SOMMARIO: 1. PREMESSA IN FATTO – 2. SUCCESSIONE TESTAMENTARIA – 3. DIVIETO DI PATTO SUCCESSORIO – 4. SUCCESSIONE LEGITTIMA – 5. ACCETTAZIONE TACITA – 6. ACCETTAZIONE CON BENEFICIO D’INVENTARIO - 7. RINUNCIA ALL’EREDITÀ – 8. IMPUGNAZIONE DELLA RINUNZIA – 9. CONCLUSIONI.
1) Premessa in fatto.
In relazione al quesito se sussista il pericolo che, al momento della morte di un genitore, i creditori dell’altro possano rivalersi sulla quota di eredità (50%) a questi spettante – chiedendo all’occorrenza il sequestro conservativo e la vendita di uno o più immobili per il soddisfacimento dei propri diritti (nei limiti del 50% del valore della quota) – scendo qui di seguito ad illustrare gli istituti sottesi alla questione giuridica, la cui soluzione consente di comprednere come la Legge tuteli i creditori personali dell’erede in sofferenza.
Si domanda in particolare se – nel particolare contesto dell’inizio di un principio di Alzheimer cui pare sia affetto – il genitore in bonis possa cautalre i propri beni con la redazione testamento a favore dell’unico figlio al quale lasciare l’intero compendio immobiliare.

2) Successione testamentaria.

Desidero preliminarmente rispondere al secondo quesito poiche´ - salve le considerazioni di cui al successivo paragrafo 8) - la redazione del testamento consentirebbe al genitore in bonis di attribuire entrambi i beni immobili direttamente al figlio estromettendo il Marito, laddove – in difetto di disposizioni testamentarie1 – all’apertura della successione, essi cadrebbero nell’asse ereditario da dividere – in valore o in lotti – tra genitore in sofferenza e figlio.

Preciso che le disposizioni testamentarie possono essere redatte anche in modo olografo, senza cioe` la necessaria assistenza del Notaio ma che la redazione “di proprio pugno” di un testamento puo` comportare il pericolo di soppressioni, di alterazioni o di smarrimento, nonche´ di minore autenticita` della scrittura e della firma.

Sara` sufficiente, in tal caso, che il testamento sia scritto interamente a mano dall’autore – non in carattere stampatello –, sia datato e sottoscritto. A questo punto, se e´ vero che il genitore in bonis e´ affetto da un non meglio identificato “problema di deficienza senile”, mi pare improbabile che un Notaio sia disposto ad accettare un testamento in forma pubblica da chi versi in una situazione – persino transitoria – d’incapacita` di discernimento, se si considera che il Notaio estensore avrebbe l’onere di individuare esattamente l'interesse perseguito dal genitore, qualificando tecnicamente la volonta` che – seppur in modo non tecnico - egli sarebbe comunque chiamato ad ostentare con piena consapevolezza.

Pure ammesso che il genitore in bonis sia in grado di scrivere autonomamente un testamento – o, alternativamente, di esprimere consapevolmente ad un Notaio la propria volonta` – mi corre precisare che il testamento redatto da chi, sebbene non interdetto, si provi poi essere stato in quel momento incapace di intendere e di volere2 e´ in se´ valido ed efficace ma puo` essere impugnato da chiunque vi abbia interesse nel termine di 5 anni dall’inizio dell’esecuzione delle disposizioni testamentarie.

Va precisato che il regime della prova3 dello stato di incapacita` varia a seconda della gravita` (e del carattere manifesto) della malattia e che i soggetti legittimati4 a richiedere l’annullamento del testamento coincidono con chiunque abbia un interesse - diretto ed attuale e non eventuale e futuro - ad ottenerlo, al fine di ricevere un concreto ed effettivo vantaggio dalla pronuncia di inefficacia del’atto.

Quanto al caso in esame, se si considera che all’annullamento dell’eventuale testamento conseguirebbe l’apertura della successione legittima (50% dei beni a Lei e 50% al genitore in sofferenza) e´ evidente che i creditori del secondo avrebbero interesse e chiedere la pronuncia di inefficacia dell’atto, quanto meno sotto il profilo dell’incapacita` naturale di chi lo ha redatto.

3) Divieto di patto successorio.  

Non e´ possibile che il genitore in sofferenza rinunci preventivamente all’eredita` della Moglie, pena la nullita` della rinuncia ai sensi dell’art. 458 del Codice Civile, in questo caso imprescrittibile (fatto salvo l’usucapione di terzi e la prescrizione dell’azione di ripetizione) e, anche in questo caso, eccepibile da chiunque ne abbia interesse.

4) Successione legittima.
Laddove il genitore in bonis muoia senza lasciare testamento, si aprira` una successione legittima, a seguito della quale il patrimonio del de cuius non passerebbe automaticamente in capo al figlio e all’altro coniuge, essendo necessario che entrambi – o almeno uno - accettino l’eredita`.
Pertanto, prima dell’accettazione, ancora non puo` parlarsi di erede ma solo di legittimato all’acquisto dell’eredita` che, giova ripetere, assumera` diritti e obblighi dell’erede solo attraverso un atto di accettazione dell’eredita`.
La questione relativa all’accettazione e´ assai delicata, atteso che essa puo` essere espressa o tacita e, laddove avvenga tacitamente, non potra` essere presidiata dal beneficio dell’inventario.
5) Accettazione tacita.
Richiesto di esprimere un quesito circa la soluzione migliore da adottare in vista della salvaguardia dei beni del genitore in bonis, limitero` a questo punto la mia trattazione agli aspetti relativi alla condotta che, aperta la successione, il genitore in sofferenza dovra` adottare nei confronti de beni facenti parte della massa ereditaria, al fine di evitare che questi possano essere oggetto di immediata aggressione da parte dei propri creditori. Partendo dal presupposto che la Legge vieta l’accettazione parziale di eredita`, pare subito pacifico che il chiamato in sofferenza non dovra` compiere atti tali da farlo diventare automaticamente erede, se si considera che la Legge non riconosce il beneficio di inventario quanto all’accettazione tacita di eredita`.
Orbene, in linea generale, comportano l’accettazione dell’eredita` e la qualita` di erede ogni comportamento che 1) presumi necessariamente la volonta` di accettare l’eredita` e 2) che il chiamato non avrebbe il diritto di fare se non nella qualita` di erede.

Per quanto concerne la presunzione della volonta` di accettare, occorre prestare massima attenzione a come ci si comporti nei confronti dei beni facenti parte della massa ereditaria, poiche´ la Giurisprudenza ritiene che non occorre valutare se la volonta` di accettare sussista in concreto poiche´ la Legge richiede soltanto che possa presupporsi in base a valutazioni di comune esperienza.  

Pertanto, sarebbe sufficiente un solo atto di disposizione ed anche di mera gestione (non meramente conservativa) se incompatibile con la volonta` di rinunciare5.
Oltre alla presunzione della volonta` di accettare l’eredita` e´ necessario che sussista, nella condotta del legittimato, anche l’idoneita` dell’atto.

La dottrina ritiene che qualunque atto non autorizzato che sorpassi l’esercizio delle azioni possessorie a tutela dei beni ereditari (senza il materiale impossessamento), che vada oltre il compimento di semplici atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea comportino necessariamente la presunzione che l’autore abbia accettato l’eredita` e abbia voluto assumere la veste di erede.

Ad esempio, la Giurisprudenza ha considerato semplice indizio – liberamente valutabile dal Giudice – la presentazione della dichiarazione di successione6 (cui, peraltro, e´ obbligato anche il semplice chiamato) e il pagamento della relativa imposta, laddove e´ stato considerato comportamento di accettazione tacita il ricorso alla Commissione Tributaria contro l’avviso di accertamento e il successivo concordato.
La semplice immissione nel possesso dei beni (che, d’altra parte, sconsiglio nella maniera piu` assoluta), non e´ stato considerato atto univoco tale da ingenerare il sospetto che il chiamato abbia gito come erede.

E’ stato (comprensibilmente) considerato atto concludente il rilascio di una procura per la vendita dei beni ereditari, come anche (ovviamente) la domanda volta al reclamo della proprieta` e al risarcimento per la mancata disponibilita` dei beni, come anche (naturalmente) la domanda di divisione di un bene o l’adesione alla stessa da parte degli altri chiamati.  

E’ stato giudicato atteggiamento concludente la riscossione di un assegno rilasciato al defunto, come anche la voltura catastale dei beni immobili appartenuti allo stesso.
Costituiscono invece fattispecie di accettazione presunta quelle codificate dagli articoli 477 e 478 del Codice Civile che prevedono le ipotesi in cui il chiamato all’eredita` doni, venda o ceda i propri diritti di successione ad un estraneo o ad uno ovvero a tutti gli altri chiamati, come anche la rinuncia ai diritti di successione se accompagnata dalla riscossione di un corrispettivo.
6) Accettazione con beneficio di inventario.

Premesso che appare sconveniente che il chiamato in sofferenza accetti l’eventuale eredita` con accettazione pura e semplice e che l’accettazione tacita dell’eredita` inibisce l’esercizio del beneficio dell’ inventario, ne consegue che, alla morte del genitore in bonis, il chiamato dovra` mantenere il piu` rigoroso distacco dai beni facenti parte dell’eredita`, valutando dal di fuori se accettare l’eredita` con beneficio di inventario oppure rinunciarne.

Se l’accettazione pura e semplice provoca la confusione del patrimonio del defunto con quello dell’erede, per cui egli risponde dei debiti ereditari anche con i propri beni, con l’accettazione con beneficio d’inventario i due patrimoni rimangono distinti e l’erede risponde dei debiti del de cuius soltanto nei limiti del valore dei beni a lui pervenuti.
A questo punto, se si considera che il quesito sottoposto ha ad oggetto una fattispecie del tutto speculare - vale a dire l’adozione di strategie atte a salvaguardare i beni ereditari dalle pretese dei creditori del chiamato -, mi corre di sconsigliare l’eventualita` di accettare l’eredita`, seppur con il beneficio d’inventario, poiche´ – non sussistendo passivita` sulla massa ereditanda – all’esercizio del beneficio non conseguirebbe alcun vantaggio ma, automaticamente, l’acquisizione della qualita` di erede.

Si consideri infatti che, a seguito dell’esercizio del beneficio, il chiamato in sofferenza diverrebbe erede di due masse patrimoniali distinte: quella costituita dai beni personali (che gia` aveva) riservata alla soddisfazione dei soli creditori personali e quella dei beni ereditari aggredibile da ogni creditore.  

7) Rinuncia all’eredita`.

A parere di chi scrive, non resta quindi altra soluzione che rinunciare all’eredita`, tenendo in debita considerazione quanto prescritto dall’art. 524 del Codice Civile.
Tramite rinuncia - da farsi con dichiarazione ricevuta da un notaio o dal Cancelliere del Tribunale del circondario in cui si e´ aperta la successione - il chiamato all’eredita` non diviene erede e la parte di eredita` si accrescerebbe a Suo favore.

8) L’impugnazione della rinunzia.
L’art. 524 del Codice Civile prescrive che “Se taluno rinunzia, benche´ senza frode, a un'eredita` con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l'eredita` in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti. Il diritto dei creditori si prescrive in cinque anni dalla rinunzia.” La norma – applicabile anche nell’ambito della rinuncia ad eredita` relitta per testamento7 - prevede quindi che i creditori del rinunziante in sofferenza possano ottenere l’autorizzazione ad accettare l’eredita` stessa in nome e per conto del proprio debitore, al fine di evitare il pregiudizio che la rinunzia causerebbe al proprio diritto di credito, non potendo giovarsi del maggior patrimonio del debitore.

  Il presupposto dell’impugnazione e´ la sussistenza di un danno prevedibile, ossia che vi siano fondate ragioni per ritenere che il patrimonio del debitore non sia sufficiente al soddisfacimento dei crediti8 ed e´ irrilevante che la rinunzia sia stata posta in essere in frode alle ragioni dei creditori o che, in ogni caso, il debitore o gli ulteriori chiamati all’eredita` fossero consapevoli del possibile danno9.

L’unico destinatario dell’azione d’impugnazione e´ il rinunziante, senza che il suo eventuale decesso possa pregiudicare l’esercizio dell’azione che, in tale caso, puo` essere promosso nei confronti degli eredi, anche se questi avessero accettato con il beneficio d’inventario.

L’effetto dell’accoglimento della domanda d’impugnazione della rinunzia e´ il diritto dei creditori di aggredire, nei limiti della quota spettante al rinunziante, i beni ereditari per la soddisfazione dei propri crediti.
In tale evenienza, al fine di evitare l’azione esecutiva, gli eredi che avessero accettato in luogo del rinunziante potrebbero scegliere di rilasciare i beni ereditari ovvero offrire ai creditori l’equivalente di quanto si sarebbe potuto ricavare dalle vendita dei beni stessi.

9) Conclusioni.

In conclusione, la Legge prevede un sistema di norme atte a tutelare la posizione giuridica di chi, al momento dell’apertura di una successione, sia creditore di un chiamato all’eredita` che, tramite rinuncia, potrebbe pregiudicare la propria capacita` economica.

Si prospettano d’altra parte soluzioni che, tuttavia, meritano di essere valutare con estrema cautela, al fine di non incorrere nel divieto del compimento di atti in frode alla Legge o dei creditori, a cui seguirebbe l’annullamento dell’atto per revocazione
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1 Art. 581 del Codice Civile

2 Trib. Milano Sez. IV, 20/04/2011 L'incapacita` naturale del disponente, che ai sensi dell'art. 591 c.c. determina l'invalidita` del testamento, non si identifica in una generica alterazione del normale processo di formazione ed estrinsecazione della volonta`, ma richiede che, a causa dell'infermita`, al momento della redazione del testamento, il soggetto sia assolutamente privo della coscienza del significato dei propri atti e della capacita` di autodeterminarsi, cosi` da versare in condizioni analoghe a quelle che, con il concorso dell'abitualita`, legittimano la pronuncia di interdizione. Inoltre, e` necessario che lo stato psicofisico del soggetto sia, in quel momento, tale da sopprimere l'attitudine a determinarsi coscientemente e liberamente, essendo regola la capacita` di agire del soggetto e dovendo, pertanto, la sua incapacita` - che costituisce un'eccezione - essere provata in modo serio e rigoroso.

3 Si veda Cass. civ. Sez. II, 15/04/2010, n. 9081 secondo cui “l'annullamento di un testamento per incapacita` naturale del testatore postula l'esistenza non gia` di una semplice anomalia o alterazione delle facolta` psichiche ed intellettive del "de cuius", bensi` la prova che, a cagione di una infermita` transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia privo in modo assoluto, al momento della redazione dell'atto di ultima volonta`, della coscienza dei propri atti ovvero della capacita` di autodeterminarsi, con il conseguente onere, a carico di chi quello stato di incapacita` assume, di provare che il testamento fu redatto in un momento di incapacita` di intendere e di volere.2.

Si veda, pero`, anche Cass. civ. Sez. II, 03/03/2010, n. 5091, secondo cui “Qualora venga impugnato il testamento redatto da una persona mentre era affetta da una grave e conclamata malattia mentale, tale da far ritenere provata l'irreparabile alterazione della sua capacita` di intendere e di volere, incombe sul convenuto che voglia avvalersi di tale testamento l'onere di dimostrare che esso fu predisposto in un momento di lucido intervallo.”

4 Cass. civ. Sez. II, 04/12/1998, n. 12291.

5 Di contro, Cass. 5 novembre 1987, n°8123.
6 Cass. 13 maggio 1999, n°4756; Cass. 27 marzo 1996, n°2711.

7 Cass. civ. Sez. II, 29-07-2008, n. 20562. 8 Si veda Trib. Roma, 20 ottobre 1994.
9 Cass. 25 marzo 1995, n°3548.