Al fine di modificare il proprio status coniugale, nel nostro ordinamento le parti debbono avviare il procedimento delineato dall'art. 4 della Legge n. 898/70, così come recentemente modificato dalla Legge n. 80/05, secondo un modello del tutto analogo a quanto già illustrato in tema di separazione. Anche per quel che concerne, infatti, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, è attualmente previsto che il procedimento si componga di una prima fase, introdotta dal ricorso di uno dei coniugi, ovvero, come si vedrà meglio in seguito, da un ricorso congiunto, che si svolge dinanzi al Presidente del Tribunale e che risulta essenzialmente preordinata all'espletamento del tentativo di conciliazione tra i coniugi, nonché, previa audizione dei figli ed eventuale assunzione di mezzi di prova, alla pronuncia dei provvedimenti provvisori ed urgenti che andranno nell'immediato a regolare i rapporti reciproci tra i coniugi, nonché i rapporti tra genitori e figli. Al ricorso dell'attore, che in tal caso dovrà contenere, oltre agli elementi di fatto, anche gli elementi di diritto su cui la parte intende fondare la propria domanda, con conseguente indicazione di uno dei presupposti individuati dalla Legge n. 898/70, potrà seguire la memoria difensiva dell'altro coniuge. Anche in tale sede i coniugi dovranno comparire personalmente e partecipare, con l'assistenza del difensore, al tentativo di conciliazione che dovrà essere obbligatoriamente disposto Seguirà quindi la fase di trattazione del procedimento dinanzi al Giudice Istruttore designato dal Presidente, previa presentazione di una memoria integrativa da parte del ricorrente e successiva costituzione in giudizio del convenuto, nei termini perentori assegnati dal presidente stesso; il giudizio prosegue quindi secondo le norme dell'ordinario processo di cognizione, così come attualmente regolato. Inoltre, sempre in analogia con quanto esaminato in tema di separazione, qualora il processo debba proseguire per la determinazione dell'assegno o per la definizione di altre questioni tra le parti, il Tribunale pronuncia sentenza non definitiva di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nei confronti della quale è ammesso esclusivamente l'appello immediato, nelle forme del procedimento camerale. Non appena divenuta definitiva, tale sentenza, in applicazione dell'art. 10 della Legge n. 898/70, deve essere trasmessa in copia autentica, a cura del cancelliere, all'ufficiale di stato civile del Comune presso cui il matrimonio fu trascritto ed, a decorrere dalla suddetta annotazione a margine degli atti di stato civile, il divorzio produce pienamente i propri effetti, essendo opponibile ai terzi . Si accennava brevemente poc'anzi al cosiddetto divorzio congiunto, ovvero alla facoltà dei coniugi di chiedere congiuntamente lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del proprio matrimonio, prevista dalla nuova formulazione dell'art. 4, comma 16, della Legge n. 898/70, come modificata nel 1987. Innanzitutto preme precisare, a tale riguardo, come il carattere congiunto del procedimento attenga esclusivamente alla modalità di proposizione della domanda, non consentendo di parlare propriamente, a differenza di quanto previsto in altri ordinamenti e di quanto analizzato anche nel nostro sistema giuridico con riferimento alla separazione, di “divorzio consensuale”. In tal caso, infatti, il Tribunale prende indubbiamente atto del consenso alla dissoluzione del vincolo matrimoniale manifestato da entrambi i coniugi, ma non attribuisce ad esso rilevanza, fino a quando l'autorità giudiziaria non compia gli accertamenti e le valutazioni previste dalla legge. Avendo infatti i diritti fatti valere nel procedimento di divorzio una natura non disponibile, che cioè non può costituire oggetto di contrattazione tra le parti, posto che viene coinvolto lo status personale dell'individuo, il Tribunale, indipendentemente dal consenso prestato dai coniugi, è tenuto ad accertare che la comunione materiale e spirituale tra i coniugi non possa essere più mantenuta o ricostituita e che sussista la causa dedotta dalle parti, tra quelle contemplate dall'art. 3 Legge n. 898/70, idonea a giustificare la pronuncia di divorzio. Si segnala peraltro che anche nel procedimento di divorzio congiunto le parti debbano essere assistite da un procuratore, che può pure essere comune ad entrambe. Inoltre, nel caso in cui il Tribunale ritenga che le condizioni concordate dalle parti risultino contrastanti con l'interesse dei figli, esso, a differenza di quanto stabilito in materia di separazione sul punto, non può correggere le decisioni dei genitori in ordine a tale aspetto, bensì, ferma restando la possibilità per i coniugi di rettificare consensualmente le condizioni precedentemente dedotte, ove non si verifichi tale eventualità, il Tribunale stesso è tenuto a procedere a norma dell'art. 4, ottavo comma, della Legge n. 898/70, ovvero ad avviare il procedimento nella forma contenziosa. Sotto ogni altro aspetto, non inerente l'interesse della prole, il Tribunale non è invece legittimato a sindacare le condizioni prospettate dai coniugi, neppure in ordine all'ipotesi di corresponsionedell'assegno divorzile in unica soluzione, su cui l'autorità giudiziaria deve limitarsi ad effettuare un controllo di equità. Da ultimo preme chiarire che il divorzio congiunto può essere proposto esclusivamente in quelle ipotesi, contemplate dal richiamato art. 3, in cui entrambi i coniugi sono legittimati a presentare la domanda, con esclusione, quindi, delle fattispecie in cui il presupposto sia costituito dalla commissione di delitti o dall'annullamento o divorzio ottenuto all'estero dall'altro coniuge, cittadino straniero, nei quali casi la domanda può essere formulata da uno solo dei coniugi. Inoltre il rito camerale, che deve essere osservato nel procedimento del divorzio congiunto, per la celerità e la sommarietà che lo contraddistinguono appare incompatibile con quei giudizi che richiedano indagini complesse, come può soprattutto avvenire qualora le parti intendano addurre l'inconsumazione del matrimonio. Si rammenta, da ultimo, che la sentenza di divorzio emessa a seguito della proposizione di una domanda congiunta nasce già con il carattere della definitività, non essendovi altre parti, diverse dai coniugi, legittimate ad impugnare il provvedimento. La piena efficacia di esso verrà comunque a prodursi una volta espletati gli adempimenti della trascrizione e dell'annotazione della sentenza nei registri dello stato civile. Al procedimento deve inoltre obbligatoriamente intervenire, a tutela dei sottesi interessi pubblicistici, il Pubblico Ministero. D'altronde, com'è noto, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, a seconda che esso sia stato celebrato con rito civile o religioso, determina la cessazione del vincolo coniugale, pur permanendo vincoli tra i coniugi stessi in ordine all'assegno divorzile, alla modificabilità dei provvedimenti adottati, nonché al diritto del coniuge divorziato, in presenza dei presupposti di legge, alla pensione di reversibilità ed al trattamento di fine rapporto spettanti all'altro coniuge.