La Corte di Cassazione, con la sentenza n° 18138 del 26 luglio 2013, ha affermato che “in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese, la legittimazione al contraddittorio spetta al liquidatore sociale”, infatti in forza dell’art. 2495 c.c. (novellato dal D. Lgs. N° 6 del 2003), “nondimeno entro il termine di un anno da tal evento è ancora possibile, ai sensi della L. Fall., art. 10, che la società sia dichiarata fallita se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla cancellazione o nell’anno successivo
I fatti del processo
Il Tribunale di Napoli, con la sentenza del 25.03.2011 – su istanza della società Equitalia Polis S.p.a. – aveva dichiarato il fallimento della società/contribuente, la quale era stata cancellata dal registro delle imprese il 20.07.2010.
Avverso tale provvedimento, proponeva reclamo il liquidatore della medesima società ed il socio, i quali sostenevano che dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese e la propria estinzione sancita dall’art. 2495 c.c., “essendo venuta meno in capo al liquidatore la rappresentanza della società ormai estinta, il contraddittorio dovrebbe essere instaurato nei confronti dei soci anche ai fini della successiva dichiarazione di fallimento della società entro un anno” (L. Fall. Art. 10).
Tale tesi era stata accolta dalla Corte di Appello di Napoli con sentenza del 21.07.2011, in ordine alla quale aveva revocato anche il fallimento.
La decisione
I giudici di Piazza Cavour hanno quindi affermato che in materia di dichiarazione di fallimento della società di capitali, cancellata dal registro delle imprese, è possibile “resuscitare” – sotto il profilo giuridico e processuale – la “defunta” compagine societaria, qualora l’insolvenza si sia realizzata anteriormente alla cancellazione o nell’anno successivo: in tale ipotesi, entro un anno dalla cancellazione, è possibile dichiarare il fallimento, a mente del precetto della L. Fall., art. 10[1].
A ciò si aggiunga che – sempre secondo le motivazioni addotte dalla Corte di Cassazione – nella analizzata fattispecie la legittimazione passiva (in materia di contraddittorio processuale) spetta al liquidatore della medesima società, il quale anche dopo la cancellazione, è altresì legittimato a proporre reclamo contro la sentenza di fallimento.
In buona sostanza, il caso in esame rappresenta un’eccezione (disciplinata dall’art. 10 della L. Fall.) della normativa vigente, atteso che implica la sopravvivenza della società fallenda per un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, dunque tanto il procedimento per la dichiarazione di fallimento, quanto le eventuali fasi impugnatorie successive continuano a svolgersi nei confronti della società (rappresentata dall’ultimo legale rappresentante), nonostante la cancellazione dal registro; è una fictio iuris che postula come esistente, ai soli fini del procedimento concorsuale, un soggetto ormai estinto e tecnicamente inesistente (come del resto accade anche per l’imprenditore persona fisica che sia dichiarato fallito entro un anno dalla morte)[2].
Di Federico Marrucci
Avvocato in Diritto Tributario in Lucca
(presso Studio Legale e Tributario Etruria)

[1]L’art. 10 della citata Legge Fall., statuisce che “gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo”.
Tale norma afferma che lo strumento di impugnazione del reclamo è esperibile da parte di chiunque vi abbia interesse; cfr. Cass. n° 22547/2010; [2]In questo senso anche Cass., SS. UU., n° 6070/13;