La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, proposto da una coppia unita in matrimonio e in cui uno dei coniugi aveva ottenuto la rettificazione dell’attribuzione di sesso, contro l’annotazione – avvenuta proprio a seguito di tale rettifica – a margine dell’atto di matrimonio dell’intervenuta cessazione dei suoi effetti.
La Suprema Corte di Cassazione, applicando i principi statuiti dalla Sentenza della Corte Costituzione n°170/2014, ha infatti riconosciuto la possibilità di mantenere in vita il rapporto di coppia fino a quando il legislatore non intervenga con una disciplina giuridica che riconosca le forme di convivenza diverse dal matrimonio.
Le norme oggetto del giudizio di legittimità costituzionale sono gli artt. 2 e 4 della Legge n°182/1984, che prevedono la caducazione automatica del vincolo matrimoniale per effetto del mutamento di sesso di uno dei coniugi.
Secondo la Corte Costituzionale, tali norme producono effetti incompatibili con il grado di protezione costituzionalmente riconosciuto alle unioni omoaffettive, nel senso che determinano una soluzione di continuità non tollerabile tra la condizione preesistente e quella successiva alla rettificazione di sesso. Da una comunione coniugale e familiare caratterizzata da un nucleo intangibile di diritti fondamentali e doveri di assistenza morale e materiale condizionante l’assetto della vita personale e patrimoniale dei suoi componenti, si passa ad una situazione priva di qualsiasi ancoraggio ad un sistema giuridico di protezione e garanzia di riferimento.
E’ questo peculiare profilo degli effetti ad essere ritenuto illegittimo dalla Corte Costituzionale e ad essere espunto dall’ordinamento.
Non può essere costituzionalmente tollerato (anche in virtù dell’art. 8 CEDU) che, a causa della rettifica di sesso di uno dei coniugi, l’unione possa essere privata del nucleo di diritti fondamentali e doveri solidali propri delle relazioni affettive sulle quali si fondano le principali scelte di vita e si forma la personalità sul piano soggettivo relazionale.
Pertanto, non può che seguire la rimozione degli effetti della caducazione automatica del vincolo matrimoniale sul regime giuridico di protezione dell’unione fino a che il legislatore non intervenga a riempire il vuoto normativo, ritenuto costituzionalmente intollerabile, costituito dalla mancanza di un modello di relazione tra persone dello stesso sesso all’interno del quale far confluire le unioni matrimoniali contratte originariamente da persone di sesso diverso e divenute, mediante la rettificazione del sesso di uno dei componenti, del medesimo sesso.
Alla luce del chiaro dispositivo della sentenza della Corte Costituzionale, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto giusto conservare alle parti ricorrenti il riconoscimento dei diritti e doveri conseguenti al vincolo matrimoniale legittimamente contratto, fino a quando il legislatore non consenta ad esse di mantenere in vita il rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata che ne tuteli adeguatamente diritti ed obblighi.
Lecco, 22/04/2015.                                                        Avv. Alan Binda