In materia di successione, è questione dibattuta se la richiesta di voltura catastale rappresenti o meno un atto di accettazione tacita dell'eredità. Sul punto l'orientamento prevalente della giurisprudenza ritiene che la voltura comporti tacitamente l'accettazione dell'eredità, a differenza della mera dichiarazione di successione.
Quest'ultima infatti avrebbe solamente valenza fiscale, mentre con la voltura il richiedente manifesterebbe anche la volontà di attribuirsi il diritto (Cassazione, sentenza n. 5319/2016).
In contrasto con tale orientamento, si è espresso il Tribunale di Torino, con una recente ordinanza del 7 marzo 2017.
Secondo questa pronuncia, la voltura non comporta affatto accettazione di eredità, in quanto essa viene compiuta in ottemperanza ad un obbligo di legge.
E infatti in base all'articolo 28 del Decreto Legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 e all'articolo 3, comma 2, del D.P.R. 650/1972, coloro che sono tenuti alla presentazione delle denunce di successione - e quindi anche i chiamati all'eredità - devono obbligatoriamente richiedere ed eseguire la voltura catastale entro trenta giorni dalla denuncia di successione.
Tale termine è corredato anche da sanzione pecuniaria.
Ne consegue che, trattandosi di atto legalmente dovuto, la cui inosservanza è formalmente sanzionata, la voltura catastale non può essere ricondotta nell'ambito degli atti di accettazione dell'eredità, i quali presuppongono una libera volontà del chiamato.
Pertanto, continua il Tribunale, anche la voltura catastale, al pari della dichiarazione di successione, assolve unicamente funzioni di natura fiscale e non costituisce titolo formale nè piena prova della proprietà immobiliare, essendo quest'ultima rimessa in via esclusiva all'Agenzia del Territorio.