Il decreto - legge 14 marzo 2005 n. 35 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 2005, n. 80 ha apportato alcune modifiche agli articoli 561 e 563 del Codice Civile, al fine di agevolare la circolazione dei beni già oggetto di atti di disposizione a titolo gratuito.
Tra queste, la previsione dell’ atto stragiudiziale di opposizione alla donazione.
All’uopo occorre, innanzitutto, precisare che prima della riforma il terzo che avesse acquistato un bene oggetto di donazione poteva subire l’ ”espropriazione” del bene da parte del legittimario, leso nella sua quota di legittima, che avesse agito con azione di riduzione per la restituzione di quel bene.
Orbene, a seguito delle innovazioni introdotte dalla riforma, il nuovo art. 563 c.c. sottopone ad un termine preclusivo di venti anni dalla trascrizione della donazione il diritto del legittimario di chiedere ai terzi aventi causa dai donatari, contro i quali è stata pronunciata l’azione di riduzione, la restituzione dei beni oggetto della lesione, “premessa l’escussione dei beni del donatario” e sempre che il terzo acquirente non paghi in denaro l’equivalente del valore del bene.
La ratio della norma è evidentemente quella di tutelare l’affidamento del terzo acquirente di un bene di provenienza donativa e garantire la sicurezza dei traffici giuridici, anche a discapito dei legittimari, lesi o pretermessi, laddove siano decorsi venti anni dalla trascrizione della donazione.
Tuttavia, per non intaccare eccessivamente la posizione dei legittimari, la legge ha introdotto nel nostro ordinamento la predetta figura dell’ atto stragiudiziale di opposizione alla donazione.
Sono legittimati ad esperire l’atto di opposizione, il coniuge ed i parenti in linea retta del de cuius

Natura, forma e caratteristiche dell’atto

L’ atto stragiudiziale di opposizione alla donazione è un atto, il cui effetto è quello di sospendere il decorso del termine ventennale, al termine del quale il legittimario, leso o pretermesso, a seguito dell’inutile escussione dei beni del donatario, non può più agire con l’azione di restituzione dei beni immobili e mobili donati contro gli aventi causa dal donatario medesimo.
In tal modo, quindi, il legittimario impedisci che il decorso del tempo stabilizzi l’acquisto, riservandosi così di poter agire in restituzione, fatti salvi ovviamente i termini di prescrizione dell’azione.
Si tratta di un atto negoziale, unilaterale e recettizio. Ai sensi dell’art. 563 c.c., infatti, affinché possa produrre effetti esso deve essere notificato e trascritto, nonché rinnovato prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione.
Con riferimento alla forma, l’art. 563 c.c. non dice nulla al riguardo. Tuttavia, data la necessità della trascrizione si ritiene che esso debba rivestire la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata.
L’atto di opposizione è, altresì, definito quale atto stragiudiziale, personale e rinunziabile.
La definizione, imposta dal legislatore, di atto stragiudiziale, sembra debba interpretarsi alla luce della sua volontà di escludere che esso debba essere posto in essere attraverso una domanda giudiziale.
Con riferimento al carattere della personalità, con esso si intende che gli effetti dell’atto si producono solo a favore di chi lo ha posto in essere, e non nei confronti degli altri legittimari.
Per quanto concerne, invece, la rinunziabilità, la nuova normativa prevede due ipotesi di rinuncia: la rinuncia “preventiva” all’atto di opposizione e quella successiva ad un atto già compiuto e perfezionato, detta propriamente “revoca”.
Per la precisione, la rinuncia “preventiva” opera impedendo di poter successivamente opporsi e quindi determinare la sospensione del termine ventennale, di talché permette il normale decorso del tempo trascorso il quale il legittimario perderà il diritto ad ottenere la restituzione degli immobili o dei beni mobili ceduti dal donatario.
La revoca, invece, determina la cessazione degli effetti ottenuti con l’atto di opposizione, cosicché il termine ventennale precedentemente interrotto riprende, sommandosi al tempo trascorso prima della sospensione.

La rinnovazione

Ai sensi dell’art. 563, quarto comma, c.c., l’ opposizione “perde effetto se non è rinnovato prima che siano trascorsi venti dalla sua trascrizione”.
Ne consegue, dunque, che affinché l’atto di opposizione continui a produrre i suoi effetti è necessario che il legittimario proceda alla rinnovazione, ripercorrendo lo stesso iter formale necessario per l’atto originario.