E' invalsa la procedura seguita da alcuni Tribunali di ammettere al passivo il credito professionale in privilegio ex art. 2751 bis c.c., mentre IVA e CAP (contributo dovuto a qualunque Cassa) in chirografo, giustificando tale provvedimento con la dizione letterale dell'art. 2751 bis c.c. che parla solo di "retribuzioni dovute ai professionisti". In tal modo gli accessori delle "retribuzioni", che sono obbligatori per legge, non vengono ammessi.
Vediamo quindi come contrapporre alcune argomentazioni giuridiche a tale provvedimento che di fatto (dato che spesso nelle procedure fallimentari vengono pagati solo i crediti privilegiati) pone a carico del professionista l'obbligo pagare col compenso riconosciutogli, l'IVA ed il contributo della cassa di appartenenza.
L’art. 6 del D.P.R. n. 633/72 dispone che “Le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo”, ne consegue che il momento impositivo dell’IVA (oltre che della maggiorazione per la cassa, connessa alla prima) è quello del pagamento.  Ciò ha fatto sorgere in passato la questione se il credito IVA fosse addirittura prededucibile, questione risolta negativamente dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 11/4/11 n. 8222) che ha negato il carattere di debito di massa all’IVA ed ulteriori accessori.
Resta però pur sempre vigente il principio stabilito dalla medesima giurisprudenza di legittimità secondo cui “Il credito del dottore commercialista relativo al suo diritto di ripetere dal cliente - beneficiario di prestazioni professionali - il contributo, versato alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei dottori commercialisti, pari ad una percentuale dei corrispettivi rientranti nel volume d'affari ai fini Iva, è assistito da privilegio di grado pari a quello del credito per le prestazioni professionali, ai sensi dell'art. 11 l. 29/1/86 n. 21, e quindi dal privilegio generale sui mobili di cui all'art. 2751 bis c.c.” (Cass. 1/6/95 n. 6149).
Tale principio statuito per i dottori commercialisti, è comunque valido per tutte le professioni regolamentate rientranti sempre nell’ambito dell’art. 2751 bis c.c. e credo che oggi è ancor di più valido oggi essendo stati imposti alla Curatela ulteriori obblighi che rendono la stessa vieppiù assimilabile ad un normale soggetto passivo dell'imposta come qualsiasi "cliente" tenuto al pagamento dell'IVA.
La Curatela, infatti,  non può limitarsi semplicemente a pagare, in sede di riparto, il credito ammesso, ma deve operare la ritenuta di acconto a norma dell'articolo 23 del DPR 600/1973 nel testo in vigore dal 4/7/06, risultante dopo le modifiche apportate dall'art. 37, comma 1, D.L. 4/7/06, n. 223.
Tale norma dispone che  "Gli enti e le società ..., le ... associazioni e le persone fisiche che esercitano imprese commerciali, ... o imprese agricole, le persone fisiche che esercitano arti e professioni, il curatore fallimentare, il commissario liquidatore nonché il condominio quale sostituto d'imposta, i quali corrispondono somme e valori ... devono operare all'atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell' imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa".
Ciò significa che il Curatore - come tutti i soggetti passivi dell'imposta cui quindi è equiparata - ha l’obbligo di trattenere la ritenuta da versare e quindi di pagare con il credito ammesso l’imposta risultante al momento del sorgere del presupposto impositivo IVA che non è un’imposta a carico di chi emette fattura, bensì del destinatario così come anche prescritto dalla direttiva 2006/112/CE del 28/11/2006, allo stesso modo in cui un Cliente “normale” (soggetto IVA) deve pagare l’IVA e trattenere la ritenuta di acconto.
L’IVA, quindi, non può essere a carico del produttore di servizi e quindi del professionista che invece se viene ammesso al passivo per il proprio credito in privilegio, mentre per IVA e CAP in chirografo, dovrà di fatto pagare in proprio con le somme decurtate dal proprio compenso l'IVA ed il CAP pur essendo questi a carico del fruitore della prestazione e non di chi la rende.
Logica conseguenza e che l’imposta ed il Contributo Cassa vanno ammessi in privilegio, quali accessori del credito (che come dedotto da Cass. N. 6149/95 godono di “privilegio generale sui mobili di cui all'art. 2751 bis c.c.”) e vanno pagati in proporzione al credito riconosciuto o pagato in riparto.