E' ormai orientamento consolidato in giurisprudenza ritenere che "la formazione di una nuova famiglia di fatto da parte del coniuge divorziato determina la perdita definitiva dell'assegno divorzile” ed anche se il successivo legame si rompe, l'assegno non è più dovuto.
Lo ha ribadito stabilito la Corte di cassazione con la sentenza n. 6855 del 3 aprile 2015 accogliendo il ricorso di un marito obbligato a versare mille euro al mese alla ex moglie che durante la procedura di separazione aveva iniziato una nuova stabile convivenza, che aveva portato alla nascita di de figli, ma che poi era cessata.
La Suprema corte supera così anche il precedente orientamento (Cassazione n. 17195/2011) secondo cui al sorgere di una nuova "famiglia" vi sarebbe una sorta di «quiescenza del diritto all'assegno, che potrebbe riproporsi, in caso di rottura della convivenza tra i familiari di fatto».


- Le caratteristiche della convivenza:
La nuova convivenza deve avere «i connotati di stabilità e continuità», costituendo «un modello di vita in comune analogo a quello che di regola caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio».
In questo caso infatti, si rescinde ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale e, con ciò, ogni presupposto per la riconoscibilità di un assegno divorzile, anche se, precisa la sentenza, non vi è né identità, né analogia tra il nuovo matrimonio del coniuge divorziato, che fa automaticamente cessare il suo diritto all'assegno, e la fattispecie in esame che necessita di un accertamento e di una pronuncia giurisdizionale.

- L'assegno divorzile:
Tornando al punto centrale della questione, per la Cassazione è “assai più coerente affermare che una famiglia di fatto, espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole da parte del coniuge, eventualmente potenziata dalla nascita di figli dovrebbe essere necessariamente caratterizzata dalla assunzione piena di un rischio, in relazione alle vicende successive della famiglia di fatto, mettendosi in conto la possibilità di una cessazione del rapporto tra conviventi e la conseguente corresponsione dell'assegno di mantenimento da parte del marito.

Del resto, va anche considerata la condizione dell'ex coniuge, che al termine della successiva convivenza della ex moglie, si vorrebbe nuovamente obbligato a corrispondere di nuovo l'assegno di mantenimento e che, invece, di fronte alla costituzione di una famiglia di fatto tra il proprio coniuge e un altro partner, necessariamente stabile e duratura, confiderebbe, all'evidenza, nell'esonero definitivo da ogni obbligo».

Dunque, nel caso specifico, accertata la convivenza more uxorio, del resto coronata dalla nascita di due figli, la Cassazione ha ritenuto che la successiva cessazione della relazione, e del relativo apporto economico, «non potrebbe costituire titolo per ottenere l'assegno divorzile».