Dietrofront sull’assegno di divorzio. Non si torna all’antico e superato totem del «mantenimento del tenore di vita», dominante negli ultimi 30 anni, ma non si abbraccia nemmeno il criterio emerso prepotentemente da poco più di un anno della «mancanza di indipendenza economica».
«All’assegno di divorzio – ha spiegato la Corte in una nota – deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa». Dunque, «ai fini del riconoscimento dell’assegno», ha affermato ancora la Corte, «si deve adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età dell’avente diritto».
Lo hanno stabilito le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, con la sentenza del 11 luglio 2018, n. 18287.
La sentenza afferma che il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell'unione matrimoniale.
Un conto è il matrimonio mordi e fuggi che non prevede assegno, altro conto la relazione di una vita nella quale entrambi i coniugi hanno contribuito sostanzialmente alla relazione. Si chiarisce insomma che in caso di impegno il coniuge più debole ha diritto a qualcosa in più.
Il parametro così indicato si fonda sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l'unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo. Infine la sentenza sottolinea che il contributo assegnato alla conduzione della vita familiare rappresenta il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere molto sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell'unione matrimoniale.
 «Lo scioglimento del vincolo - scrivono i giudici - incide sullo status ma non cancella tutti gli effetti e le conseguenze delle scelte e delle modalità di realizzazione della vita familiare». Pertanto, «l'adeguatezza dei mezzi deve essere valutata non solo in relazione alla loro mancanza o insufficienza oggettiva ma anche in relazione a quel che si è contribuito a realizzare».