Nella sentenza in commento, la Cassazione ha mutato il proprio orientamento in tema di diseredazione, ritenendo valida la clausola testamentaria con la quale il testatore intenda escludere dalla propria successione uno o più eredi legittimi non legittimari senza che la medesima venga completata con disposizioni attributive in favore di altri soggetti (c.d. clausola di diseredazione meramente negativa).

La Suprema Corte afferma, infatti, che “il "disporre" di cui all'art. 587, comma 1, c.c., può includere non solo una volontà attributiva o una volontà istitutiva, ma anche una volontà ablativa e più esattamente, destitutiva. … ogni disposizione patrimoniale di ultima volontà, anche se non "attributiva" e anche se non prevista nominatim dalla legge, può dunque costituire un valido contenuto del negozio testamentario, solo se rispondente al requisito di liceità e meritevolezza di tutela e se rispettosa dei diritti dei legittimari. L'ammissibilità della clausola diseredativa, quale autonoma disposizione negativa, appare, infine, in linea con l'ampio riconoscimento alla libertà e alla sovranità del testatore compiuto dal legislatore”.

Il tema della diseredazione richiede di interpretare e coordinare alcuni punti fondamentali della disciplina successoria: da un lato, il significato da attribuire al disposto dell'art. 587 c.c., secondo cui il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse; dall'altro, il rapporto tra la successione testamentaria e la successione legittima, come delineata dall'art. 457 c.c., che stabilisce che l'eredità si devolve per legge o per testamento e che non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria.

Secondo la dottrina tradizionale "la diseredazione, come tale, non può avere effetto, perché non è, per se stessa, atto di disposizione dei beni, mentre un atto di tale natura è necessario per evitare l'apertura della successione legittima. Il testatore non può modificare la disciplina della successione legittima, escludendo taluno dei successibili designati dalla legge o alterando gli ordini successori e così via…; Il testatore può soltanto impedire l'applicazione delle norme sulla successione legittima disponendo dei propri beni a favore di una o più persone, sì da determinare l'apertura della successione testamentaria" (così, per tutti, Mengoni, Successioni per causa di morte. Successione legittima, Giuffrè, Milano, 1961, pag. 15, nt. 32, nel Trattato Cicu-Messineo).

Altra parte della dottrina ritiene al contrario che la clausola di diseredazione sia pienamente legittima, posto che la libertà di disporre dei propri beni può ben manifestarsi anche nel non disporre a favore di una persona determinata (cfr. Trabucchi, L'autonomia testamentaria e le disposizioni negative, in Riv. dir. civ., 1970, I, pag. 39; Bigliazzi Geri, Il testamento, Utet, Torino, 1982, pag. 119, nel Trattato Rescigno; Bonilini, Nozioni di diritto ereditario, Utet, Torino, 1986, pag. 93)

Il precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità aveva assunto una posizione intermedia, sostenendo che il testatore avesse facoltà di escludere dall'eredità un erede legittimo, purché non legittimario, a condizione, tuttavia, che nel testamento risultassero anche disposizioni positive volte ad attribuire beni ereditari ad altri soggetti, nella forma dell'istituzione di erede o del legato (Cass. civ., 18 giugno 1994, n. 5895; Cass civ., 23 novembre 1982, n. 6339).

Con la sentenza n. 8352 del 25 maggio 2012, la Cassazione ha messo in luce le contraddizioni insite in tale soluzione, in quanto da un lato, infatti, si predica la assoluta invalidità di una clausola meramente negativa, ove la stessa non sia accompagnata ad altre che contengano disposizioni attributive, ancorché tali da non esaurire l'intero asse ereditario; dall'altro se ne riconosce la validità anche nel caso in cui costituisca l'unica disposizione contenuta in una scheda testamentaria, a condizione però che sia possibile ricavare sia in modo diretto ed esplicito, sia in modo indiretto ed implicito la inequivocabile volontà del testatore, oltre che di diseredare un determinato successibile, di attribuire le proprie sostanze ad un determinato altro.

Il Supremo Collegio esamina anche i profili di operatività della clausola di diseredazione in ordine al diritto di rappresentazione previsto dall’art. 467 e ss. cc.

Nella motivazione della sentenza n. 8352 del 25 maggio 2012, si afferma che il testatore può modificare le norme che la legge pone alla delazione successiva, escludendo l'operatività del diritto di rappresentazione a favore dei propri congiunti con la previsione di più sostituzioni ordinarie o, addirittura, con un'esclusione diretta (cfr., in dottrina, Ferri, Successioni in generale, artt. 456-511, 181).

In proposito, si segnala che parte della dottrina e della giurisprudenza hanno in precedenza ritenuto la clausola di diseredazione non impeditiva dell’operatività della rappresentazione a favore dei discendenti del diseredato, al pari della indegnità a succedere (cfr. Bin, La diseredazione. Contributo allo studio del contenuto del testamento, Torino, 1996, 273; Bigliazzi- Geri, Successioni testamentarie, Art. 587-600, in Comm. Cod. Civ. a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1993, 98; Cass. civ., 23 novembre 1982, n. 6339; Cass. civ., 14 dicembre 1996 n. 11195), ma non mancano in dottrina anche opinioni contrarie, volte a sostenere che la diseredazione, ove ammissibile, costituisca automatico impedimento all’operare anche della rappresentazione (in questo senso, Trabucchi, Esclusione testamentaria degli eredi e del diritto di rappresentazione, in Giur. It., 1955, I, 2, 749 ss.; Azzariti, Le successioni e le donazione, Napoli, 1990, 1203).

Avv. Elisabetta Doro

Foro di Bologna