La legge 54/2006 che ha
introdotto nel nostro ordinamento giuridico il c.d. affidamento condiviso,
ponendolo come regime ordinario di affidamento dei figli in luogo
dell’affidamento esclusivo, ha finalmente unificato anche le diverse procedure
da intraprendere per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in
ordine all’esercizio della potestà genitoriale o delle modalità
dell’affidamento.
Nelle coppie separate con
figli, non è raro che uno dei genitori lamenti il mancato rispetto da parte
dell’altro della regolamentazione del diritto di visita dei figli concordata in
sede di separazione consensuale o, in ipotesi di epilogo giudiziale, stabilita
dal Tribunale.
Altre volte invece si
litiga sulla interpretazione dei provvedimenti del giudice e/o dell’accordo
raggiunto oppure sulle questioni di maggiore interesse per i figli (art. 155
terzo comma c.c.).
Altre volte ancora si
discute sulle questioni più
rilevanti riguardanti l’educazione
e l’istruzione dei figli
; si pensi ad esempio alla scelta tra
scuola pubblica o privata.
Ebbene in tutti questi
casi l’art. 709 ter stabilisce che il
genitore che intenda venire a capo della situazione deve rivolgersi allo stesso
giudice del procedimento di separazione e/o di divorzio se il giudizio è ancora
pendente, oppure, se il procedimento è definito, al Tribunale del luogo di
residenza del minore.
 Ricevuto in ricorso, il giudice convoca le
parti in camera di consiglio e adotta i provvedimenti opportuni. Normalmente il
tutto si definisce in un'unica udienza, salvo che il Tribunale ritenga
necessario esperire indagini specifiche a mezzo di consulenti  tecnici, dei servizi sociali o ascoltare
persone informate sui fatti.
Il criterio che deve guidare il giudice
nell’adottare la decisione, è quello del “prevalente interesse del figlio” che
non sempre coincide con quello dei genitori.
In caso di gravi
inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od
ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, il
Tribunale può giungere fino a modificare i provvedimenti in vigore e può, anche
congiuntamente:

1) ammonire il genitore inadempiente;

2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei
confronti del minore;

3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei
confronti dell’altro;

4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa
pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della
Cassa delle ammende.

I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi
ordinari.
Attenzione a non abusare di tale strumento
però!
Il Tribunale di Milano, in una recente
pronuncia,  (ordinanza del 23 marzo
2016), resa all’esito di un procedimento ex
art. 709 ter c.p.c. nel corso di una causa
di separazione, ha dichiarato inammissibile la domanda perché estranea alle
finalità dell’art. 709 ter. Nella fattispecie uno dei genitori, dolendosi della
scarsa chiarezza dell’ordinanza presidenziale, chiedeva al Tribunale di
specificare “meglio” gli orari delle visite in cui il minore avrebbe dovuto
stare con l’altro genitore nel periodo pasquale.
Secondo il Tribunale la richiesta doveva ritenersi inammissibile
in quanto, lo strumento previsto dall’art. 709 ter c.c. è utilizzabile solo quando risulti impossibile per i
genitori raggiungere un accordo in ordine alle decisioni che riguardano la vita
del figlio, con conseguente pericolo di pregiudizio per il minore stesso con
riferimento agli “affari essenziali
del figlio minore, vale a dire quelli che riguardano la sua educazione,
istruzione, salute e residenza abituale.

Nel caso di specie invece, la parte istante non aveva fornito la
prova di aver fatto tutto quanto era possibile per trovare un accordo con la
controparte ed evitare il contenzioso giudiziario.