri per il riconoscimento e la determinazione di un assegno all’ex coniuge, detto diritto non può essere oggetto di rinunzia o transazione anteriormente al giudizio di divorzio.

L’accordo prematrimoniale sarebbe, dunque, illecito ancorché lesivo del diritto di difesa nel giudizio di divorzio, con l’irreparabile compromissione della tutela del coniuge economicamente più debole. (Sul punto Cass. 16.06.81 nr. 3777)

L'assetto giuridico così delineato, tuttavia, ha subito una prima innovazione con il recente regolamento CE nr. 1259/10 che ha previsto la possibilità per i coniugi di scegliere la legge applicabile al divorzio, potendo rivolgersi al giudice italiano se uno dei due coniugi è straniero o residente all’estero o se entrambi italiani residenti all’estero, con i tempi brevi previsti dalla legislazione straniera. Il giudice italiano dichiarerà il divorzio così come è previsto e disciplinato dalla legge straniera. 
Se il diritto, come sosteneva Marx, è una sovrastruttura dell'economia della società civile, sarà auspicabile de iure condendo la possibilità di poter in futuro concordare anticipatamente le questioni patrimoniali, come la divisione dei beni, la quantificazione di corresponsione di somme periodiche o una tantum tra i coniugi, o una clausola di risarcimento del danno in caso di separazione con addebito, fino all'attribuzione dei diritti di proprietà o altri diritti di godimento su uno o più immobili, o ancora sulla ripartizione degli oneri del trattamento di fine rapporto lavorativo o anche sugli aspetti controversi del mantenimento dei figli maggiorenni, ma non ancora economicamente autosufficienti.
Addirittura potrebbe configurarsi l'ipotesi di un obbligo anche per il nuovo coniuge di contribuire al mantenimento dei figli minori del precedente matrimonio, come si sta delineando nella giurisprudenza svizzera.
Diversamente le pattuizioni riguardanti i diritti di affidamento dei figli minori o la potestà genitoriale e i conseguenti aspetti economici del mantenimento nei riguardi del coniuge e dei figli minori anticipatamente al contratto matrimoniale, oltre che per i limiti e divieti previsti dal diritto interno, porterebbero ad una costruzione del contratto matrimoniale sbilanciato a favore di uno o dell'altro coniuge, con conseguenze non meno significative sulla tutela effettiva dei diritti dei figli minori.