Gli organi del fallimento
Tale Tale espressione è utilizzata per individuare i soggetti dotati di particolari funzioni all’interno della procedura fallimentare al fine di raggiungere gli obiettivi propri di essa, ossia l’amministrazione del patrimonio del fallito, l’accertamento dello stato passivo, la liquidazione dell’attivo fallimentare e, da ultimo, la distribuzione del ricavato tra i creditori del fallito. I soggetti cui la legge attribuisce le suddette funzioni sono: il tribunale fallimentare, il giudice delegato, il curatore ed il comitato dei creditori, i cui compiti, peraltro, sono stati in parte ridisegnati, relativamente alle procedure fallimentari aperte successivamente al 16 gennaio 2006, dalla riforma attuata in materia dal D. Lgs. 9 gennaio 2006 n. 5.

Il tribunale fallimentare, che cioè ha dichiarato il fallimento, è investito dell’intera procedura, ai sensi dell’art. 23 L. F. In particolare, esso è competente a decidere sui reclami proposti contro i provvedimenti del giudice delegato, mediante un decreto reclamabile alla Corte di Appello, laddove la disciplina previgente qualificava detti decreti come non impugnabili. In base alla nuova formulazione dell’art. 25 L. F., inoltre, del collegio che decide sul reclamo non può fare legittimamente parte il giudice delegato il cui provvedimento sia stato impugnato. Reiterando sul punto il precedente testo di legge, la recente riforma stabilisce altresì in capo al tribunale fallimentare la competenza a conoscere di tutte le cause che derivano dal fallimento, a prescindere dalla materia e dal valore della causa, ivi comprese, rispetto al passato, le cause derivanti dal fallimento ed aventi ad oggetto azioni reali immobiliari. Rimangono invece escluse dalla competenza giurisdizionale del Tribunale Fallimentare le azioni collegate alla procedura fallimentare da un nesso di mera occasionalità.

Il giudice delegato, nominato nella sentenza dichiarativa del fallimento, ha visto modificati piuttosto sensibilmente i propri poteri e le proprie attività in forza dell’art. 25, nuovo testo, della Legge Fallimentare. Tale disposizione, contenente un’elencazione meramente esemplificativa, riconosce tra l’altro al giudice delegato il potere di emettere o provocare i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio, di convocare il curatore ed il comitato dei creditori, di autorizzare il curatore a stare in giudizio, nonché a procedere alla verifica dello stato passivo. In ordine a tale ultima attribuzione, peraltro, si precisa che il giudice delegato non è più tenuto ad autorizzare il curatore per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione, anche se deve esserne informato preventivamente ogniqualvolta essi abbiano un valore superiore ai 50mila euro. Peraltro tutti i provvedimenti adottati dal giudice delegato assumono la forma del decreto motivato, contro il quale è ammesso reclamo innanzi al Tribunale. A tale riguardo, ai sensi dell’art. 26 L. F., il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni decorrente dalla comunicazione o notificazione del provvedimento per il curatore, per il fallito, per il comitato dei creditori e per chi ha chiesto o nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento, mentre, per gli altri interessati, il termine decorre dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie disposte dal giudice delegato. In ogni caso, comunque, il suddetto reclamo non può proporsi una volta decorsi novanta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento da impugnare.

Il curatore è invece il soggetto preposto all’individuazione, conservazione e amministrazione del patrimonio del fallito. Egli, nominato nella sentenza dichiarativa del fallimento, viene prescelto tra gli iscritti negli albi professionali (avvocati, dottori commercialisti e ragionieri), nonché, per effetto della nuova formulazione dell’art. 28 L. F., anche tra studi professionali associati o società tra professionisti e coloro che abbiano adeguatamente svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, e, qualora lo desideri, egli è tenuto a comunicare l’accettazione dell’incarico nel termine di due giorni, anche se, nella prassi, si ritiene sufficiente che l’accettazione pervenga al tribunale anteriormente alla nomina di nuovo curatore. Il curatore, in linea generale, presta la propria opera personalmente; talvolta, tuttavia, si avvale di coadiutori e/o delegati. In particolare, inoltre, al fine di svolgere la propria funzione di amministrazione e acquisizione patrimoniale, il curatore compie sia un’attività negoziale sia un’attività processuale. Egli, infatti, procede sia alla stipula di contratti sia all’instaurazione di azioni giudiziarie volte ad acquisire alla massa fallimentare beni che ne facciano parte in forza di diritti spettanti al fallito (si pensi all’esercizio di azioni di recupero credito) o volte a far rientrare nel patrimonio stesso beni che ne siano usciti (ad esempio un’azione revocatoria). Ove poi, in tal caso, il curatore debba quindi conferire mandato al procuratore legale del fallimento, debbono concorrere, secondo la disciplina attualmente vigente, due distinti atti: l’autorizzazione a stare in giudizio, di competenza del giudice delegato e da accordarsi al curatore per ogni singolo grado ed il rilascio della procura al difensore designato da parte del curatore stesso.
Sotto altro profilo, poi, il regime giuridico attualmente vigente non richiede più, per gli atti di straordinaria amministrazione, che il potere del curatore sia integrato dall’autorizzazione del giudice delegato o, per atti di valore superiore alle duecentomila lire, da quella del tribunale, potendo oggi tali atti essere effettuati direttamente dal curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, ai sensi del nuovo disposto dell’art. 35 L. F.
Il curatore, inoltre, nell’adempimento dei doveri inerenti il proprio ufficio, deve tenere un registro precedentemente vidimato da almeno un componente del comitato dei creditori e annotarvi quotidianamente le operazioni relative alla sua amministrazione, a norma dell’art. 38 L. F. Tra gli altri obblighi posti a carico dell’ufficio del curatore, inoltre, si deve segnalare in particolare l’obbligo di presentare al giudice delegato , entro 60 giorni dalla dichiarazione di fallimento, una relazione sulle cause e le circostanze del fallimento. A tale proposito, peraltro, l’art. 33 L. F., come modificato dalla riforma attuata con il D. Lgs. N. 5/06, stabilisce che il giudice delegato, nell’ordinare il deposito della relazione in cancelleria, disponga la segretazione delle parti di essa inerenti la responsabilità penale del fallito o di terzi, le azioni che il curatore intenda promuovere e che possano comportare l’adozione di misure cautelari, oltre che, da ultimo, circostanze estranee alla procedura, che investano la sola sfera personale del fallito.
Per quel che riguarda, poi, l’amministrazione finanziaria, il curatore, entro dieci giorni, è tenuto a depositare presso l’ufficio postale o l’istituto di credito scelti dal curatore, le somme riscosse. Relativamente, infine, alla fase eventuale della revoca del curatore, preme segnalare la novità introdotta dall’art. 37bis L. F., secondo cui, in sede di esame dello stato passivo, i creditori presenti, che rappresentino la maggioranza dei crediti allo stato ammessi, possono chiedere la sostituzione del curatore indicando al Tribunale le ragioni della richiesta ed un nuovo nominativo.

Quanto, da ultimo, al comitato dei creditori, si rileva come esso si sia rivelato essere l’organo della procedura che abbia conosciuto le più significative modifiche ad opera della recente riforma. In primo luogo, ai sensi dell’art. 40 L. F., il comitato dei creditori deve essere nominato dal giudice delegato entro 30 giorni dalla sentenza di fallimento, sulla scorta delle risultanze documentali. Non solo. In base al successivo art. 41 L. F., inoltre, il comitato svolge una funzione di vigilanza sull’operato del curatore, autorizzandone gli atti ed esprimendo pareri nei casi previsti dalla legge Il comitato dei creditori è dunque un organo collegiale, composto da tre a cinque membri e che decide secondo le regole della maggioranza. Il voto, peraltro, può essere espresso in seno al comitato vuoi in riunioni collegiali vuoi per mezzo del telefax o altro strumento elettronico o telematico, purché sia possibile conservare la prova della manifestazione del voto. Nel regime transitorio, tuttora applicabile alle procedure concorsuali già pendenti alla data del 16 gennaio 2006, il comitato dei creditori continua a svolgere, invece, una funzione prevalentemente consultiva.