L’art. 167 c.c. stabilisce che ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni per far fronte ai bisogni della famiglia
L’istituto in oggetto costituisce strumento privilegiato per l’assolvimento del c.d.”dovere di contribuzione”(art. 143 c.c.), in base al quale i coniugi sono chiamati, ciascuno nei limiti delle proprie capacità, a mettere a disposizione della famiglia i propri redditi o beni, per soddisfarne i bisogni immediati e futuri, secondo l’indirizzo di vita concordato (art. 144 c.c.). Detto fondo si compone di beni (immobili, mobili registrati e titoli di credito) vincolati al soddisfacimento di tali bisogni e costituenti, perciò, un patrimonio separato ( di destinazione). La destinazione dei beni del fondo ad sustinenda onera matrimonii viene assicurata attraverso limitazioni e divieti all’alienazione discrezionale da parte dei coniugi(art. 169 c.c.) e all’espropiabilità da parte dei creditori(art.170 c.c.).Quanto ai coniugi l’art. 168, comma II, c.c. impone loro di impiegare i frutti prodotti dai beni conferiti per fronteggiare i bisogni familiari, mentre l’art. 169 c.c. sancisce una sorta di indisponibilità relativa dei beni medesimi subordinandone l’alienazione ad ogni vincolo al consenso di entrambi i coniugi o, in presenza di figli minori,all’autorizzazione giudiziale.
Mentre,rispetto ai creditori, la funzione del fondo patrimoniale è assicurata dal vincolo di inespropriabilità stabilita dall’art. 170 c.c., a mente del quale l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti da questi prodotti è possibile solo per i debiti contratti per fronteggiare i bisogni familiari oppure per debiti estranei ai bisogni familiari quando, però, il creditore ignori tale estraneità. Tale vincolo di inespropiabilità, tuttavia, se da un lato garantisce la destinazione dei beni oggetto del fondo, dall’altro può prestarsi ad impieghi fraudolenti in danno dei creditori. Infatti il negozio di conferimento di beni al fondo determina un pregiudizio ai creditori, consistente nella diminuzione o perdita della garanzia patrimoniale generica ex art. 2740 c.c. o nel rendere più difficile il soddisfacimento del credito.
Si pone allora il problema consistente nello stabilire se a tutela dei creditori sia ammissibile l’azione revocatoria( ordinaria o fallimentare).Dottrina e giurisprudenza concordano nel ritenere che il conferimento di beni nel fondo patrimoniale determina un effetto traslativo , posto che l’altro coniuge diventa contitolare dei suddetti beni. Non vi è alcun dubbio, quindi, circa la natura di atto dispositivo di tale conferimento e della sua attitudine a pregiudicare i diritti del creditore, in quanto rende i beni aggredibili solo alle condizioni determinate dall’art. 170 c.c., riducendo notevolmente la garanzia spettante ai creditori sul patrimonio del costituente. Proprio in virtù dei limiti posti all’espropiabilità dei beni è riscontrabile l’eventus damni richiesto dall’art. 2901 c.c. quale presupposto della revocatoria ordinaria (Cass. n. 4903/20059).
A questo punto,ammessa la possibilità dell’esperimento dell’azione revocatoria, occorre domandarsi se la costituzione di un fondo patrimoniale mediante conferimento della proprietà di un bene ad opera di un coniuge vada qualificata come atto a titolo oneroso o gratuito. Infatti ciò rileva sia ai fini della revocatoria ordinaria( ove si opti per la natura onerosa della medesima, deriva ex art. 2901, comma 1, n. 2 c.c., la necessità per l’attore in revocatoria di provare laconsapevolezza da parte del terzo del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni dei creditori) sia ai fini della revocatoria fallimentare( infatti ai sensi dell’art. 64 L.F. gli atti a titolo gratuito posti in essere dal fallito nel periodo sospetto sono privi di effetto nei confronti dei creditori).La giurisprudenza assolutamente prevalente ravvisa nella costituzione del fondo patrimoniale un atto a titolo gratuito in ogni caso( Cass. n. 107/90, 591/99). In tal senso un recente arresto giurisprudenziale secondo cui il negozio costitutivo del fondo patrimoniale, anche quando proviene da entrambi i coniugi, è atto a titolo gratuito,e può essere dichiarato inefficace nei confronti dei creditori a mezzo di azione revocatoria ordinaria ; ne consegue che a determinare l’eventus damni è sufficiente anche la mera variazione qualitativa del patrimonio del debitore integrata con la costituzione di un fondo patrimoniale di bene immobile di proprietà dei coniugi, in tal caso determinandosi il pericolo di danno costituito dall’eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva, della cui insussistenza incombe sul convenuto l’onere della prova ( Cass. n. 966/07). Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la sentenza in commento precisa che trattandosi di ipotesi di costituzione di fondo patrimoniale successiva all’assunzione del debito è sufficiente la mera consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore(scienza damni), la cui prova può essere fornita anche tramite presunzioni, senza che assumano rilevanza l’intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore( consilium fraudis) né la relativa conoscenza da parte del terzo. 

avv. Elisa Inserra