Nessuna decisione giudiziale fino ad oggi si era mai occupata di tale "barriera" quinquennale. La citata SGR aveva ritenuto applicabile l'art. 66 Reg. UE 231/03, in base al quale l'obbligo di conservazione dei documenti sarebbe stato, secondo la sua tesi, di soli cinque anni ed ormai tale termine era inevitabilmente passato.  Tale provvedimento del giudice meneghino, che ha quindi "sfondato" tale limite.

Nell'atto giudiziario predisposto per il cliente ho cercato di evidenziare bene le ragioni in base alle quali  la SGR avrebbe dovuto consegnare al coerede dell'investitore i documenti domandati.

Cosa è successo? Il mio assistito, dopo la morte della madre, deve ricostruire l'eredità della stessa per poi passare allo scioglimento della comunione ereditaria con gli altri fratelli e sorelle. Dopo che il cliente riceve dalla banca i documenti relativi al conto corrente, nota dei movimenti in uscita dal conto e quindi inizia a sospettare che un suo fratello o una sua sorella, più vicino alla madre  negli ultimi anni di vita, abbia ridotto l'attivo ereditario trattenendosi delle somme. Mi conferisce incarico quindi di richiedere alla società di gestione del risparmio  dei documenti relativi a dei fondi di investimento comperati dalla de cuius tramite la banca collocataria. Dopo la mia lettera, la SGR fornisce solo parte della documentazione mentre per un'altra parte riferisce di non poterla consegnare in quanto vi sono riportati dei dati di terzi. Tale risposta consolida il nostro sospetto di sottrazione dei beni. Provvedo quindi a domandare  nuovamente la documentazione mancante alla società di gestione del risparmio ma quest'ultima mi risponde di non poterla fornire in quanto la normativa della privacy lo impedisce ma contestualmente si dichiara disponibile a consegnare  tali documenti dietro specifica richiesta  del giudice. Il mio assistito quindi mi incarica di depositare un ricorso per decreto ingiuntivo al fine di ottenere tale documentazione. Dopo l'emissione del provvedimento (decreto ingiuntivo di accoglimento della richiesta), tale decreto viene regolarmente notificato alla SGR. Il mio cliente ed il sottoscritto ci aspettiamo quindi di avere finalmente sulla scrivania i documenti richiesti.

E invece no!

La SGR si oppone al decreto ingiuntivo, iniziando il cd giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, sostenendo che a tale intermediario finanziario non si applica il termine decennale previsto l'art. 119 comma 4 TUB (Testo Unico Bancario o Decreto Legislativo n. 385/93) che invece si applica alle banche (..." 4. Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione."). Per le SGR, continua l'opponente, esiste una particolare norma e cioè  l'art. 66 Reg. UE 231/03 il quale prevede in capo all'intermediario un obbligo di conservazione della documentazione di soli  cinque anni. Di conseguenza,  visto che la richiesta stragiudiziale dell'coerede risale a più di cinque anni dalla chiusura del rapporto contrattuale, quest'ultimo non ha alcun diritto a ricevere tale documentazione.

Non dobbiamo fermarsi a leggere quanto scrive tale intermediario ma dobbiamo invece esaminare cosa prevede effettivamente l'art. 66 (obblighi in materia di conservazione delle registrazioni) citato dalla SGR:" ... tutte le registrazioni previste agli articoli 64 e 65 siano conservate per un periodo di almeno cinque anni. Tuttavia le autorità competenti possono imporre al GEFIA di conservare la totalità o talune delle suddette registrazioni per un periodo più lungo, ..."

La difesa avversaria ha quindi cercato, senza riuscirci, di forzare l'interpretazione di tale articolo  non riportando anche l'importante avverbio "almeno" ("...periodo di almeno cinque anni ..."). La norma citata quindi fissa un periodo minimo e non un periodo massimo di conservazione delle registrazioni delle operazioni di portafoglio, degli ordini di sottoscrizione e di rimborso!

La SGR, dopo il perfezionamento di un contratto di investimento, è responsabile contrattualmente per dieci anni. Ergo i documenti devono essere conservati per almeno dieci anni. L’obbligo di conservazione dei documenti contrattuali da parte della SGR finisce soltanto con il decorso del termine prescrizionale ordinario di dieci anni, a far data dalla chiusura (ex art. 2946 c.c.), non potendo sussistere successivamente alcun diritto contrattuale azionabile dal cliente. Una conferma arriva dalla Corte di Appello di Milano (sentenza n. 1796 del 2012) la quale ha statuito che: “Il contratto di conto corrente bancario, per sua stessa natura, costituisce la fonte della disciplina dei rapporti obbligatori tra le parti e, come tale, non può essere distrutto decorso il termine di dieci anni dalla sua sottoscrizione, qualora i diritti da esso nascenti non si siano prescritti".

Aggiungo poi che l'art. 2220 c.c. (rubricato "Conservazione delle scritture contabili") prevede che le scritture (degli imprenditori) devono essere conservate per dieci anni dalla data dell'ultima registrazione.

Il Tribunale di Milano ha concesso la cd provvisoria esecutorietà (cioè ha disposto che la SGR  consegni all'erede  i documenti individuati dal giudice; in caso contrario, potrà essere iniziata l'esecuzione forzata) di parte dei documenti richiesti dal coerede sulla base: a) dell'art. 66 Regolamento delegato (UE) 230/2013; b)  dell'art. 35 decies TUF (Testo Unico Finanza o Decreto Legislativo n. 58/98); c) dell'art. 1375 c.c. che sancisce il principio di buona fede esecutiva. 

Probabilmente la "colonna portante" è stata l'art. 1375 c.c. Infatti, la SGR, nel proprio atto difensivo, non ha mai dichiarato  né provato di aver distrutto i documenti per la gravosità della conservazione né di averli persi per un qualche motivo ma ha invece confermato di avere tali documenti indicando quale unico ostacolo l'interpretazione del termine previsto dall'art. 66 Reg. UE 231/03. Il comportamento della SGR è stato contraddittorio in quanto prima della causa si era detta disponibile a consegnare la documentazione dietro ordine del giudice e poi nel corso del procedimento giudiziario aveva cambiato idea non volendo più consegnarla.

Dopo il provvedimento qui commentato, la SGR ha spontaneamente provveduto a consegnare al sottoscritto i documenti di cui sopra.