Quando il giudice è chiamato a decidere sulla separazione della coppia sposata (cosiddetta separazione giudiziale), verifica se a uno dei due coniugi sia addebitabile la colpa della rottura del legame. A tal fine verifica se sia stato posto un comportamento contrario ai doveri del matrimonio. Tali doveri consistono nell’obbligo alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione.
Fino a poco tempo fa si è sempre creduto che la violazione di uno di tali doveri comportasse, come unica conseguenza, la dichiarazione di addebito che, nella pratica, si traduce, a danno del coniuge addebitato, nella perdita:
- dei diritti di successione (in sostanza, chi ha subìto l’addebito non potrà essere erede dell’altro coniuge separato);
– del diritto al mantenimento (in pratica, chi ha subìto l’addebito, anche se economicamente più debole, non può pretendere l’assegno mensile, fermo restando solo il diritto agli alimenti – quando vi sia una situazione di totale indigenza – consistente nello stretto necessario per vivere).
Tuttavia, con il passare degli anni i giudici hanno via via affermato che, oltre alla dichiarazione di addebito, è giusto anche punire chi sia venuto meno all’obbligo, contratto con il matrimonio, di essere vicino e solidale con il proprio coniuge. Si è così affermato il diritto al risarcimento del “danno esistenziale”.
COS'E' IL DANNO ESISTENZIALE?
Secondo la Cassazione (Cass. sent. n. 20111 del 24.09.2011) il danno esistenziale consiste nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane, da risarcire tutte le volte in cui l’illecito abbia violato diritti fondamentali della persona quale è quello alla salute fisica e psichica.
In pratica, per poter essere risarciti dall’altro coniuge che ha violato i doveri del matrimonio, si deve aver subito uno sconvolgimento delle abitudini di vita tale da aver alterato la stessa vita quotidiana, sia all’interno che all’esterno del nucleo familiare.
Secondo il tribunale di Milano (Trib. Milano sent. del 4.06.2002) il danno esistenziale è risarcibile quando ricorrano i seguenti presupposti:
– una obiettiva gravità della condotta assunta dall’altro coniuge in violazione di uno o più doveri nascenti dal matrimonio;
– un danno oggettivo conseguente a carico dell’altro coniuge che sia stato determinato non tanto dalla crisi coniugale quanto piuttosto dalla condotta trasgressiva e perciò lesiva, dell’ex, proprio in quanto posta in essere in aperta e grave violazione di uno o più dei doveri coniugali (il caso riguardava la condotta del marito che, nei primi mesi di gravidanza della moglie, si era comportato in modo tale da indurre nella stessa un senso di abbandono, lasciandola sola, senza occuparsi di lei, in un momento per lei particolarmente difficile).
Un esempio concreto di risarcimento del danno esistenziale è quello del tradimento avvenuto per anni insieme a uno stretto amico/a del coniuge, con modalità particolarmente offensive.