Da qualche anno ormai, in materia di separazione e divorzio si sente sempre più spesso parlare di parental sharing, ovverosia di suddivisione paritetica della frequentazione tra genitori separati e figli minori, in luogo del collocamento prevalente presso il padre o presso la madre. Di recente, la questione è stata trattata in maniera articolata dal Tribunale di Catanzaro.
Dopo aver esaminato i provvedimenti sul collocamento paritario dei minori e la letteratura scientifica sul tema, il Tribunale di Catanzaro si è occupato di ripercorrere il percorso della legislazione e della giurisprudenza italiana in materia di joint custody.
In particolare, il decreto dà conto del fatto che, nonostante le modifiche apportate dalla legge n. 56/2006 alla disciplina dell'affidamento dei figli, la giurisprudenza degli ultimi dieci anni ha effettivamente preferito un affido condiviso della prole, tuttavia con una tendenza a prevedere il collocamento prevalente presso una delle due figure genitoriali, di fatto quasi vanificando la portata innovativa della riforma.
Ciò è servito al Tribunale di Catanzaro non tanto per affermare che il collocamento dei figli presso entrambi i genitori con tempi paritetici sia assolutamente da preferire, quanto per chiarire che lo stesso è preferibile "laddove ve ne siano le condizioni di fattibilità e, quindi, tenendo sempre in considerazione le caratteristiche del caso concreto".
Il che vuol dire che la shared custody va esclusa, ad esempio, quando ci sono figli molto piccoli o quando gli impegni lavorativi dei genitori o le abitazioni delle quali dispongono non la rendono la soluzione migliore.
Del resto, al contrario di quanto avviene in altri paesi (specie del nord Europa), in Italia la parità di ruoli all'interno di una coppia genitoriale si scontra ancora oggi con molteplici ostacoli sia economici che sociali. Nel caso sottoposto al Tribunale di Catanzaro, le circostanze conrete del caso specifico hanno reso la previsione di tempi paritetici priva di ostacoli e, in quanto tale, assolutamente preferibile per il giudice. Il bambino, infatti, ha quasi 6 anni e ha sempre vissuto nella casa familiare in cui al momento vive il padre. Non sono state ravvisate esigenze per cui non potrebbe distaccarsi dalla madre per lungo tempo o di notte né circostanze che renderebbero la permanenza presso l'abitazione del padre una scelta pregiudizievole.
I tempi che trascorrerà con il padre e quelli che trascorrerà con la madre sono stati quindi stabiliti in misura paritetica. Pertanto il Tribunale succitato, con il provvedimento numero 443/2019, ha ampiamente ripercorso il tema della responsabilità genitoriale paritetica, non ancora largamente applicata dalla giurisprudenza italiana, ma pienamente aderente a quanto disposto dall’articolo 337-ter del codice civile, “che non pare riferirsi esclusivamente all’affidamento legale condiviso, ma anche alla custodia fisica condivisa”.
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