Oggi i conviventi per il semplice fatto di convivere stabilmente insieme, costituiscono una “convivenza di fatto” alla quale è applicabile la nuova legge (Legge 20 maggio 2016, n.76, meglio nota come legge “Cirinnà” ) senza che sia necessaria una specifica registrazione all’anagrafe.
Con specifico riferimento, poi, al luogo in cui si è realizzata la convivenza, cioè alla casa abitata dalla coppia, la nuova legge riconosce, nel caso di morte di uno dei conviventi, alcuni specifici diritti in capo al superstite.
Vanno però distinti i casi in cui il convivente defunto sia stato:
1) proprietario dell'immobile,
2) conduttore dell'immobile;
3) usufruttuario dell’immobile;
Esaminiamo quindi le singole ipotesi.
1) IL CONVIVENTE DEFUNTO ERA PROPRIETARIO DELLA CASA ABITATA DALLA COPPIA:
In caso di morte del proprietario della “casa adibita a residenza comune dei conviventi”, la nuova legge introduce una riserva legale temporanea del diritto di abitazione per il partner superstite, prevedendo il diritto di quest’ultimo di continuare ad abitare nell’immobile in questione:
- per due anni ;
- o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni;
- o, per un periodo non inferiore a tre anni, ove nella stessa casa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite.
Le suddette scadenze devono intendersi come automatiche; ciò significa che gli eredi non dovranno intraprendere alcuna procedura giudiziaria per tornare nella disponibilità del bene.
2) IL CONVIVENTE DEFUNTO AVEVA UN CONTRATTO DI AFFITTO DELLA CASA ABITATA DALLA COPPIA:
Nel caso di immobile condotto in locazione, la legge stabilisce che nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione, il convivente ha facoltà di succedergli nel contratto. Si tratta di una norma che riserva maggiori tutele ai conviventi, in quanto, anche in assenza di figli, estende al convivente il diritto di succedere nel contratto di locazione previsto per i conviventi con figli ed è ritenuta pacificamente applicabile anche al caso in cui l’immobile sia concesso in comodato d’uso.
3) IL CONVIVENTE DEFUNTO AVEVA L'USUFRUTTO SULLA CASA ABITATA DALLA COPPIA:
Il diritto di usufrutto invece non si trasferisce né al coniuge superstite né al convivente, perché tale diritto deve ritenersi estinto al momento della morte dell’usufruttuario, il quale non ha neppure il potere di disporne per testamento.
In definitiva, non si può configurare nemmeno il diritto di abitazione per il coniuge o il convivente superstite perché, tale diritto presuppone necessariamente che la residenza familiare fosse di proprietà del defunto oppure concessa a quest’ultimo in locazione o comodato d’uso.