Sino a qualche anno fa, il mantenimento della moglie era automaticamente previsto nella stragrande maggioranza dei casi di separazione e divorzio e restava a carico del coniuge onerato “vita natural durante”. Oggi le cose sono cambiate infatti, la giurisprudenza, nell’elaborazione ed interpretazione delle leggi in materia, ha finalmente preso la strada che conduce al riconoscimento del mantenimento soltanto in presenza di determinati presupposti:
1) La moglie lavora: in situazioni come questa diventa quasi la regola escludere il mantenimento. Infatti, nella famiglia moderna, è noto che lavorano entrambi, con un reddito simile se non uguale. I due genitori si dividono i compiti nel governo dei figli e della casa. Ebbene, con tali presupposti, tenuto conto del contributo paritario alla crescita economica e sociale della famiglia e dei singoli coniugi e del reddito percepito da entrambi, appare arduo individuare un coniuge più debole o la necessità di compensare presunte “perdite” derivanti dalla separazione. In caso contrario, si produrrebbe un effetto distorto, cioè, in partenza due ex coniugi sul piano paritario e successivamente uno dei due, cioè l’onerato, palesemente indebolito: ciò non è ammesso dalla legge.
2) La moglie non lavora, ma è giovane e/o potrebbe farlo:Molto probabilmente, in casi come questi, il mantenimento non è dovuto. Se, infatti, guardiamo alla legge, vediamo che essa parla di oggettiva difficoltà, per il richiedente, di procurarsi i mezzi economici sufficienti ad ottenere, ciò che sarebbe compensato dall’assegno di mantenimento. Pertanto, da questo presupposto non sarà dovuto niente a titolo di mantenimento se la moglie è un po' pigra; l’ex coniuge deve dimostrare le ragioni o le difficoltà obiettive che le hanno impedito di lavorare. Ad esempio, la mancata risposta alla chiamata dell’ufficio di collocamento non è certo un indizio positivo di tale problematica. Questo elemento, magari in concomitanza con altri, può certamente determinare il mancato riconoscimento del mantenimento (Cass. Civ. ord. n. 24324/2015).
Stesso discorso per la moglie che si licenzia e che non fa nulla per ritrovare lavoro, pur potendolo fare. La giurisprudenza non ammette, infatti, comportamenti opportunistici, ciò diretti a creare la condizione per “mettersi a carico del marito” (Cass. Civ. sent. n. 2546/2014). Anche in tal caso il mantenimento va escluso se non almeno ridotto.
In conclusione, per avere il mantenimento non è sufficiente non lavorare, ma l’ex moglie deve dimostrare di essere concretamente ed obiettivamente nell’impossibilità di farlo e cioè di non poter ottenere i mezzi economici in contestazione.
3) La moglie ha una rendita: L’incasso di una rendita, ad esempio da un appartamento dato in locazione, è senza alcun dubbio una fonte di reddito. Ebbene, se c’è un entrata per la ex, non potrà mai affermare di essere nullatenente. Questo elemento, unito ad altri (ad esempio, il diritto di abitazione sulla casa coniugale per la moglie e la necessità del marito di fittare un’altra casa) potrebbe porre i due coniugi in una situazione assolutamente paritaria, anche considerando tutti gli altri fattori che incidono sul riconoscimento o meno dell’onere. In tal caso è possibile escludere o fortemente ridurre il mantenimento.
4) Le difficoltà economiche del mario:
Il peggioramento delle condizioni patrimoniali, dovuto a circostanze gravi ed inevitabili, è sicuramente un valido presupposto per eliminare il mantenimento o per almeno ridurlo. Ad esempio, ciò avviene, quando si è stato costretti a chiudere la propria attività professionale o si è stati licenziati (Cass. Civ. ord. n. 2435/2015).
5) Le dimissioni per giusta causa dal lavoro da parte del marito:
Quando le dimissioni dal lavoro da parte del marito derivano da giusta causa (ad esempio, nell’ipotesi di mobbing oppure per il peggioramento delle condizioni lavorative a seguito della cessione dell’azienda), ci troviamo di fronte ad una circostanza grave ed inevitabile, in virtù della quale, il peggioramento delle condizioni economiche dell’onerato non è a lui imputabile.
In questo caso la difficoltà economica è obiettiva e giustificata e pertanto ci sono tutti i presupposti per non dare o ridurre il mantenimento.